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Raffaele d'Ettorre per "il Messaggero"
Diventerà il supercomputer più potente al mondo quello presentato lo scorso martedì da Meta (ex Facebook) sul suo blog ufficiale. Nome in codice AI Research SuperCluster (Rsc), è ancora in fase di sviluppo ma la società guidata da Mark Zuckerberg promette che raggiungerà la piena capacità di calcolo entro metà anno.
Un passo decisivo in un percorso iniziato nel 2013, anno in cui l'azienda ha fondato quei Facebook AI Research Labs interamente dedicati alla ricerca nel campo dell'intelligenza artificiale. Un percorso che sfocia oggi nella corsa verso una potenza sempre maggiore da dedicare agli obiettivi aziendali, primo fra tutti quel metaverso su cui la società di Menlo Park sta scommettendo con convinzione.
Oltre a lavorare a pieno regime su realtà virtuale e aumentata, la nuova creatura di Meta (che è già in grado di raggiungere prestazioni 20 volte superiori rispetto ai sistemi usati finora) verrà anche allenata a riconoscere i contenuti dannosi all'interno dei social gestiti dalla società, usando nuovi e sofisticati algoritmi dedicati all'analisi dei video e al riconoscimento vocale.
Di fatto quindi questa tecnologia servirà anche ad analizzare più a fondo e più velocemente i contenuti immessi dagli utenti sulle piattaforme social, ufficialmente per identificare e risolvere i problemi relativi ai contenuti nocivi di cui l'azienda è spesso accusata. Ma sappiamo che Meta ha a disposizione una mole enorme di dati, e una tale potenza consentirà di gestirli in maniera più rapida e anche più redditizia, consentendo così di profilare più velocemente gli utenti per i fini aziendali.
I MODELLI
La scelta di investire su un supercomputer sembra quindi la più ovvia, visto che parliamo di macchine progettate per ottenere capacità di calcolo elevatissime non ottenibili altrimenti. Le loro prestazioni si misurano in Flops, l'unità che indica il numero di operazioni complesse che possono essere svolte ogni secondo dalla macchina, e lo standard oggi è il petaFlops, cioè un milione di miliardi di operazioni al secondo.
Con una potenza pari a 5 exaFlops (5000 petaFlops), l'Rsc di Meta sarà 10 volte più veloce del supercomputer attualmente più potente al mondo, il giapponese Fugaku, che detiene il record con 537 petaFlops. I supercomputer fino ad oggi sono stati usati principalmente per la ricerca applicata al settore aerospaziale, alla sicurezza nazionale e, più di recente, anche nella lotta alla pandemia.
Enea, L'Agenzia italiana per le nuove tecnologie, ha recentemente messo il suo supercomputer Cresco 6 gratuitamente a disposizione dei centri di ricerca della Penisola, generando 450.000 ore di calcolo utili nella lotta al Covid. Ma questa tecnologia può anche essere usata per elaborare complessi modelli previsionali dedicati ai cambiamenti climatici.
«Una macchina tanto potente», spiega Massimo Celino, ricercatore della divisione Enea per lo Sviluppo di Sistemi per l'Informatica, «ci consente di fare previsioni meteorologiche sempre più accurate. Con i cambiamenti climatici in atto abbiamo bisogno di supercomputer veloci ed efficienti, che ci consentano di intervenire tempestivamente».
L'EFFICIENZA
Ma il paradosso, in questo caso, è che un supercomputer troppo potente avrebbe delle ripercussioni negative sull'ambiente, visto che parliamo di sistemi che consumano diversi megawatt e lavorano costantemente a pieno regime. Ripercussioni che, spiega Celino, nel caso della ricerca «vengono ampiamente controbilanciate dai risultati che si riescono a ottenere usando queste macchine».
Il fine giustifica i mezzi dunque, ma c'è un altro problema: quando il supercomputer viene indirizzato verso obiettivi multipli, la potenza di calcolo inevitabilmente si disperde. «È molto più efficiente costruire un supercomputer dove la potenza sia finalizzata a un problema solo», spiega il ricercatore, «mentre Meta sarà costretta a raccogliere diverse richieste dai cellulari degli utenti iscritti ai suoi social e la potenza di calcolo dedicata a ognuno sarà inevitabilmente inferiore».
Difficile dunque non avere qualche dubbio sull'efficienza di un investimento che si può già facilmente stimare oltre i 100 milioni di dollari, per una tecnologia che fino a ieri lavorava per risolvere i nostri problemi più importanti e che oggi viene privatizzata non solo per analizzare più velocemente i nostri dati ma anche per creare un nuovo mondo virtuale dove quei problemi possano venire presto dimenticati.
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