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Valentina Acordon per “la Repubblica”
Siamo soltanto a ottobre, ma nella speciale classifica degli anni roventi il 2014 è già saldamente sul podio. Si è lasciato alle spalle il 1998, in terza posizione, e nei prossimi mesi potrebbe addirittura superare il 2010 diventando così l’anno più caldo dal 1880, da quando cioè si misura la temperatura media del nostro pianeta.
Questo è quanto emerge dai dati diffusi in questi giorni dal Goddard institute for space studies della Nasa: il settembre appena trascorso è stato il più caldo dall’inizio delle rilevazioni con una anomalia di + 0.77 gradi, un record condiviso quest’anno già con il mese di maggio, con quello di agosto e con tutta la stagione estiva. Ma non basta: il caldo anomalo potrebbe aumentare ancora se, come atteso, arriverà El Nino, un’oscillazione climatica che porta un anomalo riscaldamento delle acque superficiali del Pacifico orientale favorendo temperature globalmente più elevate.
L’anomala medaglia d’oro per il 2014 è quindi a portata di mano, ma è una gara triste in cui non si vince nulla di buono, perché l’aumento di temperatura è in realtà il sintomo di un pianeta malato. Il virus, per così dire, è la concentrazione dei gas serra, anch’essa in crescita vertiginosa e responsabile del clima sempre più caldo. Non è un caso che proprio nello scorso mese di maggio per la prima volta da tre milioni di anni la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera abbia superato le 400 parti per milione.
Numeri e dati tecnici che a prima vista possono sembrarci complicati e lontani, ma i cui effetti ormai fanno parte della nostra vita di tutti i giorni e lo dimostra anche la cronaca recente. All’aumento della temperatura ci stiamo ormai lentamente abituando, tanto che l’ultima estate percepita da tutti noi come fredda lo è stata in realtà soltanto rispetto ai tempi recenti: una quarantina di anni fa una stagione del genere sarebbe stata del tutto normale.
Più difficile invece fare i conti con l’accentuarsi della variabilità meteorologica che ci porta un clima che ci può sembrare impazzito, con stagioni a volte irriconoscibili ed eventi estremi che mettono in luce la vulnerabilità del nostro territorio, non solo in Italia.
Così il probabile record di caldo di quest’anno non stupirà certo chi vive oltre il Circolo Polare Artico, dopo un’estate con i termometri oltre i 30 gradi, o il contadino californiano alle prese da più di un anno con caldo e siccità epocali, mentre lascerà più perplesso il suo collega del Midwest che dopo un inverno gelido ha fatto i conti con un’estate fresca e funestata da tremendi nubifragi (“bombe d’acqua comprese), o i nostri albergatori danneggiati dal maltempo degli ultimi mesi o da chi quest’inverno ha visto le Alpi orientali sepolte da oltre dieci metri di neve.
Ma gli estremi possono essere anche molto più vicini. Lunedì mentre Genova alluvionata attendeva con il fiato sospeso gli ultimi forti temporali e sull’Appennino dell’Alessandrino in appena dodici ore cadeva quasi la metà della pioggia attesa in un anno intero (424 mm a Gavi), Palermo viveva una seconda estate con i termometri che segnavano più di 35 gradi.
E analogamente giovedì scorso, quando a Genova rovesci monsonici (135 mm di pioggia in un’ora, intensità veramente anomala per il clima italiano: un’altra delle cosiddette “bombe d’acqua”) facevano esondare il Bisagno, poco più a sud in Corsica si toccavano per la prima volta in ottobre i 34.7 gradi.
Può sembrare difficile trovare un filo conduttore tra eventi così diversi e che a volte possono apparire in contrasto con il riscaldamento globale, eppure la chiave è tutta nel dato diffuso dalla Nasa, in quelle anomalie di temperatura mai viste negli ultimi 130 anni. In un clima più caldo ci si attende infatti un aumento dei fenomeni meteo estremi, perché il calore delle masse d’aria e degli oceani è un po’ la benzina che li alimenta.
Nubifragi e alluvioni lungo le coste del Mediterraneo sono sempre esistiti soprattutto all’inizio dell’autunno quando è massimo il contrasto tra l’acqua del mare ancora calda e le prime perturbazioni fresche, ma se un tempo erano eventi eccezionali ora paiono essere divenuti più frequenti, anche se è ancora difficile fare una statistica completa. Quest’anno, oltre ai casi degli ultimi giorni, contiamo già alcuni episodi sul sud della Francia, mentre in tempi recenti si ricordano Olbia (2013), Maremma (2012), Cinque Terre (2011), Genova (2010, 2011) e Messinese nel 2009.
Capiterà quindi ancora e se ormai il riscaldamento globale pare inarrestabile, siamo tuttavia ancora in tempo per cercare di mitigarlo e preparare il nostro territorio ai suoi effetti.
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