DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Viviana Ponchia per “QN - Il Giorno”
Con la Cancel culture i Monty Python oggi non potrebbero più lavorare. Terry Gilliam lo diceva sconsolato il 19 ottobre: è stato profetico, è toccata a lui. Cancellato. Bandito perché in odore di omofobia. A 80 anni, il regista che fu la spina dorsale del gruppo comico britannico, noto per le provocazioni e l'immaginario senza confini, ha preso il benservito dal teatro londinese Old Vic. Avrebbe dovuto dirigere la commedia musicale Into the woods in cartellone la prossima primavera.
Nessuno lo ha spiegato apertamente, ma sono tutti convinti che la cacciata sia dovuta alle sue opinioni sul movimento #Metoo: «Una vera e propria caccia alle streghe, ci sono persone perbene che sono state prese a martellate».
Sosteneva anche di odiare il produttore e predatore sessuale Harvey Weinstein, però questo non l'ha notato nessuno. E intanto peggiorava la propria posizione contrattuale smontando il perbenismo mainstream sulle identità sessuali: «A Hollywood c'è molta pressione affinché un personaggio transgender sia interpretato da un attore transgender - aveva dichiarato -. È ridicolo. Non si può più ridere di nessuno. Sono stanco, come maschio bianco, di essere incolpato di qualsiasi cosa. Perciò voglio che mi chiamiate Loretta: lesbica nera in transizione».
Loretta mette il dito nella piaga: il politicamente corretto soffoca anche la commedia, l'ossessione per la correttezza del linguaggio ammutolisce il giullare. Sì, i Monty Python non lavorerebbero più. E noi ci saremmo persi un capolavoro come Brian di Nazareth, vero e proprio manuale per smontare la retorica a colpi di risate e assurdità. Era il 1979. E noi molto più liberi senza saperlo, anche se il film fece fatica a finire in sala.
Oggi la cancel culture farebbe un salto sulla poltrona e chiamerebbe il boia perché là dentro c'era tutto tranne che il politicamente corretto: umorismo da bar sport, gente deforme, difetti di pronuncia. Non si sfotteva Gesù (il protagonista era il vicino di casa), ma i suoi seguaci e chiunque si faccia incantare da un tizio che dice cose semplici. Eretico ma non blasfemo, un missile sui meccanismi di creazione del consenso.
«Un film così divertente che i norvegesi l'hanno censurato», diceva la pubblicità. Ecco, oggi non avrebbe chance. Ma Terry Gilliam riesce ancora a fare incazzare. Non pago del siluramento, ha postato su Facebook un messaggio di sostegno al nuovo spettacolo su Netflix del comico David Chappelle, accusato a sua volta di essere omofobo: «Incoraggio tutti a vederlo.
Per me è il più grande umorista vivente. Incredibilmente intelligente, socialmente consapevole, pericolosamente provocatorio e terribilmente divertente». Il teatro non ha gradito, considerando quelle affermazioni «in contrasto con la cultura e i valori dell'Old Vic». Un po' c'è da capirli. Dal 2003 al 2015 hanno avuto come direttore artistico Kevin Spacey, sono stati i più colpiti dall'ondata del #Metoo dopo che l'attore è diventato Barbablù.
Ma Gilliam non è il solo a dare segnali di disagio, a marzo anche Ralph Fiennes aveva reagito: «Dobbiamo avere anche le voci che rischiano di essere offensive». Niente, la Cancel culture avanza e spesso viene scorrettamente confusa con il politicamente corretto. Una cosa è dire non vedente al posto di cieco, un'altra considerare il bacio a Biancaneve non consensuale. Si cancellano un libro, uno spettacolo, un professionista perché un gruppo di persone si sente offesa.
Si manda al rogo Woody Allen perché negli anni '90 fu accusato dalla ex moglie Mia Farrow di avere violentato la figlia adottiva Dylan e pazienza se non ci sono prove: l'America lo ripudia e Amazon annulla l'accordo di distribuzione dei suoi film. «Ascoltatemi! - implora Brian eletto a gran voce nuovo Messia dopo essere stato rapito dagli alieni - Non sono il Messia! Lo giuro su Dio!». Loretta continua su quella strada.
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