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Massimiliano Peggio per “La Stampa”
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Torino, anche nel dramma del fuoco, non è come Milano. La Torre dei Moro, bruciata nei giorni scorsi come un gigantesco cerino, era un grattacielo dal fascino moderno. Il palazzo divorato ieri dalle fiamme, lentamente come un falò, di fronte alla stazione di Porta Nuova, era un signorile edificio tardo ottocentesco. Austero come la sua città. Un tempo albergo, «Hotel Ligure», poi trasformato negli ultimi anni in condominio di lusso, con due attici con giardini pensili e vista sulle montagne. Come il grattacielo di Milano, anche il palazzo di Torino è stato rivestito di materiale di coibentazione. Per migliorarne l'efficienza energetica.
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Ma in questo caso c'è una variante. Un errore umano. E riguarda il desiderio discreto di una facoltosa famiglia piemontese, acquirente di uno degli attici, di nascondere in un anfratto del sottotetto, in gran segreto, una cassaforte. Così ieri mattina un fabbro di fiducia si è messo a lavorare con fiamma ossidrica e saldatrice a una delle pareti. Tra legni antichi rimessi a nuovo, parquet di pregio e intercapedini farcite di coibentante. «A quanto ci risulta - dicono i tecnici di un'impresa che ha lavorato alla ristrutturazione dello stabile - il fabbro ha tagliato il muro condominiale e le scintille hanno dato fuoco all'isolante. L'operaio ha provato a spegnere il fuoco con un estintore e una manichetta, ma non è riuscito a fermare l'incendio».
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Due condomini inagibili Addio attico, quello adiacente da poco abitato, e a tutto il resto del tetto, con una ventina di mansarde. Cinque persone sono rimaste leggermente ferite: il fabbro, torinese, di 56 anni, che ha riportato lievi ustioni alle mani, due inquilini che hanno avuto un mancamento a causa della paura e un paio di soccorritori che hanno riportato delle escoriazioni. «È stata una lotta lunga, non facile per le condizioni dell'edificio ma finalmente possiamo dire che le fiamme sono sotto controllo» diceva ieri poco dopo le 19 il comandante dei vigili del fuoco di Torino, Agatino Carrolo.
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Gli edifici sono di quattro piani, più le mansarade e gli attici. Un complesso a forma di «otto», con una manica centrale a separare le due porzioni condominiali. L'allarme è partito intorno alle 10. «Brucia un tetto in centro, di fronte alla stazione». Ci sono volute quasi nove ore di operazioni: quattro autoscale, oltre 40 vigili del fuoco. Le fiamme hanno divorato quasi 1800 metri quadrati di tetto.
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Alla fine della giornata, il bilancio è di due condomini inagibili, un centinaio di sfollati, una trentina di unità distrutte, tra cui i due attici: uno di circa 200 metri quadrati, l'altro di 300. Venduti di recente, per un valore complessivo che si aggira sui 4 milioni di euro. Ma i danni totali, stando ad una prima stima, sarebbero di almeno 30 milioni di euro. Danni da almeno 30 milioni Una donna è stata coraggiosa. «Macché, ho solo fatto il mio dovere» racconta Antonella Lo Iacono, seduta ai margini dei giardinetti di piazza Carlo Felice, di fronte alla stazione.
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È la portinaia del palazzo di piazzetta Lagrange, adiacente a quello da cui sono partite le fiamme. Al primo allarme ha pigiato tutti i citofoni dello stabile. Ha chiamato uno ad uno gli inquilini. «Uscite subito, c'è un incendio». Poi è andata nel cortile e si è messa ad urlare. «Mettetevi in salvo, correte. Portate in salvo gli animali». Cani e gatti. Poi è arrivata una pattuglia della polizia. Gli agenti hanno setacciato i piani, per accertarsi che nessuno fosse rimasto bloccato in casa. «Avevo paura che qualcuno fosse rimasto addormentato o che non avesse sentito le mia urla. Per fortuna sono usciti tutti» racconta Antonella.
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Anche lei costretta a passare la notte fuori casa. Tutto il centro di Torino è rimasto bloccato per l'intera giornata. Corso Vittorio isolato, per facilitare le operazioni dei vigili del fuoco e dei soccorritori. Tram e bus deviati. Molta gente col naso all'insù, a scattare foro, a commentare il fuoco che veniva spento da un lato e che poi rispuntava da un altro. «Ma come è possibile? Ci vorrebbero più vigili del fuoco». Ma quello, dicono gli esperti, è il dispetto delle fiamme quando si alimentano di tetti antichi, di travi secolari. Il falò perfetto. «Le solette dell'ultimo piano sono di legno, una volta attaccate bruciano come niente» dice l'amministratore di uno dei due condomini, Piero Tibiletti, che ha seguito le operazioni fino dal mattino, prendendosi cura dei condomini.
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Nelle mansarde c'era anche delle bombole di gas, che via via sono esplose per effetto del calore. Aperta un'inchiesta «Ho visto la nuvola nera dalla tangenziale, mentre mi avvicinavo alla città. Era impressionante. Finalmente eravamo arrivati alla fine dei lavori. Quei due attici erano uno spettacolo» afferma Gian Luca Vigna, responsabile dell'azienda edile Fiammengo, che ha curato gli interventi di restauro del palazzo, per conto della società immobiliare Mgb, proprietaria dell'immobile, che dal 2012 aveva avviato il recupero dello stabile. «Per quanto ci riguarda - aggiunge Vigna - siamo del tutto estranei ai lavori commissionati all'interno dell'attico, per installare la cassaforte. Nessuno era stato messo al corrente».
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Gli acquirenti del grande attico, che si estendeva su lato di via Lagrange, strada dello shopping raffinato, si erano affidati ad una ditta di fiducia, per motivi di riservatezza. Famiglia Biraghi, imprenditori del formaggio: stando agli accertamenti degli investigatori, il contratto di acquisto non è stato ratificato, ma era in fase di definizione con l'ultimazione delle migliorie. L'operaio, sentito dalla polizia in mattinata, avrebbe ammesso la ricostruzione dei fatti. «La prego non riesco a parlare in questo momento» dice al telefono, con voce sconvolta. Oggi, terminate le operazioni di messa in sicurezza, l'edificio sarà ispezionato dagli ispettori dei vigili del fuoco e sottoposto a sequestro. La magistratura ha aperto un'inchiesta.
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