FLASH! - LA SCESA IN CAMPO DEL PARTITO DI VANNACCI E' UNA PESSINA NOTIZIA NON SOLO PER SALVINI, CHE…
Paolo De Luca per “napoli.repubblica.it”
La rete non riposa e non dà tregua. All’indomani della notizia del suicidio di Tiziana, dopo la diffusione di alcuni video hard e un processo per chiedere il diritto all'oblio, c'è cordoglio per la sua storia, migliaia i post di solidarietà e compassione ("i colpevoli siamo tutti noi", è una delle frasi più diffuse), ma la donna continua anche a essere irrisa sui social.
Su Facebook c’è una pagina che, stranamente (vista la nota rapidità degli admin), non è stata ancora bloccata. Si chiama “Rip Tiziana” ed è un chiaro esempio di “flame” non nuovo sui social network. Si tratta di pagine create ad hoc per scatenare l’ira di alcuni e attirare l’ironia dei flamer. Tutto è finto, persino il “Rip", fatto apposta per indurre reazioni. Un caso simile accadde addirittura per Yara Gambirasio, la tredicenne uccisa nel 2010 nel bergamasco. Qualcuno ci casca e posta sincere condoglianze, altri alimentano la macchina del flame, postando immagini, commenti ironici o volgari. Si fa di tutto per circolare nel web, o per attirare ancora ironia sulla morte di una donna, tradita da uomini e computer.
Qui, in particolare, si scherza nei commenti con quell’“h” finale alla fine di ogni sua parola registrata, come un accenno alla cadenza napoletana di Tiziana, che si poteva ascoltare in uno dei suoi video incriminati. Lo scorso anno, il suo “bravoh” era un inutile tormentone. La pagina in questione è stata più volte segnalata.
Nelle ultime 24 ore ne hanno aperte quasi venti, tutte chiuse. Questa “resiste” ancora. Internet ha ancora una volta fatto da diabolico volano alla perversione di persone simili a quelle che, tempo fa, si divertivano allo stesso modo, diffondendo (con meno velocità, certo, ma con uguale efficacia), videocassette, foto o dischetti infanganti.
C’è un precedente, ed è il video virale di C., datato inizio Duemila. Ritrae una minorenne del centro Italia, ingannata dal suo fidanzato, il quale diffuse prima via cd rom, poi via software peer-to-peer il video di un loro rapporto sessuale. Anche C. tentò il suicidio. Anche in quel caso ci fu una causa.
Ora C. ha ottenuto il “diritto all’oblio”. Allora non esisteva Facebook, né Twitter, ma la notizia circolò ugualmente, sia su carta che su monitor. Tiziana ha scontato la stessa pena, ma più di quindici anni dopo, pari ad un’era geologica nell’evoluzione dei software. Siamo in un’epoca dove in meno di una settimana nascono più di diecimila pagine su uno stesso argomento. Impossibile controllarle tutte, rapidamente. Nel caso della donna campana si tratta di fotomontaggi e sfottò, soprattutto sulla sua affermazione più conosciuta (“Stai facendo un video? Bravo!”), condivisa da centinaia di migliaia di persone.
Il video, che circolava inizialmente su WhatsApp è stato sotto gli occhi di tutti per mesi. C’è chi l’ha ignorato, chi invece ci ha creato uno e più status, chi addirittura una canzone con tanto di slideshot fotografico (immediatamente rimossa). Qualcuno chiede di riaprire un discorso, ormai obsoleto, sulla privacy nel 2016. Al di là degli utenti che gridano in un post pubblico (e acchiappalike) “Se Tiziana è morta i colpevoli siamo tutti noi”, ci sarà un nome e cognome, un perseguibile numero 0 che avrà tradito Tiziana e alimentato la giravolta di spam.
Anche su questo si muovono i suoi avvocati. Combattono per il “diritto all’oblio” della donna, citando in giudizio non solo i diffusori dei video, ma anche Facebook, Yahoo Italia, Google e YouTube per averli veicolati. Una battaglia vinta in prima istanza. Ma per Tiziana, che nel frattempo aveva cambiato identità, non è stato sufficiente. C’è una sentenza della Corte europea, che obbliga i motori di ricerca a rimuovere dal web i contenuti indesiderati (in Italia la sua applicazione non supera il 35 per cento).
Ma ogni internauta sa bene che una parte di questi non sparirà mai: è praticamente impossibile. Ci sarà sempre una sacca sconosciuta e introvabile di dati invisibili, caricati su un server in un punto sperduto del mondo. È il caso di L, “camgirl” siciliana, una delle tante ragazze che si spogliano in video, in cambio di un “regalino” (una ricarica al cellulare o un versamento di soldi).
Secondo il Codacons, in Italia sono più di 18 mila, quasi tutte tra i 25 e 35 anni. L., dopo aver trovato alcune foto su un sito porno, strappate illecitamente da una sua performance, ne ha chiesto e ottenuto la cancellazione. Ma, anni dopo, alcuni suoi scatti circolano ancora. Il diritto all’oblio è un fattore relativo nel web. Soprattutto nell’era di Snapchat, il servizio di messaggistica per smartphone, che consente di inviare messaggi, foto e video visualizzabili solo per un certo numero di secondi.
Affidandosi alla loro durata predeterminata, diversi utenti (in Italia sono più di 800 mila, di cui la metà sotto i 25 anni) inviano immagini opinabili. Ma ci sono diversi mezzi per immortalare ugualmente uno scatto prima che si autodistrugga. E mentre il
giorno dopo la notizia della morte di Tiziana la comunità online italiana piange, si indigna (la stessa che, in parte, un anno fa sghignazzava sullo stesso argomento), spulciando tra i siti, spuntano già videolog di tredicenni parlano di “libertà sessuale” o di blogger improvvisati che dicono la loro, stigmatizzando o giudicando l’accaduto. Tiziana viene di nuovo esaminata, commentata e, a tratti irrisa dalla rete. E muore ancora una volta.
2. TIZIANA SUICIDA PER VIDEO HARD
Conchita Sannino e Anna Laura De Rosa per "la Repubblica"
Tiziana suicida per video hard, aperta un'inchiesta per istigazione al suicidio. Lei fu condannata a pagare 20mila euro di spese legali"Sulla morte di Tiziana abbiamo aperto un fascicolo, per induzione al suicidio" dice Francesco Greco procuratore capo della Procura di Napoli Nord.
La Procura indaga e il web chiede giustizia e finalmente "l'oblio". "Non l'avevo vista per tutto il giorno, non ho potuto fermarla", si dispera ora la madre. Che agli investigatori ha rivelato un ulteriore motivo di turbamento della figlia: anche se aveva ottenuto una sentenza favorevole del tribunale sul diritto all'oblio, la donna era stata considerata consenziente e quindi condannata a pagare 20mila euro di spese.
Da un lato il giudice le aveva dato ragione obbligando alcuni social, come Facebook, a rimuovere video, commenti, apprezzamenti e al pagamento delle spese per una cifra pari a 320 euro. Dall'altro lato, però (come si legge nella decisione del giudice sul provvedimento di urgenza chiesto dalla 31enne per la rimozione dai siti web dei video hard) la donna di 31anni che si è suicidata dopo che I video hard che la ritraevano erano finiti a suo insaputa nel web, era stata a sua volta condannata a rimborsare le spese legali a cinque siti per, complessivamente, circa 20mila euro.
La storia di Tiziana aveva fatto il giro del web, una sua ingenuità era diventata un incubo, finito in tragedia e purtroppo, questa, tutt’altro che virtuale. La ragazza, della provincia di Napoli, figlia del gestore di un bar, aveva perso il lavoro, non poteva più mostrarsi in pubblico, dopo che alcuni suoi “amici” avevano diffuso via internet e sugli smartphone alcuni video hard.
I VIDEO PARODIA SU TIZIANA CANTONE
Tiziana suicida per un video hard, aperta un'indagine
Tiziana, messa alla gogna mediatica, aveva cambiato città e nome e aveva fatto causa a chi la perseguitava sui social, vincendo e ottenendo la rimozione del profilo di chi la insultava. Ma non è bastato. E alla fine, ieri, si è uccisa. E ora l'indagine non è più per violazione alla privacy o per il diritto all'oblio, ma per istigazione al suicidio.
Un'amica di famiglia : "Ha dimostrato la sua fragilità da sola. Non è mai stata abbandonata, era una ragazza dolcissima, non è facile superare". Neppure con una sentenza a favore? "Non sono bastati i click dati in modo sbagliato"
Oggi è il tempo della riflessione. "Tiziana si è tolta la vita. Almeno adesso merita oblio e silenzio. Non continuate a mostrare il video". La rete piange la ragazza che si è tolta la vita. Dolore e sensi di colpa viaggiano sui social network dietro un hashtag o un link. Quasi a voler cancellare la superficialità con cui un video privato è stato trasformato in un fenomeno virale, con oltre 100 mila pagine dedicate a quella frase pronunciata da Tiziana in un momento che credeva intimo: "Stai facendo il video? Bravo".
"Non siamo tutti colpevoli ma siamo tutti sconfitti" scrive Antonio su Twitter. "Non conoscevo la storia di Tiziana, è terribile - commenta Andrea - ma è ancora più terribile sapere che ci sono uomini che usano video privati per dimostrare quanto fanno schifo".
L'accusa è rivolta ai ragazzi che per primi hanno diffuso le immagini sui social network, dando il via un vortice infernale che ha distrutto la vita di Tiziana. "C'è ancora chi ha il coraggio di fare battute sulla morte di Tiziana, vergognatevi" denuncia Michele mentre altri ricordano la vicenda della ragazza di 13 anni violentata dal branco a Melito Porto Salvo: " Avanti, ora dite che anche Tiziana se l'e' cercata".
Il suicidio della 31enne squarcia il velo di Maya della società virtuale e ad alcuni utenti sembra irreale: "Sarebbe bello se Tiziana avesse inscenato la sua morte per ricostruirsi una vita. Ma non è così".
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