masturbazione in pubblico

DI GENTE CHE HA LA FISSA DI MASTURBARSI IN MEZZO ALLA FOLLA CE N’È PARECCHIA. IL RISCHIO DI ESSERE BECCATI AUMENTA IL GODIMENTO. E VABBÈ – MA COSA SUCCEDE SE SI HA UNA STORIA CON QUELLO CHE TUTTI CHIAMEREMMO “UNO SPORCACCIONE”? - IL RACCONTO DI MISSY: “PER LA MAGGIIOR PARTE DELLA GENTE SCOPRIRE CHE IL PARTNER HA LA TENDENZA A MASTURBARSI PUBBLICAMENTE È UN BRUTTO COLPO. NON È IL MIO CASO. LA PRIMA VOLTA CHE INCONTRAI L’UOMO CHE IN SEGUITO HO FREQUENTATO, LUI SI STAVA MASTURBANDO NELLA PISCINA PUBBLICA”.

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Missy Wilkinson per “Xojane”

 

MASTURBAZIONE SUL POSTO LAVORO 2MASTURBAZIONE SUL POSTO LAVORO 2

Per la maggior parte della gente, scoprire che il partner ha la tendenza a masturbarsi pubblicamente è un brutto colpo. Non è il mio caso. La prima volta che incontrai l’uomo che in seguito ho frequentato, lui si stava masturbando nella piscina pubblica. Lo vidi nella sauna. Mentre la stanza diventava più calda, lui si tolse l’asciugamano e io non battei ciglio. La politica del posto dice che i vestiti sono opzionali e infatti eravamo entrambi nudi. Invece di prendere l’acqua dal secchio con il mescolo per bagnare le rocce, l’uomo gettava l’acqua sul suo pene circonciso e si masturbava. Una seduta di sega quasi dolce, gentile. Comunque me ne andai, dalla sauna e dalla vista del masturbatore pubblico.

 

Masturbazione a lavoroMasturbazione a lavoro

Non era una cosa così cattiva come fare autoerotismo in un centro per famiglie. Stavamo al “Country Club” di New Orleans, edificio vittoriano in parte ristorante in parte sauna, destinazione della comunità gay e con piscina per soli adulti. Qui si trova facilmente sesso occasionale. Per qualcuno è il paradiso in terra. Però, per decenza, tutti vanno negli spogliatoi a fare gli incontri, o comunque si appartano, invece il nostro uomo lo faceva senza nascondersi. Non era comunque una minaccia tale da chiamare la sicurezza.

 

Mentre lasciavo il “Country Club”, vidi il masturbatore seduto al bar, con l’asciugamano di nuovo addosso. Scoprii che era un cliente, proprio come me. La volta successiva lo vidi fumare da solo a bordo piscina, e con i vestiti indosso. Scrissi subito un sms a mia sorella: «Ho rivisto il masturbatore ma stavolta era vestito e mi ha catturato. Ci stiamo dando un appuntamento». Lei rispose: «Oddio, vorrei non aver saputo che si fa le seghe in pubblico» e io replicai: «Veramente quella mi è sembrata la cosa più interessante del nostro incontro!».

MASTURBAZIONE IN PUBBLICOMASTURBAZIONE IN PUBBLICO

 

Col senno di poi, credo che mia sorella abbia dimostrato grande apertura mentale, dato che quell’uomo l’ho portato a cena a casa sua. Che ne pensavo io? Visto il contesto della sauna, la sua masturbazione non mi sconvolgeva troppo. Era un uomo in gamba, una specie di scienziato che faceva ricerche nelle paludi. Solo in seguito si è dimostrato molto irascibile, bastava che un amica non lo invitasse con me in palestra per farlo infuriare, la chiamava “puttana”.

 

Tirò la birra in strada per via di un risultato di calcio e mi mise in subbuglio l’appartamento, il che sarebbe stato anche divertente, se non fosse stato così dannatamente serio. Qualche settimana dopo chiese alla mia amica di fare una cosa a tre. E non lo chiese solo a lei. Lui aveva una disfunzione erettile, legata a uno stupro subito da bambino. Nella mia mente pensai che questo trauma lo portasse a comportarsi come in sauna. Non mi turbava più di tanto la sua persona, perché sapevo che non era una relazione seria. Non intendevo seguirlo in Australia né fare un’orgia con le mie amiche.

 

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Prima di tornarsene in Australia, il masturbatore dovette trasferirsi per lavoro a Boston. A Boston viveva anche mia sorella, così un giorno approfittati per andarli a trovare entrambi. Lui mi venne a prendere in aeroporto e mi portò a casa di Laura, ma prima mi insultò, disse che ero una stronza, e mi tenne chiusa in macchina per venti minuti, finché non mi scusai. Fu surreale. La cena andò meglio, ma dopo, camminando per la città, rischiò di picchiare un ragazzo solo perché si era offerto di accendermi la sigaretta.

 

Notai, peraltro, che il mio uomo aveva una patente del Massachusetts. Viveva a venti minuti dalla città, nel seminterrato di un cottage, dotato di un bel camino. Lì trovai posta diretta a una donna con il suo stesso cognome. Madre? Moglie? Insomma lo scienziato australiano non era che un disoccupato che abitava ancora con la mamma, un bugiardo, violento e manipolatore. Lo mollai, spiegandogli che quella non la consideravo neppure una relazione.

 

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Dieci mesi dopo, senza preavviso, si presentò a casa mia. Per fortuna ero a cena fuori, quando mi squillò il cellulare e mi apparve il numero del mio appartamento. Gli dissi di smetterla, avrei chiamato la polizia se fosse accaduto di nuovo. Non lo vedo da cinque anni e non capisco come io abbia potuto pensare che quel tipo fosse a posto.

 

Era uno psicopatico e lo sapevo prima ancora che mi parlasse. Tecnicamente ho frequentato un molestatore, pur sapendolo. Perché? Non lo so, forse non la vedevo una cosa strana, perché anche io ero nuda là dentro la sauna. Ho capito che è facilissimo ritrovarsi in una relazione abusiva. 

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