DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giorgio Meletti per "il Fatto Quotidiano”
"Se il Csm è il buco nero della giustizia all' italiana, la sua sezione disciplinare lo è dell' intero Palazzo dei Marescialli. Quella dove le correnti del sindacato in toga ordiscono le trame più inconfessabili". Se vi sembrano parole ispirate dallo scandalo di questi giorni, vi state sbagliando. Le ha scritte dieci anni fa Stefano Livadiotti - coraggioso giornalista dell' Espresso che ci ha lasciato troppo presto l' anno scorso - in un libro intitolato Magistrati.
stefano livadiotti magistrati l'ultracasta
L' ultracasta. Il nocciolo del discorso era quello che ancora oggi lorsignori vogliono rimuovere: nella giustizia c' è il vero cancro italiano, tutto il resto è metastasi.
La classe dirigente continua a girarsi dall' altra parte perché tutti hanno paura dei magistrati: o hanno la coscienza sporca, o sono già in debito per un' archiviazione allegra o un' indagine dolosamente sciatta, oppure sono onesti ma la paura dei magistrati l' hanno interiorizzata a prescindere.
Il libro di Livadiotti fu liquidato dagli interessati con commenti pigramente diffamatori: la tecnologia della merda nel ventilatore è stata brevettata ben prima dei social network dai comparti più sussiegosi della classe dirigente. Un magistrato del Nord che andava per la maggiore lo definì "livido e rancoroso"; dall' altro capo della penisola una valorosa toga antimafia lo trovò "pieno di errori che inducono alla disinformazione".
A dieci anni di distanza c' è una pagina dell' Ultracasta che fa stringere il cuore. Livadiotti riferisce che, secondo le rilevazioni 2008 di Eurobarometro, solo il 31 per cento degli italiani ha fiducia nel sistema giudiziario, mentre la media europea è al 46 per cento. Secondo un altro sondaggio un italiano su tre ammette di aver perso ulteriormente fiducia nella magistratura.
L' autore aggiunge che anche il primo presidente della Corte di Cassazione, inaugurando l' anno giudiziario, ha dovuto ammetterlo: "La magistratura non può ignorare il forte calo di fiducia non solo internazionale, ma ora anche interno nei suoi confronti". Commento di Livadiotti: "L' auspicio di tutti è, appunto che non lo ignori. Che consideri suonata la campanella dell' ultimo giro e si dia una mossa, riformandosi dall' interno. Prima che lo faccia qualcun altro, magari con intenti poco nobili. Il paese ha bisogno di tutto meno che di una magistratura delegittimata e per ciò stesso, alla fine, asservita".
Ai normali sudditi queste parole profetiche fanno stringere il cuore, ai magistrati dovrebbero farli arrossire di vergogna per dieci anni di silenzio e furbizie. Quel presidente di Cassazione che doveva prendere coscienza era Vincenzo Carbone: nel 2010, appena andato in pensione, è stato indagato per la sua collaborazione alle trame della cosiddetta P3 , associazione segreta capitanata da Flavio Carboni che si occupava, guarda un po', anche di pilotare sentenze e carriere dei magistrati.
Nel 2013 Carbone è stato rinviato a giudizio. I suoi colleghi hanno impiegato più di quattro anni per condannarlo in primo grado - il 16 marzo 2018, quarantesimo anniversario della strage di via Fani - a due anni per abuso d' ufficio. Per lui la strada della prescrizione è spianata.
Ma in questi dieci anni i suoi colleghi dov' erano? Erano pieni di lavoro. Dovevano vendersi le assoluzioni o gli insabbiamenti, indagare il collega per fotterlo (loro parlano così), difendersi dagli agguati "disciplinari", strappare poltrone per i propri compagni di corrente. I più hanno taciuto, per giustificata paura dei colleghi delinquenti o per vigliaccheria semplice, e se gli fai notare come si sono ridotti si offendono. Adesso che è saltato il coperchio c' è chi, per malinteso senso dello Stato, cerca di mettere la sordina allo scandalo. Credendo che le istituzioni si difendano con l' omertà.
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