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È comprensibile il sospetto che Michelle e Barack Obama abbiano studiato l'operazione a tavolino. Becoming , il documentario che i due hanno prodotto per Netflix sulla vita della ex first lady, esce proprio quando nel partito democratico si rafforza una campagna per nominare Michelle come vice di Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca. La scelta di Biden è imminente.
Lui stesso ha detto che sarà una donna. Oggi ha bisogno di una vice che gli faccia da scudo contro le accuse di molestie sessuali da parte di Tara Reade (che fu brevemente sua assistente al Senato nel 1993). Michelle ha una statura morale impeccabile, una popolarità senza rivali. Porterebbe in dote un' affluenza record degli afroamericani, ma senza essere una radicale di sinistra. Poiché Biden ha 77 anni, sarebbe un presidente da un mandato solo, e per di più a rischio di coronavirus; molti vedrebbero già Michelle presidente.
Un terzo mandato Obama, per "cancellare" l' èra di Donald Trump; con la credibilità che Barack si guadagnò governando l' altra crisi economica nel 2009. Infine Becoming mette in scena un' altra dote di Michelle: è carismatica, padroneggia tutti i media con disinvoltura, mentre Biden annaspa in una campagna online con disagio.
Questo film, tratto dal libro autobiografico con lo stesso titolo che fu un bestseller mondiale, non è un manifesto politico. Evita commenti sulla presidenza Trump. Un paio di passaggi sono significativi, però. Parlando dello shock elettorale del 2016, Michelle rivela una certa empatia per quelle fasce di classe operaia (per lo più bianca) che si sentirono tradite dalla sinistra, impoverite dalla concorrenza cinese, spaventate dall' immigrazione: «Capisco quelli che hanno votato per Trump».
Al tempo stesso confessa di aver vissuto come «uno schiaffo in faccia» l' alto astensionismo di tanti giovani, donne, e neri. E non solo in occasione della sconfitta di Hillary, ma anche ogni volta che Barack perse la maggioranza congressuale nelle elezioni di mid-term: «I nostri non andavano a votare. È come se il voto lo scambiassero per un gioco. Per me fu un trauma».
Con lei nel ticket di Biden, l' aumento della partecipazione sarebbe una certezza. E senza inseguire il linguaggio radicale di altre potenziali candidate, anche a costo di deludere l' ala di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. Lo stesso nome scelto da Barack e Michelle per la loro società di produzione, Higher Ground ("un livello più elevato") è un malizioso richiamo ad una celebre polemica.
Di fronte ad alcune volgarità di Trump, l' ex first lady lanciò questo consiglio ai democratici: «Più lui si abbassa, più noi dobbiamo volare alto». Non tutti erano d' accordo. Dietro quel consiglio c' è l' idea della responsabilità di chi governa, che lei esprime nel documentario: «Un presidente può iniziare una guerra, può rovinare l' economia. C' è troppo potere, non consente leggerezze».
barack e michelle obama con jill e joe biden
Becoming inizia da South Side Chicago, il quartiere dove Michelle è cresciuta: un ambiente operaio e di minoranze etniche, con sottofondo di jazz e blues (suo padre era un fan), i barbecue nel cortile.
C' è una visita a sorpresa nella prima casa dove abitò con Barack, e lì Michelle si esibisce come pianista.
La storia della sua vita incrocia episodi di razzismo e sessismo: il consigliere universitario che non la considera «degna di Princeton», la compagna bianca che si fa cambiare stanza per non coabitare con lei. Michelle rifugge dal vittimismo. Nel book-tour ripreso dal documentario incontra tante adolescenti afroamericane. «Come hai smesso di essere invisibile?», le chiede una ragazza. «Non mi sono mai sentita invisibile», risponde Michelle. Evita la sotto-cultura della recriminazione, esorta alla costruzione dell' autostima.
È con questa etica personale che «la prima first lady discendente da schiavi » riuscì a costruirsi una corazza negli anni della Casa Bianca. Lo ricorda nel film: volevano cucirle addosso lo stereotipo della «giovane nera arrabbiata», una nuova Angela Davis pronta a cavalcare scontri razziali. Fu il tirocinio più doloroso negli otto anni delle presidenze Obama: bisognava perdere spontaneità. «Noi venivamo giudicati con criteri più severi. Non ci era consentito fare errori. E ne abbiamo fatti lo stesso».
Uno degli aneddoti emblematici fu l' obbligo imposto alle figlie Malia e Sasha di rifarsi il letto, benché la servitù non manchi alla Casa Bianca. Bisognava evitare che le due ragazze crescessero nella bolla artificiale del privilegio; prepararle al duro atterraggio nella realtà.
Non è stato facile neanche per lei, Michelle confessa il disagio della vita attuale, «perché non è affatto come tornare a prima della presidenza ». Ora esiste una nuova possibilità: che la sua nuova vita da scrittrice, public speaker , consigliera dei giovani, sia un intervallo tra una Casa Bianca e l' altra.
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