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Cecilia Attanasio Ghezzi per “la Stampa”
A trent’anni dalla prima apparizione sulla televisione di stato cinese, Mi Laoshu - come hanno chiamato Topolino nella Repubblica popolare - conquista quasi 4 chilometri nel distretto di Pudong, il quartiere finanziario di Shanghai, lo skyline simbolo della nuova Cina. Il castello è ancora in costruzione, ma sarà il più grande del mondo.
Shanghai Disneyland è una scommessa da 4,7 miliardi di euro sul fatto che la classe media cinese sia pronta a buttarsi nel magico mondo simbolo del sogno americano.
È il sesto parco tematico della Disney nel mondo e il terzo in Asia. Aprirà il 16 giugno dopo cinque anni di lavori e farà concorrenza a quello di Hong Kong che ha festeggiato i suoi dieci anni lo scorso settembre. Sarà tre volte più grande, più “cinese” e - si vocifera - più economico. Sono attesi 10 milioni di visitatori all’anno, ognuno pagante un biglietto la cui tariffa dovrebbe essere stabilita tra i 40 e i 60 euro.
Ci hanno lavorato decine di migliaia di ingegneri e operai, sia cinesi che statunitensi. Ci saranno negozi, ristoranti, sale da tè, due alberghi e 40 ettari di parco naturalistico. Come lascia immaginare la joint venture tra la Disney e il suo socio di maggioranza, l’azienda di stato Shanghai Shendi Group, sarà una Disneyland con caratteristiche cinesi.
Ci sarà un mosaico dove i dodici segni dello zodiaco dell’ex impero di mezzo saranno interpretati da personaggi Disney e Pixar, l’area ristoro avrà le caratteristiche della vecchia Shanghai e tutte le musiche, compreso il musical del Re Leone, saranno cantate in mandarino. Gli attori saranno acrobati cinesi.
Il parco, oltre a sperimentare un inedito sincretismo tra gli elementi dell’immaginario delle prime due economie mondiali, scommette sul difficile momento di transizione della Cina. Il passaggio da fabbrica del mondo a economia di servizi non sarà facile né indolore.
I 109 milioni di cinesi che nel 2015 hanno stabilito il record della classe media più numerosa al mondo, si trovano di fronte a un rallentamento dell’economia che mina la loro fiducia nei consumi e nella politica. Non sembrano però voler rinunciare all’intrattenimento, specie al cinema hollywoodiano.
Il Risveglio della forza, l’ultimo capitolo della saga di Guerre stellari, ha guadagnato 50 milioni di euro solo nel primo weekend di programmazione. Un successo che ha premiato gli sforzi pubblicitari della Disney. Il mese di ritardo imposto dalla regolamentazione a protezione dell’industria cinematografica locale è stato recuperato dall’evento promozionale che ha visto 500 assalitori in tuta bianca sfilare sulla grande muraglia.
Un notevole successo che ha contraddistinto anche gli ultimi film della Disney proiettati nelle sale cinesi: il solo Avengers: Age of Ultron ha fatto 208 milioni di euro al botteghino. Non è un caso che i colossi di Hollywood stiano facendo a gara per entrare nel mercato dello stato più popoloso del mondo.
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