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Marco Carta per “il Messaggero”
Cocaina, marijuana e hashish marchiato Oreo, come i celebri biscotti, nascosti in un bunker segreto e pronti per essere venduti al dettaglio. Ha continuato a spacciare nonostante fosse ai domiciliari con il braccialetto elettronico. Solo lo scorso novembre Pietro Casamonica, uno dei giovani rampolli del clan sinti, era stato condannato a 3 anni e 8 mesi per spaccio.
Eppure, una volta tornato a casa, un alloggio popolare occupato abusivamente in via Rolando Vignali, zona Cinecittà, il giovane ha riavviato la sua attività di pusher al dettaglio. Come se nulla fosse. Sperava di eludere i controlli nascondendo la droga in un appartamento abbandonato, ubicato sotto la sua abitazione. Invece, a distanza di 9 mesi, l'uomo sabato scorso è stato nuovamente arrestato e ora si trova in carcere a Rebibbia.
A far scattare le indagini nei confronti del 33enne sono stati una serie di esposti scritti anonimi giunti con posta ordinaria sulla scrivania dei carabinieri di Cinecittà, che sabato pomeriggio si sono recati nella sua casa di via Rolando Vignali, scoprendo una sorta di stanza segreta nel piano mezzanino posto sotto al suo appartamento, che l'uomo utilizzava come nascondiglio per gli stupefacenti. Una casa in stato di abbandono, da cui si poteva accedere a un'altra stanza, posizionata in corrispondenza della finestra del bagno di Pietro Casamonica.
Quando Pietro Casamonica venne arrestato lo scorso novembre, la droga era stata trovata in un astuccio delle fatine Winx. Questa volta, invece, forse per dare meno nell'occhio, ha preferito servirsi di un più prudente beauty case di colore viola, dove i militari hanno trovato 50 grammi di cocaina, insieme a 135 di marijuana, 400 di hashish (parte del quale griffata Oreo), un bilancino elettronico e il materiale per confezionamento delle dosi.
IL PROCESSO
«La droga non è mia. Io non c'entro niente». Interrogato dal pm d'aula Massimiliano di Felice, ieri mattina Pietro Casamonica, nel corso della convalida d'arresto a piazzale Clodio, ha dichiarato di non aver nulla a che fare con gli stupefacenti trovati dai carabinieri, spiegando che le chiavi del locale di quella stanza segreta non fossero esclusivamente di sua proprietà.
La sua versione, però, non ha convinto il giudice monocratico, anche perché Pietro Casamonica, nel corso della perquisizione, aveva inizialmente detto ai carabinieri che le chiavi servivano ad aprire il box del contatore elettrico. Una bugia riferita nervosamente per evitare i controlli e subito smascherata. Accusato di detenzione ai fini di spaccio, per Pietro Casamonica il giudice ha disposto la custodia cautelare nel carcere di Rebibbia in attesa del processo.
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