DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”
andrea giuseppe costantino e la compagna
«È stato un incubo lungo quindici mesi. Credo non si possa nemmeno immaginare cosa sia una cella di massima sicurezza di un carcere del genere. Mi ha mangiato dentro...». Quindici mesi ad Al Wathba non si dimenticano. Soprattutto se si arriva da un mondo come quello di Andrea Costantino, milanese, imprenditore, trader. Arrestato il 21 marzo del 2021 in un hotel di Dubai, dove si trovava con la compagna Stefania e la loro figlia per qualche giorno di vacanza, è stato scarcerato lo scorso 30 maggio e da allora si trova all'ambasciata italiana di Abu Dhabi.
Il tribunale degli Emirati Arabi l'ha condannato a una pena pecuniaria di 550 mila euro, condizione minima e indispensabile per lasciare il Paese arabo. Dopo 15 mesi di forzato silenzio Costantino ha deciso di raccontare l'anno nero delle sue prigioni.
Come sta intanto?
«Sono vivo e questa è la cosa più importante. Ma è stata dura, durissima, da tutti i punti di vista. Sono successe tante, troppe cose. Ogni giorno passato lì dentro mi ha tolto un pezzo di umanità. Ero entrato empatico, ne sono uscito prosciugato, cambiato».
A cosa si riferisce? Violenze? Ambiente?
«Non voglio, non me la sento di scendere nei particolari. Comunque, quando sono arrivato qui e mi sono guardato allo specchio per la prima volta mi sono spaventato. Avevo perso 30 chili... ho dormito a lungo per terra, trascorrevo le giornate contando il tempo che mi separava dai pochi minuti di telefonata concessi due volte alla settimana per parlare con Stefania... sentivo la bambina che chiedeva alla mamma "ma non torna mai papà?". Uno strazio. Mi mancano molto loro e mi manca mio figlio».
Dov' è ora esattamente?
«Sono in una piccola dépendance della struttura dell'Ambasciata d'Italia, una stanzetta con bagno. Mi cucino, faccio la spesa online, mi gestisco in totale autonomia e silenzio... sono praticamente invisibile, come richiesto».
Lei è stato condannato a una pena pecuniaria. Come si è arrivati a questa sentenza?
«Pochi istanti prima dell'udienza finale del processo il Procuratore generale di Abu Dhabi ha depositato un suo atto nel quale applicava l'articolo 228 del loro codice penale che riporta la vicenda a "maggiori interessi di Stato e della Nazione", ordinando la mia scarcerazione e demandando alla Corte di esprimersi sul quantum della sanzione. L'intero caso è stato cioè ricondotto a questioni politiche. Negli ultimi anni le relazioni diplomatiche fra Italia ed Emirati sono degradate. Parliamo di scambi commerciali che non hanno soddisfatto le aspettative».
Come si legherebbe la sua vicenda a queste relazioni degradate?
«Non lo so».
Ma qual è l'accusa? Si era parlato di collaborazione con il terrorismo per alcune forniture, di armi...
«Dal 2012 io ho un'attività commerciale negli Emirati, un trading di vari prodotti, anche petroliferi e derivati. Tra la fine del 2015 e il 2016, previa autorizzazione della coalizione Saudita ed Emiratina, avevo concluso una vendita di gasolio destinata a un'azienda, in realtà la compagnia petrolifera nazionale yemenita (nello Yemen era in corso la guerra civile nella quale intervenne anche Abu Dhabi contro gruppi considerati terroristici, ndr).
Questa vendita avvenne a normalissime condizioni economiche di mercato. La nave che trasportava il gasolio fu controllata, tutto regolare. Tutto alla luce del sole. Sinceramente ignoro la ragione dell'accusa (che tira in ballo questa transazione, ndr ). Ma io non ho fatto nulla! La vicenda delle armi, poi, è inesistente».
Deve versare 550 mila euro per rientrare. Se non paga che succede?
«Confido in un intervento della diplomazia e della politica. Mi appello alle più alte cariche dello Stato, al presidente Mattarella, al premier Draghi, alla ministra Cartabia, che hanno già fatto molto. Manca solo l'ultimo miglio alla liberazione, forse basta una telefonata. Tra l'altro devo dire che in questi brutti mesi ho avuto la chiara percezione della grandezza del nostro Paese, della nostra civiltà, dei nostri valori. Noi viviamo in un paradiso e non ce ne rendiamo conto, anzi, spesso lo infanghiamo. A un certo punto mi hanno informato che era venuto Mattarella per esprimere le condoglianze dell'Italia per la scomparsa dello sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan. Una cosa grandissima per loro. Mi hanno detto "Andrea, è venuto il tuo Presidente, ti rendi conto?". Come dire, sei italiano, sei speciale. In carcere, fra assassini e terroristi bordati di rosso, ero l'unico europeo».
Lei non può pagare?
«No, ho perso tutto, l'azienda, i risparmi. Mi è rimasta la mia famiglia, che attende il mio rientro... Dovrò ripartire da zero, il mio patrimonio sono queste quattro magliette che indosso, ma so che posso contare sui miei affetti... Ce la farò... ce la faremo. Anche se i mesi di Al Wathba resteranno incisi nella mia carne».
andrea giuseppe costantino 5andrea costantino con la figliaandrea giuseppe costantino 7stefania giudice, moglie di andrea costantinoandrea giuseppe costantino 4
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