DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Sandro Iacometti per “Libero quotidiano”
«Il presidente del Consiglio pensa di essere più forte se fa tutto da solo. Ma credo che questo sia un segno di debolezza».
No, non è un renziano a parlare. Il ritratto impietoso di un esecutivo allo sbaraglio e di un premier che si ostina ad accentrare tutto pur non sapendo dove mettere le mani è di uno che l' avvocato del popolo lo conosce bene.
Fino ad un anno e mezzo fa a combattere quotidianamente con Giuseppe Conte c' era lui, Giovanni Tria, che nel suo anno di mandato al ministero dell' Economia, malgrado le sbandate politiche, è miracolosamente riuscito a tenere i conti a posto. «Non avevo voce in capitolo su tutto», spiega l' economista, «ma ho detto chiaramente che non avevo alcuna intenzione di uscire di strada alla prima curva. E su quello ho deciso io».
Con il Covid, però, non era facile tenere la macchina in carreggiata.
E il governo è stato costretto a raschiare oltre 100 miliardi dal debito pubblico per fronteggiare la crisi...
«A marzo sono stato tra i primi a sostenere che bisognasse fare più debito possibile per sostenere l' economia».
Allora è contento...
«Non proprio. Gran parte dei soldi non è stata utilizzata per provvedimenti emergenziali, per le finalità che emergono solo adesso con i ristori».
Cosa bisognava fare?
«Due cose, principalmente. Una, rimborsare immediatamente e in maniera massiccia le imprese che erano stato penalizzate dal lockdown. Si doveva dare subito alle aziende la possibilità di compensare i ricavi persi e di pagare direttamente stipendi, affitti, contributi e tasse. Poi bisognava rafforzare il sistema sanitario per eliminare il senso di incertezza che ha bloccato consumi e investimenti»
E invece, cosa è successo?
«È stata messa in moto una quantità enorme di procedure su singoli sussidi che ha fatto saltare la burocrazia italiana».
giovanni tria foto di bacco (2)
Si riferisce ai problemi dell' Inps con la cassa integrazione?
«Quello è un caso limite. Ma il problema non è l' inefficienza degli enti. E' quello di chi scrive norme inattuabili».
Si spieghi meglio...
«I decreti non hanno tenuto conto della capacità degli uffici di reggere l' urto. C' è stata una inconsapevolezza da parte di chi stilava leggi a ripetizione senza rendersi conto che non era possibile applicarle».
Possibile che al ministero dell' Economia siano talmente incompetenti?
«Non so quanto il ministero dell' Economia sia responsabile. C' è stato un problema nel processo decisionale, che si è disperso tra i vari dicasteri e soprattutto negli uffici di Palazzo Chigi, che hanno operato senza coinvolgere il Parlamento e con una certa superficialità. Le strutture competenti sono state estromesse».
Sta dicendo che il ministro Gualtieri non si è fatto rispettare?
«No. Il problema viene da lontano. Negli anni c' è stato un progressivo spostamento a Palazzo Chigi di organismi tecnici. Un percorso partito con la decisione di Romano Prodi nel 2007 di togliere la Programmazione economica a Via XX Settembre».
Quindi il Conte bis non ha colpe?
«Intanto ci sono scelte sbagliate».
Ad esempio?
«Quella di far indebitare le imprese. Garantire prestiti al 100% è una decisione azzardata. Le garanzie andranno in escussione e il costo per lo stato potrebbe arrivare anche a centinaia di miliardi. In più la liquidità creata è rimasta ferma, perché nel clima di incertezza totale creato dal governo nessuno ha investito»
E poi?
LA SOLITUDINE DI GIOVANNI TRIA
«Poi questo esecutivo ha la responsabilità di aver accentrato tutto a Palazzo Chigi ancor più di prima. L' idea del premier di tenere tutto sotto controllo nell' ultimo anno è diventata quasi un' ossessione. È questo il vero problema».
Però con una maggioranza così riottosa forse era l' unico modo per mostrare i muscoli...
«Al contrario. Il presidente del Consiglio è forte non perché fa tutto da solo, ma perché spetta a lui il coordinamento generale e la decisione finale. Vuole avere tutto sotto di se è un segno di debolezza. E poi se i risultati non ci sono diventi ancora più debole».
Però sul Recovery Plan c' è stato un lavoro collegiale...
«Lei dice? A quanto mi risulta sono stati persi sei mesi a scrivere non si capisce cosa nelle segrete stanze di Palazzo Chigi. E solo ora la pratica sembra sia stata messa nelle mani del ministero dell' Economia, per cercare di mettere ordine. Ma si parte da zero».
Dopo il pressing di Matteo Renzi è stato elaborato un nuovo documento...
«Io ho visto un elenco di obiettivi e una rimodulazione delle risorse. Sulla carta spostare i soldi da una parte all' altra è facile. Ci si mette a tavolino e si fa. Questo non significa aver fatto un piano. Anzi, si dimostra che non c' è ancora nulla. Perché altrimenti è impossibile che la spesa per la sanità passi in una settimana da 9 a 18 miliardi. Siamo ancora alla fase dell' attribuzione delle risorse».
Però ci sono più di 200 miliardi sul piatto. Qualcosa uscirà fuori...
«Per ora nei documenti che sono stati diffusi si riporta che l' utilizzo del Recovery plan che dovrebbe cambiare il volto al Paese porterà nel 2026 il Pil ad aumentare di 40 miliardi. Nell' ultima versione di cui il Mef ha diffuso poche pagine l' impatto arriverebbe a poco più di 50 miliardi. Ma stiamo scherzando?»
Troppo poco?
«Questa è la sintesi dell' inconsistenza. La cosa che mi ha più stupito è che queste cose siano state scritte. Sul documento non c' è stata neanche una valutazione politica. Rendere pubblica una cosa del genere è come spararsi un colpo in testa».
La crescita viene ridotta anche a causa della decisione di utilizzare una buona fetta delle risorse per progetti già programmati, per evitare di gonfiare ulteriormente il debito pubblico...
«Ma questa è un' altra conferma della sfiducia nella capacità dell' Italia di utilizzare queste risorse per mettere veramente in moto l' economia. Se io vedo la spesa solo come un incremento di debito è chiaro che meno si spende e meglio è. Se invece penso che gli investimenti saranno fatti bene allora avere il debito al 160 o al 165% cambia poco. Se il Paese cresce il debito sarà comunque più sostenibile».
Insomma, siamo messi male?
«Sì, se continuiamo ad utilizzare i miliardi con disinvoltura. Non è possibile usare 5 miliardi per il cashback, che oltretutto è una misura immorale, perché significa restituire soldi a chi già ce l' ha».
GIUSEPPE CONTE E GIOVANNI TRIA
È contento di come stanno procedendo le quattro grosse partite industriali Mps, Alitalia, Autostrade e Ilva?
«Sono state gestite malissimo. E in molti casi il governo è intervenuto a gamba tesa in società quotate o spa disinteressandosi dello stato di diritto e delle regole del mercato. È questa la cosa che spaventa maggiormente gli investitori internazionali».
renzi conte triagiovanni tria giancarlo giorgettisalvini triatriatria zzzzzmario monti saluta giovanni triaMARIO DRAGHI E GIOVANNI TRIA
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
FLASH – IERI A FORTE BRASCHI, SEDE DELL’AISE, LA TRADIZIONALE BICCHIERATA PRE-NATALIZIA È SERVITA…
DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…