RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Guido Santevecchi per "www.corriere.it"
La Cina cambia ancora la pianificazione familiare. Il Politburo del Partito comunista ha deciso che ogni coppia potrà avere fino a tre figli «per migliorare la struttura della popolazione». L’annuncio arriva poche settimane dopo la pubblicazione dei dati del censimento tenuto nel 2020 che hanno rilevato un nuovo calo nelle nascite: l’anno scorso sono stati registrati circa 12 milioni di neonati, un calo del 18% rispetto ai 14,6 milioni del 2019.
Il «tasso di fertilità», il numero medio di figli per ogni donna, è caduto a 1,3 e quel livello indica la contrazione progressiva della popolazione. I cinesi sono 1,41 miliardi, ma di questo passo nel 2100 si ridurrebbero a un miliardo. Si è aperto uno scenario di diminuzione della forza lavoro, di aumento della popolazione anziana da sostenere, di sistema sanitario e pensionistico. Ecco il significato della nuova politica dei tre figli: un tentativo di riportare il tasso di fertilità a quota 2,1 per mantenere stabile la popolazione.
Come nacque la politica del figlio unico
Nel 1979 Pechino aveva imposto la legge del figlio unico: allora le famiglie cinesi avevano in media quattro figli e il peso di quelle bocche da sfamare rischiava di bloccare la grande rincorsa che ha portato la Repubblica popolare a diventare la seconda economia del pianeta. Nei villaggi di campagna comparvero striscioni con la scritta rossa: «Allevate più maiali e fate meno figli».
I milioni di aborti, e di sterilizzazioni
Nel 2015 la Commissione sanitaria nazionale pubblicò questi dati: in 36 anni i medici statali avevano praticato 336 milioni di aborti e sterilizzato 196 milioni di uomini e donne, oltre ad avere impiantato 403 milioni di spirali intrauterine.
I pianificatori dell’economia in quel 2015 scoprirono un nuovo rischio: la Cina rischiava di «invecchiare prima di diventare ricca».
Il fallimento della politica del secondo figlio (e il rischio per la nuova svolta)
Dall’1 gennaio del 2016 fu consentito il secondo figlio. Ma non c’è stato baby boom. Le nascite hanno continuato a calare. Un tratto di penna sulla norma del figlio unico non ha invertito la tendenza, anche la «libertà» di avere un terzo bimbo non riempirà le culle, a meno che il governo non metta in campo una politica di sostegno sociale.
LA POLITICA DEL FIGLIO UNICO IN CINA
Le coppie cinesi ormai si limitano a un bambino, molte non si permettono neanche quello. Le motivazioni sociali indicate dagli esperti di Pechino sono simili a quelle che annotiamo in Occidente: conciliare lavoro e famiglia è difficile; in molte coppie giovani il matrimonio e la possibilità di avere figli vengono visti come un ostacolo alla carriera; esodo dalle campagne che erano il grande bacino di figli (braccia per la terra e sicurezza di sostegno per i genitori quando fossero invecchiati); costo di case e istruzione in continua ascesa.
L’agenzia Xinhua ha lanciato un sondaggio volante online sulla nuova apertura: #SieteProntiperilterzoFiglio? Sulle prime 31 mila risposte, 29 mila sono state negative. Dopo pochi minuti l’agenzia statale ha pensato bene di eliminare il sondaggio.
Oggi in Cina la fascia di popolazione oltre i 65 anni rappresenta il 13,5% del totale, rispetto all’8,9% del 2010; entro il 2040 il 30% circa dei cinesi saranno ultrasessantenni. La popolazione in età lavorativa (tra i 15 e i 59 anni) è calata al 63% nel 2020, dal 70% del 2010.
Per continuare ad alimentare le catene di montaggio sarà necessario alzare l’età della pensione, che ora nell’industria è fissata a 60 anni per gli uomini e tra i 50 e i 55 per le donne. E per mantenere un bacino di consumatori che alimentino il mercato interno, il Partito chiede alle donne di dare più figli alla patria.
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