IL DESTINO DELL'UCRAINA SI DECIDE TRA WASHINGTON E MOSCA: LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È…
Benedetta Perilli per "d.repubblica.it"
Qual è il limite dell'empowering? Se lo sono domandati in tanti quando il marchio di prodotti di bellezza di Hong Kong Woke up like this, WULT, ha presentato la collezione speciale per il suo primo compleanno. Una linea di blush liquidi ispirati a donne che hanno fatto la storia.
Si chiamano "Dream like Melinda", per la filantropa Melinda Gates, "In Woolf's words", per la scrittrice Virginia Woolf, "Viva la Frida", per Frida Kahlo, "The ray of Rosalind", per la chimica Rosalind Franklin e infine "Dream like Anne", ispirato ad Anna Frank. Al costo di 38.50 dollari il fard - che ora è stato ritirato dalle vendite - è finito immediatamente al centro di una polemica social.
Associare un prodotto di bellezza alla giovane vittima dell'Olocausto, morta a soli 15 anni nel campo di concentramento di Bergen-Belsen e diventata tristemente celebre per il suo diario nel quale racconta la vita clandestina ad Amsterdam per sfuggire alle persecuzioni naziste, è stato considerato da molti una scelta offensiva.
Tra questi lo scrittore Ben M. Freeman che ha segnalato il caso e ottenuto, grazie alla sua campagna social, le scuse del brand. "Dare a un blush il nome di Anna Frank è disgustoso - ha scritto in un tweet - gli ebrei morti non possono essere un'opportunità di marketing, vergognatevi per non averlo capito e per aver promosso questa offesa".
A finire nello scandalo anche l'edizione di Hong Kong del magazine Time Out, colpevole di aver promosso la linea di prodotti di bellezza.
L'azienda WULT ha risposto con un comunicato nel quale spiega "di voler chiedere scusa a coloro che si sono sentiti offesi dal blush 'Dream like Anne' per le incomprensioni che il prodotto ha generato. Abbiamo il massimo rispetto per Anna Frank e non c'è mai stata l'intenzione di offenderla, insultarla o di fare soldi chiamando un prodotto con il nome di una figura storica la cui vita è stata tragicamente interrotta da eventi che hanno tirato fuori l'orrore dell'essere umano".
Grazie alla giusta presa di posizione dei social il prodotto è stato ritirato ma resta preoccupante la tendenza dei giovani, in particolare americani, nei confronti dell'Olocausto. Secondo uno sondaggio commissionato dalla "Conference on Jewish Material Claims Against Germany" due terzi dei giovani adulti americani (il 63%) non sanno che 6 milioni di ebrei sono stati uccisi durante l'Olocausto, e più di uno su dieci crede che gli ebrei abbiano causato l'Olocausto.
La proiezione, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 39 anni, rivela che quasi la metà (il 48%) non conosce nemmeno un campo di concentramento della seconda guerra mondiale. Il 23% ha affermato di credere che l'Olocausto fosse un mito, che sia stato esagerato, o di non esserne sicuri. Il 12% ha affermato di non aver assolutamente sentito parlare dell'Olocausto.
Non solo. Sempre sul tema ha fatto parlare la challenge emersa su TikTok nella quale i giovani partecipanti dovevano impersonare i sopravvissuti del genocidio nazista indossando abiti a righe, con il volto truccato come fosse segnato dalla malnutrizione, e raccontando di essere morti nelle camere a gas o sterminati nei lager. Apparso come un tentativo di sensibilizzazione sul tema, il trend ha generato reazioni negative tanto da spingere TikTok a cancellare l'hashtag #holocaustchallenge e tutti i contenuti collegati.
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