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TUTTI PAZZI PER IL MITO FRANCA LEOSINI: "MANTENGO RAPPORTI CON TUTTI GLI ASSASSINI” - “SE HO RICEVUTO PRESSIONI? SÌ, UNA VOLTA. I POLITICI NON VOLEVANO MANDASSI IN ONDA UN' INTERVISTA MA VIALE MAZZINI MI HA DIFESA. SAREI PRONTA AD ANDARMENE DALLA RAI SE METTESSERO IN ONDA REPLICHE DEL PROGRAMMA. DOPO ANNI C' È CHI SI È RIFATTO UNA VITA...”

Michela Tamburrino per “la Stampa”

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Le ragioni del trionfo che accompagna Franca Leosini sono note e spiegabili: grande preparazione, enorme lavoro, cultura affinata nello studio, capacità unica di portare lo spettatore al cuore della faccenda, autorevolezza. Ma ne esiste un' altra, subliminale, che l' ha resa icona.

 

E sta nel cortocircuito emotivo creato dalla discrasia immagine-contenuto. Leosini è, a guardarla, la signora della buona borghesia intellettuale napoletana (accostamento che la nostra detesta) sempre impeccabile, nella parola e nell' immagine. Però parla di terribili delitti, s'immerge nel sangue, nel dolore, con la sua mano sempre in movimento afferra il cuore e lo strizza. Aspetti t'offra un tè e invece ti propone la perdizione, altrui.

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«Immensa Leosini», è stato scritto di lei. Com'è diventata la regina del giallo?

«Ci sono approdata quasi per combinazione. Scrivevo per la pagina culturale del Tempo quando fui mandata a occuparmi del delitto di Anna Parlato Grimaldi, una nobile napoletana: accusata dell’omicidio fu Elena Massa, poi assolta con formula piena».

 

Lo vede? Delitto.

«Ma no, dovevo solo ricostruire un ambiente aristocratico napoletano che conosco bene nel quale si consumò l'omicidio, mischiato a quello del giornalismo, perché al Mattino di Napoli lavoravano i protagonisti della vicenda. Un caso che fece scalpore. All'epoca c'era Telefono giallo condotto da Augias. Lessero i miei pezzi, li apprezzarono e fui chiamata. Andai in video e ottenni ottimi riscontri. Angelo Guglielmi, allora direttore di rete, volle che io restassi».

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E così è nato un mito...

«Così è nato Storie maledette che va avanti dal 1994. Intanto mi ero resa conto che ad interessarmi enormemente è la psicologia umana, mi piace capire il percorso che ha cambiato la traiettoria di una vita, da normale quotidianità a tragedia. Infatti i protagonisti del mio programma non sono professionisti del crimine».

 

È l'idea che potrebbe accadere a tutti noi?

«Esatto. Anche per questo sono seguita da un pubblico trasversale che abbraccia diverse fasce sociali e generazionali. Pensi che i Leosinis, quelli del mio fan club, sono in gran parte ragazzi».

 

Ed è adorata dai gay?

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«La cosa mi rende orgogliosissima».

 

Il suo linguaggio non è facile.

«Non è povero ma viene ben assorbito anche dai giovanissimi».

 

Lei ama molto leggere ma non i gialli, è vero?

«Io, che mi definisco onnivora, non sono una lettrice di gialli. Mi piace la scrittura, sono attenta alle parole. Purtroppo oggi noto un appiattimento».

 

Autore preferito?

«Non ho un autore preferito come non ho una canzone preferita e un film preferito. Ci sono momenti storici nella vita in cui prediligi questo o quell' autore. Detto ciò, il Nabokov di Lolita è imperdibile. E lì si legge una frase che adoro: "Puoi sempre contare su un assassino per una prosa ornata"».

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Lei vede assassini ovunque. Momento di sconforto?

«Tanti ma amo talmente questo lavoro da far prevalere sempre la passione. Questa è la costante della mia vita, metto passione anche nella maionese. Mi è capitato che dopo aver lavorato su un caso per mesi, la persona non ne abbia voluto fare più niente. Consideri che sono autore unico della sceneggiatura e dell' intervista e che sono in grado di leggere e rileggere anche diecimila pagine di un processo. Per questo il prodotto è apprezzato e per questo non faccio più di poche puntate. Noi non paghiamo l'intervistato - eticamente sarebbe inaccettabile -, creo un rapporto di fiducia che può sempre saltare».

 

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Come sceglie «la vittima»?

«Anche per Ombre sul giallo , l'altro mio programma, l'intervistato lo scelgo in base alla tematica e alla persona che avrò davanti. Ho chiaro in mente che la parola basilare è rispetto, per loro e per i loro errori. Nessun giudizio, io vado a capire. Perciò scendono con me nell'inferno dei loro ricordi e in quel recipiente trovano baratri di dolore. Ognuno di noi ascoltando quelle storie ritrova un pezzo di sé».

 

Una sceneggiatura?

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«Uno psicodramma con una verità processuale che non è quella storica».

 

Pressioni?

«Sì, una volta. I politici non volevano mandassi in onda un' intervista. La Rai mi ha difesa».

 

Che cosa non accetterebbe mai?

«Sarei pronta ad andarmene se mettessero in onda repliche del programma. Dopo anni c' è chi si è rifatto una vita, che ha figli oramai grandi che ne possono rimanere turbati».

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Gira voce che stia girando un film nel quale interpreta se stessa. Strano per lei che si concede poco anche in televisione.

«Ho fatto eccezione in tv per Gruber, Gramellini, Giletti, Berlinguer. Non mi piace andare a dire la mia. Mai farei l'attrice ma, fosse vero, interpretare se stessi è altro».

 

Il caso che l' ha più coinvolta?

«Tanti e mantengo sempre i rapporti con tutti. Il collezionista di anoressiche da cui Matteo Garrone trasse il film Primo amore ; il nano di Termini, che diede spunto per L'Imbalsamatore , sempre di Garrone; Mary Patrizio che affogò il figlio nella vasca da bagno: ci piansi a telecamere spente; la circe della Versilia che ho sempre ritenuto innocente; Pelosi che ho aiutato fino all' ultimo; Luca Varani che da me confessò di aver sfregiato Lucia Annibali».

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Come si vive con Franca Leosini?

«In allegria. Sono positiva e questo mi salva dai cascami psicologici dati dal lavoro che faccio. Le mie schegge di umorismo diventano virali. Difetto? Sono perfezionista in tutto, pensi che solfeggio il testo della mia sceneggiatura come fosse uno spartito musicale».

 

Marito e figli che dicono?

«Scriveva Oscar Wilde: "Nessun eroe è tale per il proprio maggiordomo"».

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