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Conchita Sannino per “la Repubblica”
Aveva una “relazione amorosa” con una donna. Ma, stando alle conclusioni della Procura, l'aveva “accusata falsamente di atti persecutori pur sapendola innocente”. Ora c'è un atto ufficiale notificato alle parti: un avviso di chiusura indagini. E cadono parole pesanti sulla figura di don Luigi Merola.
Addirittura, stando alle carte depositate dai pubblici ministeri, il 42enne sacerdote avrebbe attivato quella denuncia per stalking e provato a “silenziare” la sua amica diventata ormai troppo gelosa e molesta, per evitare che, di quel legame, venisse a conoscenza non solo l'opinione pubblica ma anche “l'altra donna con cui aveva allacciato una relazione sentimentale”.
Si va verso la richiesta di rinvio a giudizio. L'accusa: calunnia, come rivelò lo scorso marzo “Repubblica” ripercorrendo la parabola di un protagonista nella stagione dei preti in prima linea. Scenario doloroso, oltreché imbarazzante, per il paladino anticamorra che ha investito tempo, risorse, attività pubbliche nell'assistenza ai bambini e alle famiglie ai margini. Ma ora, quasi un anno dopo, quella storia aperta proprio da lui con una denuncia per stalking contro una volontaria della sua ex parrocchia, diventa devastante boomerang.
Se fu “relazione”, come i magistrati ritengono, o solo rocambolesca amicizia tra don Luigi Merola e una madre di famiglia che abbiamo voluto chiamare con un nome di fantasia solo Roberta, poco importa. Per ora restano i cocci, e un triste braccio di ferro che finirà verosimilmente in un processo. È la traiettoria amara di un pastore dei bambini.
Tre pagine di contestazioni, un “avviso” che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio per l'ex parroco di San Giorgio Maggiore a Forcella, che dieci anni fa divenne simbolo del riscatto di quel rione dopo l'uccisione della quattordicenne Annalisa Durante; poi parroco alla zona Est, alla chiesa di San Carlo Borromeo alle Brecce, Gianturco, e ancora - mentre restava sotto protezione per denunce di minacce o intimidazioni subite - polemista acceso sul degrado di Napoli e il futuro dei ragazzini, e poi sostenitore di questa o quella parte politica, addirittura fustigatore di magistrati e difensore in pubblico di Berlusconi e Cosentino, ma anche - e per fortuna, soprattutto - energico promotore della fondazione “A' voce d' ' e creature”, accanto ai bambini delle famiglie più disagiate.
La vittima della presunta calunnia è la signora Roberta, sposata, due figli, più volte denunciata da don Merola per stalking, fino a essere sottoposta alla misura cautelare del “divieto di avvicinamento”. Un esito così inaspettato, per la donna, che Roberta si decide a vuotare il sacco con gli inquirenti: “Ora vi mostro - dice ai pm - che mentre lui veniva qui a raccontarmi come una 'matta' che metteva paura, continuava a incontrarmi, anche in albergo”.
Una tesi che don Merola, difeso dagli avvocati Domenico Ciruzzi e Cesare Amodio, ha sempre respinto: “Ci siamo visti qualche volta ma da conoscenti o amici, basta - ha raccontato in sintesi, don Merola, anche nell'interrogatorio del marzo scorso dinanzi ai pm - Sì, è vero che l'ho incontrata in parrocchia a Gianturco, ma non avevo una doppia vita. A ripensarci adesso, anzi, ritirerei tutto, anche le mie denunce. Io non ho mai voluto fare male a quella donna”.
Racconta invece un'altra storia l'avviso di chiusura indagini notificato a don Merola 48 ore fa, in calce la firma del pm Stella Castaldo e del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, autori di un'indagine di due anni, condotta con particolare equilibrio e riserbo, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Luigi Frunzio e del procuratore capo Giovanni Colangelo.
Scrivono i magistrati che don Merola, presentando denunce per ben cinque volte contro Roberta, dal 28 gennaio al 16 maggio del 2013, accusandola di “atteggiamenti persecutori ed ossessivi” tali da averlo “costretto a mutare il suo stile di vita”, da aver ingenerato in lui “stati di paura, ansia e timore di discredito”, l'aveva calunniata “sapendola innocente”. Per i pm, difatti, Merola aveva “omesso di precisare: che gli atteggiamenti di gelosia” di Roberta “dipendevano dalla relazione nata nell'aprile del 2011 e proseguita fino al maggio 2013 (epoca successiva alle denunce rese)”.
Che incontrava Roberta “per intrattenere” i suoi rapporti “dapprima in parrocchia, poi in pubblica via presso il seminario, e all'interno di una struttura alberghiera”. Contatti che don Merola alimentava nel frattempo “su altre utenze telefoniche che ometteva di dare” agli investigatori. Una ricostruzione che, anche al di là del merito, ha fatto replicare a muso duro i suoi legali: “Che cosa cambia, ammesso e non concesso che ci sia stato un affetto da parte di uno o di tutti e due?”. L'avvocato Ciruzzi ha sottolineato in particolare: “Forse, tra due ex coniugi o tra ex fidanzati, la legge non prevede che uno dei due possa commettere atti di stalking?”.
Dura in ogni caso la conclusione della Procura, che introduce anche un nuovo elemento: quello di una seconda presenza femminile nella vita (top secret) di don Merola. Il prete avrebbe agito così “per indurre” Roberta “al silenzio al fine di evitare che lei portasse a conoscenza di terzi - e dell'altra donna con cui aveva allacciato una relazione sentimentale - il rapporto che vi era stato tra loro”. Come di rito, don Merola potrà presentare una sua memoria entro 20 giorni. Poi, potrebbe finire in Tribunale la parabola amara del pastore dei bambini.
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