RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto dall'articolo di Federica Cravero per ''la Repubblica''
«Mi sono separata quando Samuele aveva sei anni e mezzo, me ne sono andata di casa perché il padre non era una persona responsabile. Quell'uomo me lo ha rovinato da ragazzo e me lo sta rovinando anche adesso perché sta uscendo un'immagine non vera di Samuele».
Parla con una pacatezza sofferta Sonia, la madre del giovane torinese ucciso a 25 anni in Versilia da un mix di cocaina, hashish e alcool consumati assieme al padre, Gerardo Ventrella, 54 anni, finito in coma. Li hanno trovati riversi a terra, per strada, in due strade diverse della località. «Mi hanno chiamato dall'ospedale dicendomi che mio figlio era stato ricoverato, poi un medico mi ha detto che era morto. È stato come se mi avessero gettato dell'acqua gelata addosso. Aveva trovato un lavoro stabile, era andato a vivere da solo, voleva prendere la patente... Invece non è più tornato».
Sapeva che era andato a Lido di Camaiore dal padre?
«Sì, ed ero preoccupata. Tutte le volte che lo vedeva c'erano problemi. L'ultima volta un paio di anni fa era stato aggredito. Non volevo che andasse, avevamo anche pensato di andare per le vacanze in Marocco con il mio secondo marito e i due fratellini, ma è arrivato il Covid. Mi sono raccomandata almeno che non andasse in Versilia da solo. Allora è partito con un cugino di vent' anni, che ora è sotto shock».
Perché lei aveva paura che frequentasse il padre?
«Perché aveva una cattiva influenza su di lui. Io gli dicevo "guarda che papà non cambierà mai, ci ho provato io e non ci sono riuscita, non fare gli stessi errori". La droga c'è sempre stata nella vita di mio marito. Le liti erano per questo. Quando trovavo delle bustine, buttavo tutto nel gabinetto, ma lui non cambiava mai. Per un periodo era stato in carcere. A Samuele mancava molto e quando è uscito ho cercato di ricostruire qualcosa, ma alla fine me ne sono andata».
Temeva che il padre lo portasse sulla strada della droga?
«Samuele mi diceva tutto, mi aveva detto che si era fatto le canne e io lo mettevo in guardia: "Pensa a tuo padre". Ma non era un tossicodipendente: da un anno lavorava in una ditta di stampaggio, gli facevano i controlli antidroga per l'uso delle macchine ed è sempre risultato negativo».
E il libro sulla droga scritto da Gerardo per il figlio?
«Io mi arrabbiai tantissimo, non doveva metterlo in mezzo. Ma Samuele credo che fosse orgoglioso, si era sentito importante agli occhi del papà, che era il suo idolo. Il padre gli diceva "ho fatto la galera per te, ho fatto la vita di strada", come se ci fosse di che vantarsi».
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