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“CI FU UNA BATTAGLIA AEREA TRA AMERICANI E LIBICI INTORNO AL DC9” – LA PAROLE DEL SUPER TESTIMONE DEL QUARTIER GENERALE DELLA NATO CHE HA PARLATO CON I MAGISTRATI DI ROMA DELLA STRAGE DI USTICA (I CUI RESPONSABILI RESTANO IGNOTI PERCHE' NESSUNO HA PERMESSO DI IDENTIFICARLI) – LE MOTIVAZIONI DELLA PROCURA ALLA BASE DELLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE: “FRANCIA E USA NON HANNO COLLABORATO ALL’INCHIESTA” – COSSIGA NEL 2007 DISSE: “IL DC9 È STATO ABBATTUTO DA UN CACCIA PARTITO DALLA PORTAEREI CLEMENCEAU. L’OBIETTIVO ERA GHEDDAFI”
Lirio Abbate per “la Repubblica” - Estratti
C’è un super testimone del quartier generale della Nato che ha parlato della strage di Ustica con i magistrati di Roma.
Ma c’è soprattutto la verità sulla causa che ha determinato l’abbattimento del Dc9 Itavia nelle oltre quattrocento pagine con le quali i pm Francesco Lo Voi ed Erminio Amelio hanno motivato la richiesta al gip di archiviare l’inchiesta. Restano ignoti i responsabili. Non perché irreperibili, ma perché nessuno, a partire dai Paesi alleati, ha permesso agli inquirenti di identificarli.
Quel che compare in quest’ultimo atto sono i nomi di chi ha mentito, di chi ha depistato. E intercettazioni e testimonianze mai rivelate. I Paesi che hanno fatto finta di collaborare e, ancora, i documenti desecretati. È il contorno torbido e internazionale di una strage che ha provocato 81 vittime la sera del 27 giugno 1980.
Nel 2007 è Francesco Cossiga a rompere un silenzio durato decenni. Davanti al pm dice: «Il Dc9 è stato abbattuto da un caccia partito dalla portaerei Clemenceau. L’obiettivo era Gheddafi».
Le sue parole trovano eco nella recente intervista a Repubblica di Giuliano Amato, che chiama in causa i francesi. Antonio Maccanico, ex segretario della presidenza della Repubblica, ricorda anche un Pertini sgomento: «L’aeronautica non controllava lo spazio. Non poteva sapere cosa fosse successo ». Alle rogatorie francesi e americane, risposte evasive, incomplete o secretate. I giornali di bordo delle portaerei? Parziali. I tracciati radar? Spariti. Le registrazioni? Distrutte.
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Ma in mezzo a questi intrecci emerge una voce che modifica la prospettiva: è quella di Giovanbattista Sparla, che quella sera prestava servizio nella sala operativa Shape della
Nato a Casteau, in Belgio, come addetto dell’aeronautica militare. È lui il supertestimone che la procura ha cercato per anni. È lui che ha rivelato ciò che per decenni in tanti hanno negato: quella sera, nei cieli sopra Ustica, si stava combattendo una guerra. E l’aereo è stato abbattuto.
AEREI FRANCESI SULLA PORTAEREI CLEMENCEAU
«Il Dc9 è rimasto coinvolto nella battaglia tra gli aerei americani e libici, uno dei quali avrà sganciato un missile che per errore ha colpito il velivolo civile. Ricordo di aver parlato con alcuni dei miei colleghi che erano in servizio quella sera a Marsala e questi, quando seppero che io lavoravo a Shape, mi dissero “allora tu sai tutto quello che è successo”», dice Sparla. L’uomo ha raccontato di un’esercitazione Nato, nome in codice Exercise South.
Ha detto che nei tabelloni della sala operativa comparivano anche aerei francesi e americani. E ha aggiunto che la sera della strage, al centro Shape, tutti sapevano cosa era successo. Nessuno, però, ha mai avuto il coraggio di dirlo. È l’unico a dire che quella sera non fu una sera qualunque. Lo ha fatto in due verbali nel 2005 e nel 2009. Le autorità militari interpellate — francesi, americane, belghe — hanno negato.
GIULIANO AMATO - INTERVISTA A REPUBBLICA SULLA STRAGE DI USTICA - 2 SETTEMBRE 2023
«Nessuna esercitazione». Ma le parole di Sparla hanno trovato conferme durante le indagini. Da altri militari, civili, tecnici radar, da chi, senza conoscersi, ha indicato la stessa verità: c’erano navi e velivoli militari.
Le indagini, come scrive la procura, sono state fatte «nell’unico interesse che è stato sempre quello della ricerca “della verità” e non di “una verità”, il tutto mediante un’azione investigativa diretta a soddisfare l’interesse primario e insopprimibile della giustizia e non un agire funzionale a “garantire” interessi di altro tipo».
L’inchiesta ha raccolto oltre trenta testimonianze. Ha varcato i confini con decine di rogatorie: alla Nato sono state inviati 15 quesiti; agli Stati Uniti 21; alla Francia 8 ; e poi al Belgio, alla Germania, alle autorità libiche e al Canada. Nessuno ha dato indicazioni di nomi di piloti o militari impegnati quella sera sopra il mar Tirreno, dove si è combattuto una guerra. E un aereo civile è stato abbattuto.
Ma i responsabili restano protetti. I nomi occultati, inaccessibili. Il missile? Plausibile. L’attacco? Verosimile. Ma chi ha premuto il pulsante, resta ignoto. Così la procura ha chiesto l’archiviazione: il gip ha fissato un’udienza il 26 novembre per decidere. Ma in quelle 434 pagine c’è un atto d’accusa.
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