DAGOREPORT – NEL NOME DEL FIGLIUOLO: MELONI IMPONE IL GENERALE ALLA VICEDIREZIONE DELL’AISE.…
1 - IL MAGO DEL SOTTOSUOLO CHE HA FATTO IL MIRACOLO CON I SOMMOZZATORI STAR
Estratto dell’articolo di Raimondo Bultrini per “la Repubblica”
Si chiama Vern Unsworth, è inglese e da diversi anni vive con una moglie thai nella città di Chiang Rai a meno di un' ora dalle grotte di Tham Luang. È l' uomo che ha permesso col suo bagaglio di conoscenze di ritrovare in tempi relativamente brevi, viste le circostanze, i 12 atleti di una squadra di calcio locale e il loro allenatore dispersi per 10 giorni in queste cavità alluvionate.
(…) Mr Vern si è chiuso in silenzio nella sua "war room" dove ha elaborato i calcoli (…) che hanno rivoluzionato l' approccio delle ricerche e condotto al ritrovamento dei ragazzi. Per lui, ci risponde l' amico thai Chaiyon Srisamut, funzionario dell' ufficio del governatore di Chiang Rai (…).
«(…) grazie alla sua instancabile passione di speleologo per la quale lo prendevamo in giro, ha salvato 13 vite», dice orgoglioso Srisamut. «Vern aveva esplorato in lungo e largo per anni le grotte che intrappolano i ragazzi, ma sempre nella stagione secca (…)».
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«Per questo - prosegue Chaiyon - è stata ancora più sorprendente la sua abilità di calcolare la posizione del gruppo usando per la prima volta nelle colline della foresta di Nan Nong un mappatore Gps che piazzò di fianco all' ingresso della grotta mentre i militari impazzivano dietro a mappe per loro stessa ammissione approssimative, dove non c' era nemmeno il tunnel usato poi dai soccorritori e descritto da Vern.
E il bello è che all' inizio non volevano dargli retta. Ero lì quando propose di convocare urgentemente da Londra i tre migliori specialisti di immersioni in grotta del mondo, perché era soltanto attraverso l' acqua, e non perforando la montagna, che si sarebbero potuti raggiungere i luoghi più difficili. (…)».
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«Il governatore - spiega l' ufficiale - non voleva assolutamente rischiare la vita degli stranieri, anche se Vern gli garantiva che i tre erano anche suoi amici e contava non solo sulla loro indiscussa bravura, ma anche sul loro coraggio e sul cuore tenero dei "salvatori di professione". Fu così che, di fronte alla sicurezza e alla competenza di Vern, il governatore ordinò alla Marina thai di farsi assistere dal trio di sub britannici Robert Charles Harper, Richard Williams Stanton e John Volanthen. Gli stessi che hanno scovato la nicchia dove c' era un tempo la vasta "Pattaya beach" e dove si supponeva che si trovassero i dispersi».
«Vern ha eseguito i suoi calcoli - spiega Chaiyon - pensando proprio a quello che avrebbero incontrato i suoi amici nel cammino, con un misto di intuizione, supporto dei posizionatori satellitari e conoscenza dei posti (…)».
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«Così Vern ha potuto intuire - prosegue Chaiyon - che per aiutare i sub a passare in sicurezza nei tunnel irregolari e stretti dell' ultimo tratto a 3 chilometri e mezzo dall' entrata, le deboli pompe di drenaggio già in funzione non sarebbero bastate ad abbassare i livelli d' acqua e fango. Livelli che in caso di lunghe immersioni avrebbero di certo ostacolato la visuale e la capacità di movimento dei sub. (…) Il governatore (…) ha acconsentito a distruggere una parte dell' alveo secolare del fiume sotterraneo per far fuoriuscire l' acqua verso i campi di riso, anche se questo è potenzialmente in contrasto con le leggi di difesa dei parchi. Ma, come previsto dallo stesso Vern, ora l' acqua defluisce molto più rapidamente e soltanto così si potuto arrivare dove tutto il mondo sa. Più l' acqua se ne va, più le speranze aumentano».
(…) «Ora lo considerano una specie di mago (…)».
2 - NON SANNO NUOTARE. L' IPOTESI DI TRASPORTARLI COME «PACCHI» ADAGIATI SU UNA BARELLA
Francesco Giambertone per il “Corriere della Sera”
Rick e John riemergono dalla cava accolti come eroi, ma sanno che la loro missione è appena cominciata. Non è la prima fianco a fianco per Rick Stanton e John Volanthen, il pompiere di Coventry e l' ingegnere informatico di Bristol, i due cinquantenni britannici che «per hobby» s' immergono nelle grotte più buie e profonde al mondo: in Francia, Spagna, Messico, vanno giù per «il gusto di farlo» o perché chiamati da un governo a recuperare un corpo o a salvare delle vite, sempre da volontari.
Finita la corsa contro il tempo per trovare i ragazzini nella grotta di Tham Luang, è il momento di capire come tirarli fuori: comincia ora la partita a scacchi contro il cielo e la montagna thailandese per provare a batterli in astuzia e abilità.
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Le difficoltà sono moltissime: la squadra di calcio si trova a circa 2,2 chilometri dall' ingresso della cava, che - ha confermato il ministro dell' Interno Anupong Paojinda - è anche l' unica via d' uscita al momento. Per raggiungerla i ragazzi dovranno seguire al contrario lo stesso percorso dei sommozzatori, in gran parte sommerso, soprattutto in un lungo e stretto passaggio fangoso dove l' immersione è risultata complicatissima anche per i due esperti della Regina.
In più, sono previste altre pesanti piogge e il drenaggio coi tubi difficilmente basterà a svuotare ogni «stanza» dall' acqua, per cui la cava tornerà percorribile a piedi solo una volta che si sarà asciugata. Quindi, temono i soccorritori, tra quattro mesi.
In questo quadro le possibilità allo studio sono soprattutto due, diversamente rischiose: intervenire subito o aspettare.
Il piano A prevede che i ragazzini, molto deboli e nessuno dei quali capace nemmeno di nuotare, imparino i rudimenti delle immersioni e affrontino i fiumi di fango insieme ai soccorritori. «Difficile e molto pericoloso - ha spiegato il ministro thailandese -, se qualcosa va storto potrebbero rimetterci la vita».
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Ma per Stanton non sarebbe il primo tentativo: nel 2004 insegnò a sei soldati britannici a fare sub, per recuperarli uno alla volta da una cava di Cuetzalan, in Messico. Ci mise nove ore ma fu «il mio più grande successo», spiegò quando la Regina lo rese Cavaliere dell' Impero britannico. «E forse c' è una variante - spiega al Corriere Bill Whitehead, vicepresidente del British Cave Rescue Council di cui i due sub fanno parte -, cioè trasportare i ragazzi come "pacchi": li si attrezza da sub, con maschere che coprono tutta la faccia invece del solo respiratore per la bocca. Poi li si mette sdraiati su una sorta di barella, attaccati alla bombola, con pesi per regolarne la galleggiabilità».
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Potrebbero volerci un paio d' ore l' uno, se tutto va bene. «Ma dipende dalle condizioni: in quella cava - racconta Whitehead - i passaggi sono stretti, la visibilità è ridotta e il flusso dell' acqua è forte. Non è detto che si possa fare, e in più hanno poco tempo».
La decisione finale spetta ai militari thailandesi, che valutano un piano B: curare i ragazzi lì sotto e aspettare, potenzialmente fino a novembre. L' obiettivo primario, ora che i giovani hanno bevande nutrienti, antidolorifici e due medici a monitorarli, non è tirarli fuori il prima possibile, ma farlo in modo sicuro. E al momento non ce n' è uno.
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