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Umberto Veronesi per Corriere della Sera
Mi chiedono talvolta che cosa sia la morte per me, se ci penso spesso. Fin da bambino, cresciuto in una cascina alla periferia di Milano, in una famiglia patriarcale, la morte si è presentata col volto di persone a me care: prima quella del nonno, poi di uno zio, e poi quella del papà, quando avevo sei anni. La ricordo come un fatto naturale: avveniva in casa, non tra le pareti estranee di un ospedale.
Ricordo come la mamma, ma anche le vicine, preparavano amorevolmente la salma, ricordo la veglia trattenuta di sospiri dolenti, il rosario recitato tutti insieme. E per un mese le donne vestivano a lutto e tutti portavamo la fascia nera al braccio, che ora non si usa più, perché oggi la morte si tende a nasconderla, e il malato lo si lascia morire, solo, in ospedale.
Poi la morte l' ho vista in faccia, quando avevo diciotto anni, c'era la guerra e una mina esplose vicino a me. Per mesi la morte si è accovacciata in attesa ai piedi del mio letto, in un ospedale dove vedevo morire ogni giorno le persone accanto a me. Molte notti mi ha fatto compagnia.
Da allora la morte non mi fa paura, non perché vi sia scampato ma perché, come dice Epicuro, quando ci siamo noi lei non c' è e quando c' è lei non ci siamo più noi, che non è una proposizione consolatoria, ma, a mio giudizio, è un «punto alto» di pensiero: ha precorso di molti secoli le teorie scientifiche che fanno coincidere l' essenza della vita con la coscienza del sé.
Poi la morte l' ho combattuta, tutte le volte che si è accanita contro un mio paziente. L' ho contrastata con le armi della scienza, e anche con la pietà, quando essa si annuncia nello strazio di un dolore indicibile, che annienta ogni parvenza di dignità umana. Scegliere per chi amiamo l' eutanasia può essere un gesto di coraggioso amore, una dimostrazione che il nostro amore per la sua vita, ora sofferente, va oltre il nostro bisogno della sua presenza. L' eutanasia, prima di essere eutanasia, è comprensione assoluta, è quell' amore che sempre dovrebbe esserci tra un uomo che soffre e chi lo assiste.
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