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UFFICIO SINISTRATI – VETI, VELENI E RICATTI: STALLO MESSICANO NEL PD - FRANCESCHINI FISSA L’IDENTIKIT DEL NUOVO SEGRETARIO: “UN LEADER VERO, NON UN REGGENTE” – AUMENTA IL PRESSING SU ENRICO LETTA (CHE PERO’ DICE: “FACCIO UN’ALTRA VITA E UN ALTRO MESTIERE”) – E ZINGARETTI? TORNERA' AL NAZARENO SOLO SE RICEVERA’ LA RICHIESTA DI RESTARE DAL 90 PER CENTO DEI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE (È PREVISTA PER IL 13 E 14 MARZO) – IL DAGO-RETROSCENA

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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

 

nicola zingaretti

Il Partito democratico è ancora sotto choc per le traumatiche dimissioni di Nicola Zingaretti. Il segretario ha fatto capire ai vertici del partito di essere pronto a «favorire una soluzione per rilanciare i dem». Il che significa che non farà niente per ostacolare l'individuazione di un nome per la sua successione. Anzi. «Basta polemiche», esorta infatti Zingaretti. Ma l'onere di trovare il nuovo leader spetterà agli altri, ossia ai capicorrente della maggioranza che ha fin qui guidato il Pd.

 

Ma il rischio è quello che alla fine si vada a una sorta di «re travicello» che duri solo qualche mese. Un pericolo su cui Dario Franceschini ha dato l'allarme ai suoi: «Dobbiamo eleggere un segretario che duri almeno un anno, che ci porti alle elezioni amministrative, che gestisca una maggioranza di governo complicata come l'attuale. Non esiste che si vada a un reggente provvisorio. Abbiamo bisogno di eleggere in Assemblea nazionale un segretario il più autorevole possibile che ci guidi fino al congresso». Un identikit che sembra corrispondere perfettamente a Enrico Letta, su cui infatti il pressing dei dem è fortissimo. «Ci vuole uno come lui», dicono molti esponenti del partito.

dario franceschini 6

 

Base riformista, il correntone di minoranza guidato da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, è disponibile all'idea di far convergere i suoi voti su un candidato che possa rappresentare tutto il partito, ma aspetta che sia la maggioranza a offrire una soluzione possibile. Però la verità è che un nome non c'è ancora. Infatti i due principali azionisti di riferimento della maggioranza che ha eletto Zingaretti, cioè Andrea Orlando e lo stesso Franceschini, non sono riusciti ancora a mettersi d'accordo.

 

enrico letta lascia palazzo chigi tra gli applausi

Il primo ha caldeggiato due nomi: quello di una donna come Anna Finocchiaro o di un giovane come l'ex ministro per il Sud Giuseppe Provenzano. Mentre per Area dem, la componente che fa capo a Franceschini, inizialmente erano state avanzate due possibili candidature: Roberta Pinotti e Piero Fassino. Mancano pochi giorni all'Assemblea nazionale del Partito democratico prevista per il week end e una soluzione si dovrà pur trovare. Certo, si potrebbe far sempre slittare la riunione del parlamentino, ma la preoccupazione è quella di dare, con il rinvio, un ulteriore segnale di debolezza del partito.

enrico letta

 

Un altro nome che è circolato in questi ultimissimi giorni è quello dell'ex ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Insomma, tante ipotesi, qualche autocandidatura, ma, fondamentalmente, è ancora il caos dentro il Pd. Per questa ragione nel partito c'è chi spera ancora che Zingaretti, che proprio ieri ha ripreso la tessera del Pd, possa ripensarci. Il segretario dimissionario, però, non sembra affatto intenzionato a tornare sui suoi passi. E lo ripete a ogni interlocutore. «Io ho chiuso, non con la politica, certamente, ma con questa esperienza si», ha spiegato a tutti gli esponenti dem il presidente della Regione Lazio.

 

 

 

 

CECILIA D'ELIA NICOLA ZINGARETTI ANDREA ORLANDO

PD, CONGRESSO ONLINE SI SFILA ENRICO LETTA GUALTIERI NEL TOTO-NOMI

Carlo Bertini per "la Stampa"

 

Enrico Letta si sfila, «ma non del tutto dai», dice un dirigente all'altro. Lui sì, metterebbe d'accordo tutti. Anzi no: gli ex renziani lo vedono come il fumo negli occhi. «Veltroni di nuovo leader? Non ci starà mai». La ligure Roberta Pinotti ok, «ma non è gradita allo spezzino Andrea Orlando». Il quale «sarebbe la soluzione più naturale...è il numero due!» argomentano i suoi.

 

No, Dario Franceschini non può accettarlo come candidato unitario, perché capo della corrente avversa. «Lo stallo messicano» rende bene l'idea: i big di un partito privo del capo si controllano a distanza con la pistola puntata. L'Assemblea di sabato dovrà eleggere un nuovo segretario e il gioco dei veti incrociati delle correnti impedisce qualsiasi candidatura unitaria per guidare il Pd.

 

NICOLA ZINGARETTI

L'uscita dalla D'Urso irrita i big Anche perché c'è il rischio che chi salirà al trono sabato, ci prenda gusto e resti fino alla scadenza congressuale di fine 2023, tenendo in mano lo scettro più ambito: la penna per segnare e cancellare nomi sulle liste elettorali. E distribuire posti di potere. Mica poco. Per questo si darà un incarico a tempo determinato. Una sorta di segretario precario come un rider. Nicola Zingaretti si gode lo spettacolo da fuori: si è preso la tessera ieri, come un militante qualunque; ha fatto imbestialire i big per essersene andato «a ridere di noi» dalla D'Urso, «dopo averci lasciato nei guai» e per «aver dato le dimissioni su Facebook».

 

NICOLA ZINGARETTI DIMISSIONARIO IN VERSIONE DAFT PUNK

Ha ringraziato molti (da Oddati alla De Micheli) che gli sono stati vicino, ma guarda caso non i capigruppo Marcucci e Delrio. Ed ha avvisato i fedelissimi di piantarla con la storia del colpo di teatro in assemblea per reinsediarlo al trono: «Ora tocca agli altri, ci sarà la forza di fare chiarezza dove io non sono riuscito». Frase che taglia le speranze di chi, ormai privo di incarichi, pensa di rilanciare la sua candidatura in un congresso on line tra iscritti ed elettori. Peccato che tale rivoluzione gli avversari di Base riformista non la accettino e scatti un'altra guerra sotterranea. Congresso a inizio 2021 Qualunque futuro segretario ha un compito da far tremare i polsi.

marianna madia debora serracchiani raffaele cantone foto di bacco

 

Un partito che di qui a quando si celebrerà il congresso (forse inizio 2022), dovrà stringere accordi e tessere alleanze, per non perdere le grandi città italiane (in primis Roma) in autunno. Il tutto mentre la concorrenza «in casa», quella dei 5stelle, si muove eccome: Giuseppe Conte lavora al piano di rilancio dei 5stelle, Beppe Grillo addirittura si candida lui a conquistare il Pd. Ecco perché l'Assemblea del 13 marzo non sarà rinviata: non si può correre il rischio che il comico «venga a occupare il Nazareno».

 

NICOLA ZINGARETTI

Tutti hanno fretta di uscirne. L'area che si riconosce in Zingaretti ha una rosa di nomi: la coordinatrice delle donne, Cecilia D'Elia, Giuseppe Provenzano, (gradito a Orlando e quindi di parte). Roberto Gualtieri, finora dato in predicato per la candidatura a sindaco di Roma e Anna Finocchiaro. L'Area dem di Franceschini ha Pinotti e Piero Fassino. Poi ci sono gli outsider. Una di queste è Debora Serracchiani, che benedice «la rivoluzione della vittoria dei Maneskin a Sanremo, come se diventasse segretario del Pd una donna». E invoca «uno scatto di responsabilità. Non mi tiro fuori, non ci sto a lasciar sfarinare il Pd o a farlo colonizzare...».

NICOLA ZINGARETTILE DIMISSIONI DI NICOLA ZINGARETTI BY OSHO