iran - bruciata in piazza la bandiera americana e quella britannica

IL BUSINESS DELL’ODIO - VICINO TEHERAN C’È UNA FABBRICA SPECIALIZZATA NELLA PRODUZIONE DI BANDIERE AMERICANE, BRITANNICHE E ISRAELIANE DA BRUCIARE NELLE MANIFESTAZIONI DI PIAZZA ORGANIZZATE DAL REGIME...

Daniel Mosseri per “Libero quotidiano”

IRAN - BRUCIATA IN PIAZZA LA BANDIERA AMERICANA

 

La differenza l' ha fatta l' abbattimento del Boeing 737 della Ukraine International Airlines da parte della contraerea iraniana lo scorso 8 gennaio. Durante le manifestazioni inscenate per protesta contro il regime responsabile della morte dei 167 passeggeri e nove membri dell' equipaggio, gli studenti dell' Università Beheshit di Teheran non hanno camminato sopra le bandiere statunitense e israeliana disegnate su un vialetto dell' ateneo proprio per essere calpestate.

 

Come si è potuto vedere nei video circolati sui social media, gli iscritti all' università si sono attentamente tenuti ai lati, evitando di passare con le scarpe sopra ai simboli dei due Paesi; altri hanno addirittura fischiato e protestato contro i pochi colleghi barbuti, fieri invece di calpestare i due stendardi. Perché l'oltraggio alla bandiera degli Usa e di Israele - rispettivamente il grande Satana e il piccolo Satana secondo la definizione del padre della Repubblica islamica, Ruhollah Khomeini - è ormai uno sport nazionale in Iran. Più correttamente è uno sport largamente praticato nel mondo arabo e islamico ma in cui la Persia eccelle.

 

LA CITTÀ DI KHOMEINI

Le immagini di manifestanti che saltano sopra la bandiera a stelle e strisce o su quella con la stella di David finendo per bruciarle non si contano. Ma in Iran, un Paese colpito da dure sanzioni della comunità internazionale che affossano l' economia, c' è chi ha pensato di sfruttare l' animosità contro i due "Satana" per fare affari.

IRAN - BRUCIATA IN PIAZZA LA BANDIERA AMERICANA

 

È stata la Reuters a svelare che a Khomeyn, città 320 km a sud di Teheran, la fabbrica di bandiere "Diba Parcham" si è specializzata proprio nella produzione di stendardi dei due Paesi nemici. Duemila bandiere statunitensi e israeliane escono dai telai dello stabilimento, seguite anche da un buon numero di Union Jack britanniche, ha aggiunto il Guardian ricordando che la Gran Bretagna è un altro Paese sommamente inviso al governo iraniano.

 

Un nome, un destino, Khomeyn è anche la città natale dell' ayatollah Khomeini: è quindi forse naturale che la fabbrica da un milione e mezzo di metri quadri di bandiere all' anno sia sorta in quel luogo.

 

«SONO SOLO AFFARI»

IRAN - BRUCIATA IN PIAZZA LA BANDIERA AMERICANA E QUELLA BRITANNICA

Il proprietario della manifattura, Ghasem Ghanjani, è stato onesto, e alla stampa internazionale ha dichiarato che alla Diba Parcham «non abbiamo alcun problema con il popolo americano e quello israeliano». Attento a non finire vittima della repressione, Ghanjani ha subito aggiunto che gli iraniani hanno invece un problema con i dirigenti delle due entità straniere. «Abbiamo un problema con i loro presidenti, con la loro politica sbagliata».

 

Conclusione: «Se la gente brucia le bandiere di questi Paesi in diverse manifestazioni è solo per protesta». Più diretto e spigoloso si è invece mostrato il responsabile del controllo qualità della fabbrica, identificato solo con il nome di Raize.

 

«Rispetto alle azioni codarde degli Stati Uniti come l' assassinio del generale Qassem Soleimani, bruciare una bandiera americana è solo il minimo che si possa fare». Parole che non stupiscono: i due manager proteggono il loro business approfittando del fuoco propagandistico antiamericano e antisionista, dottrine ufficiali del credo khomeinsta al potere ormai dal 1979.

IRAN - PROTESTE DI PIAZZA CONTRO GLI STATI UNITI

 

Nei video che arrivano in Occidente, di norma le bandiere sono prima calpestate, poi inzuppate nella benzina made in Iran e infine bruciate. Purtroppo per il governo e per i poderosi interessi economici dei Guardiani della Rivoluzione (i pasdaran), per appiccare il fuoco alle bandiere dei nemici bastano poche gocce di benzina. Troppo poca per ridare fiato al settore della raffinazione del petrolio, un' industria messa in difficoltà dalle sanzioni occidentali che impediscono a giganti come Eni e Total di venire in soccorso dell' Iran. Per ora il tessile delle bandiere regge e fa notizia. Ma le passeggiate ai bordi delle bandiere osservate all' università della capitale dovrebbe impensierire gli imprenditori di Khomeyn. Dopo 40 anni di sforzi del regime, l' antiamericanismo e l' antisionismo militanti mostrano le prime rughe anche nella Repubblica islamica.