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Azzurra Barbuto per “Libero Quotidiano”
gli italiani non sanno l'inglese
«Il giorno della fine non ti servirà l' inglese», cantava Franco Battiato ("Il re del mondo"). Del resto, non è difficile ipotizzare che in procinto del trapasso la conoscenza di una lingua straniera non salvi la vita e che nell' aldilà troveremo comunque il modo di spiegarci. Tuttavia, gli italiani riescono a farne a meno nel corso della loro intera esistenza, ove consideriamo che nel Belpaese non soltanto la classe dirigente ha poca dimestichezza con l' idioma più parlato in Occidente, (basti pensare a come incespica il ministro degli Esteri Gigino Di Maio persino allorché deve ricorrere al congiuntivo, figuriamoci al genitivo sassone), bensì gli abitanti della penisola tutti, da Nord a Sud, manifestano scarsa disinvoltura nell' utilizzo dell' inglese nonché nel farsi comprendere, in generale, da coloro che non masticano l' italiano. Insomma, il livello del nostro inglese è: "non pervenuto".
meme su luigi di maio ministro degli esteri
Secondo il report annuale dell' EF EPI (English Proficiency Index), la padronanza di codesta lingua internazionale da parte della popolazione nostrana è tra le più basse in Europa: siamo al trentaseiesimo posto della classifica mondiale e al ventiseiesimo di quella europea, con uno stacco di venti punti rispetto a Paesi quali Olanda, Svezia, Norvegia e Danimarca. Nelle aree metropolitane la situazione migliora, ossia è più comune imbattersi in gente che dimostra dimestichezza con le lingue straniere, soprattutto quella inglese.
SUD NON PERVENUTO
matteo renzi parla inglese shish
Eppure, persino Milano, capitale finanziaria d' Italia, sita nel cuore dell' Europa e periodicamente teatro di eventi di portata globale come le settimane della moda, è collocata al trentacinquesimo gradino della graduatoria delle grandi città in cui parlare in inglese è ricorrente. Più in fondo è menzionata anche Roma, mentre le cittadine del Mezzogiorno non compaiono per niente, dal momento che nelle regioni meridionali l' apprendimento delle lingue estere non è ritenuto determinante ai fini della formazione scolastica e professionale.
In generale la scuola pubblica italiana tende a trascurare l' inglese, il cui insegnamento è visto come secondario rispetto ad altre materie. Gli studenti che abbiano voglia e intenzione di approfondirlo di solito frequentano corsi privati. L' unico inglese che adoperiamo con destrezza è costituito di anglicismi nonché di quei termini che abbiamo introdotto nel nostro gergo quotidiano mutuandoli in particolare dall' americano.
gli italiani non sanno l'inglese 2
Si tratta tuttavia di paroline ed espressioni che non ci sarebbero d' aiuto nel caso in cui ci toccasse di articolare semplici frasi di senso compiuto all' estero o nell' ipotesi in cui ci fosse richiesto di ascoltare e comprendere un discorso nella lingua madre della regina Elisabetta. Il motivo per cui gli italiani sono così disinteressati all' assorbimento degli idiomi esotici è forse banale: siamo pigri. Ci accontentiamo di comunicare con i connazionali e preferiamo che siano gli altri a studiare l' italiano, se proprio ci tengono ad interagire con noi che di interagire con gli altri, sotto sotto, ce ne infischiamo.
A dispetto del fenomeno della globalizzazione che annienta ogni piccola tradizione locale, siamo affezionati ai nostri dialetti, ai nostri modi di dire, al lessico familiare e pure ai nostri gesti, tanto che nel mondo è celebre la tendenza tutta italiana a ricorrere alla gestualità esasperata per condire ogni genere di locuzione. Insomma, non parliamo le lingue ma è probabile che siamo i più efficaci nel riuscire a farci intendere. Non ci perderemmo d' animo nemmeno nella giungla.
Poiché siamo espressivi.
LACUNE GRAMMATICALI
Ad ogni modo il vero problema che affligge gli abitanti della penisola non è il non intendere le altre lingue, bensì l' avere una conoscenza lacunosa di quella madre, che è e resta la più bella e ricca del pianeta.
L' affermazione dell' inglese è un fenomeno piuttosto recente. Studiosi e pensatori nei primi del Novecento dovevano conoscere il tedesco, il francese e l' italiano. L' inglese non era importante. Lo divenne soltanto dopo il secondo conflitto mondiale, ovvero con il tramonto della cultura europea e l' emergere di una visione globalizzante in cui l' inglese, appunto, si è trasformato nell' idioma che ha schiacciato tutti gli altri. Si tratta comunque di un linguaggio essenziale, povero, diffuso proprio per la sua elementarità.
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Non padroneggiarlo non significa che siamo ignoranti e che dovremmo vergognarcene né attesta la nostra inferiorità rispetto ad altri popoli che lo maneggiano meglio di noi. Del resto, l' autentico linguaggio universale consiste nella forma di comunicazione più arcaica ed immediata, ossia quella non verbale, che stiamo sempre di più smarrendo a causa dell' abuso dei social network e della tecnologia. Siamo tutti capaci di leggere una mail e di cavarcela in qualche maniera entrando in contatto con lo straniero, ma pochi di noi sono in grado di leggere gli occhi e le espressioni del proprio interlocutore, quantunque questi provenga da Marte.
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