i fratelli cinghiale

VITA E MORTE DEI “FRATELLI CINGHIALE”, GLI EREMITI CHE HANNO SCELTO DI RITIRARSI NEI BOSCHI SENZA STRONZI INTORNO - LA STORIA DI RENZO E FRANCO PELAZZA, DIVENTATI LEGGENDA AL CONFINE TRA PIEMONTE ED ENTROTERRA DI IMPERIA PER AVER DECISO DI RIFUGIARSI DA SELVAGGI NELLA NATURA: DOPO ANNI DI SOLITUDINE PERÒ ERANO TORNATI NELLA CIVILTÀ DEL PAESINO DI ARMO, 119 RESIDENTI, E ORA CHE UNO DEI DUE È MORTO L’ALTRO VERRÀ “ADOTTATO” DALLA COMUNITÀ...

Paola Scola per “La Stampa

 

fratelli cinghiale

Si può scegliere di lasciarsi il mondo alle spalle. Di preferire le insidie di montagne dove i boschi sono così fitti da non vederci il sole, piuttosto che rimanere in mezzo alla cattiveria degli uomini.

 

Loro quella decisione l'avevano presa, e non si erano più voltati indietro: vivere in un ambiente selvaggio, fuggire alla vista delle persone, cibarsi di radici e bottini di piccole razzie. E dormire sotto le stelle, anche quando il freddo faceva battere i denti e tagliava il viso. Così li hanno chiamati prima briganti, poi «fratelli cinghiale».

 

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Ma non è una storia dell'Ottocento, ambientata in un "chissà dove". È, invece, la vita reale di Renzo e Franco Pelazza, che sui monti al confine tra Basso Piemonte (dove in provincia di Cuneo nasce il Tanaro) ed entroterra di Imperia sono diventati una leggenda. Come figure da evocare ai bambini per spaventarli. Quasi l'uomo nero.

 

Ci sono favole che finiscono bene. E così è stato anche per i due fratelli che, grazie alla pazienza e tenacia degli abitanti di un mini paese ligure, Armo (119 residenti), dopo tanto tempo e solitudine sono tornati alla civiltà.

 

Riconquistati da una microcomunità che si è fatta casa. Finché, l'altro giorno, la loro storia finora indivisibile si è spezzata. Perché l'aggressività di una malattia si è portata via, in dieci giorni, il maggiore dei fratelli, Renzo, 72 anni.

 

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E Franco, minore di lui di tre, per la prima volta è rimasto senza chi gli aveva fatto da padre e da madre. Ma anche ora è la gente di Armo a farsi avanti. Con il sindaco Massimo Cacciò che dice: «Ormai erano due di noi. Franco non rimarrà solo. Ci penseremo tutti, a partire dal funerale di venerdì. In una piccola comunità come la nostra si fa così».

 

«Qui ci sono i miei amici», sussurra Franco Pelazza. Il sindaco, che lavora come vigile a Imperia, anche ieri pomeriggio è salito in paese a trovarlo: «Soffre molto per la perdita di Renzo, da cui non si era mai separato. Da quando erano scesi dalle montagne, pian piano avevano ripreso a fidarsi delle persone. Tutti gli affidavano lavoretti e loro sono sempre stati disponibili. Partecipi nella comunità, dalle funzioni in chiesa alle varie attività».

 

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Renzo e Franco Pelazza diventano famosi nel novembre 1993, quando un aereo sorvola i boschi tra Piemonte e Liguria. La trasmissione Chi l'ha visto?, con uno striscione e migliaia di volantini, lancia un appello: «Vostra madre desidera vedervi». L'anziana Ida, in casa di riposo a Pieve di Teco, non incontra i figli da tempo immemore.

 

Vuole salutarli, prima di morire. Ma loro fanno già parte della «leggenda», in quelle terre di confine. «Briganti buoni», che vivono alla macchia, con barbe incolte, stracci addosso e l'abitudine di «rubacchiare», per mangiare altro dalle radici. Ed è così che per la gente diventano i «fratelli cinghiale».

 

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Renzo, un passato in Ferrovia, e Franco, abituato alla campagna e alle botte, non tornano a Ormea, dove sono nati, nella minuscola borgata Caccìn. Si rifugiano invece - l'uno timido, l'altro protettivo e coraggioso - nel fitto della foresta. I segni del loro passaggio sono resti di fuochi e qualche «ciabot» forzato. Il mondo li cancella. Anche dall'anagrafe del paese. Ma all'appello «Vostra madre non sta bene. Nessuno vi farà del male», il loro cuore indurito dalla solitudine risponde.

 

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Si fanno vivi al ricovero, dove mamma Ida li riabbraccia. E quando lei muore (nel 2004), per i due il tempo di dormire sotto le stelle finisce sulla collina ligure, ad Armo, a pochi chilometri dalla struttura in cui l'hanno salutata l'ultima volta. Sono diffidenti, sì. Barba lunga, stracci che arrivano alle caviglie e cappellacci li rendono quantomeno inquietanti.

 

Ma la piccola comunità, ospitale con tutti, si fa in quattro per aiutarli. E riaccende nei due fratelli la fiducia nel prossimo. C'è un container, abbandonato dal cantiere per il pre-foro del tunnel Armo-Cantarana. Lì i boschi si possono sfiorare con una mano, la montagna è a un soffio. Il Comune lo lascia ai Pelazza.

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Come prima casa, dopo più di dodici anni all'addiaccio e sui giacigli. Dopo inviti in tv e tanta cronaca sui giornali, alla fine Renzo e Franco smettono di essere "fenomeni". E ad Armo il calore e il rispetto della gente semplice cancellano la leggenda dei «fratelli cinghiali».

 

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Che non hanno più paura. Il sindaco Cacciò racconta: «Da allora hanno vissuto la comunità e sono diventati a tutti gli effetti nostri compaesani, dando una mano a tutti, aiutando nei campi anche in cambio di un pasto o un indumento, o come volontari nella pulizia per il Comune».

 

In quel micro mondo dove tutti si aiutano, senza sprecare troppe parole. Il richiamo della natura gli ha fatto ancora percorrere chilometri. Ma ad Armo sono sempre tornati. Perché il piccolo paese li ha convinti che non tutti gli uomini sono cattivi. Ed è lì che, dopo migliaia di passi, riposerà da oggi anche Renzo.