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“MI HA MESSO GIÙ LA TESTA E MI DICEVA ‘MIGNOTTA, FAMMI UN BOCCHINO’” – LA TESTIMONIANZA CHOC DI UNA DONNA AL TRIBUNALE DI VITERBO, COSTRETTA DA UN SESSANTENNE A UN RAPPORTO ORALE IN MACCHINA: “SONO LESBICA, LUI LO SAPEVA, L’ORGANO MASCHILE MI FA SCHIFO. APPENA FINITO SONO SCESA E MI SONO SCIACQUATA LA BOCCA CON IL COLLUTTORIO CHE MI HA DATO LUI” - L’UOMO SI DIFENDE: “VOLEVA I SOLDI PER LE SLOT MACHINE E IO…”

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Da www.tusciaweb.eu

 

SESSO ORALE IN MACCHINA

Un caso delicatissimo di violenza sessuale davanti ai giudici del tribunale di Viterbo. A processo un sessantenne del capoluogo, accusato di avere abusato di una donna molto più giovane di lui. La sera del 31 maggio 2017 avrebbe costretto la vittima a praticargli un rapporto orale in macchina, puntandole un coltello alla gola e facendole poi sciacquare la bocca col colluttorio.

tribunale viterbo

 

“Una vendetta, tra noi non c’è stato nessun rapporto sessuale. Il movente è che lei voleva i soldi per le slot-machine e io avevo solo 5 euro”, ha detto in aula l’imputato, rilasciando spontanee dichiarazioni al termine dell’interrogatorio della vittima da parte del pubblico ministero Eliana Dolce, titolare dell’inchiesta.

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“A me piacciono le donne. Sono lesbica. Lui lo sapeva. L’organo maschile mi fa schifo. Credevo fossimo amici. Gli volevo bene. Invece mi ha messo giù la testa e minacciata con un taglierino. Ho avuto paura e l’ho fatto, mentre mi diceva ‘mignotta, fammi un bocchino’. Eravamo in un bosco buio, pensavo fossimo andati a fumare una canna. Appena finito sono scesa, ho sputato e mi sono sciacquata la bocca col colluttorio che mi ha dato lui”, ha raccontato la presunta vittima, sentita ieri davanti al collegio presieduto dal giudice Gaetano Mautone.

APPARTARSI NEL BOSCO

 

Tra i due, nonostante la notevole differenza d’età, un rapporto consolidato. Fatto di passeggiate al lago o al mare, di pranzi e cene fuori, qualche canna e le giocate alle slot machine. “Ma tra noi non c’era mai stato sesso”, secondo la parte offesa, che non si è costituita parte civile al processo.

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“Lui sapeva che mi piacciono le donne, gli uomini solo amici”

 

“Lui sapeva tutto di me. Sapeva che mi piacciono le donne. Gli uomini solo come amici. Mi confidavo. Avevo fiducia. Invece quella sera mi ha detto che ero una mignotta e che era tanto che aspettava il momento. Io prendo psicofarmaci. Lui beveva. Poi fumavo erba e avevo il vizio del gioco. Un pozzo senza fondo, tutto il giorno attaccata alle slot-machine. A volte lui mi dava dei soldi per giocare”, ha detto.

 

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“Pure quella sera, eravamo usciti insieme per andare alle macchinette. Ci siamo tornati anche dopo la violenza. Io volevo che mi desse almeno i soldi per le slot, dopo quello che mi aveva fatto. Abbiamo litigato. L’ho spinto. Gli ho strappato le chiavi della macchina e le ho buttate per strada. Poi sono venuti i carabinieri, i miei genitori e l’ambulanza che mi ha portato a Belcolle. Mi hanno ricoverato in psichiatria, è venuta la polizia e ho sporto denuncia”, ha raccontato la donna.

 

“Se solo mi avesse chiesto scusa, non saremmo qui”

 

 

auto nel bosco1 tribunale viterbo 1

“Se solo mi avesse chiesto scusa non saremmo qui. Sarebbe bastato. Invece sono stata io, la parte offesa, a chiedergli scusa. Perché non volevo che per colpa mia  andasse in galera. Perché per colpa mia gli hanno tolto le armi e non può più andare a caccia. Sono anche stata con lui dal suo avvocato, per dirgli che se volevano ritrattavo, purché lui stesse bene. Perché sono una persona buona, di buon cuore. Tanto esiste Dio, sono molto religiosa”, ha proseguito la donna, guardando in faccia l’imputato, che nel frattempo scuoteva la testa.

VIOLENZA SESSUALE

 

“Mi sono sentita sporca io, per una cosa che  sporco è lui”

 

COLLUTTORIO

“Lo devo ringraziare, è stato tale lo shock che ho smesso di fare la vita da sbandata. Ho smesso di giocare e di fumare la canne. Ho una compagna di cui sono innamorata e mi voglio sposare”, ha sottolineato. “Mi sono sentita sporca io, per una cosa che  sporco è lui. Mi vergogno di me che gli ho fatto un bocchino e di lui che me lo ha chiesto”, ha concluso, al termine della lunga testimonianza.

 

Lo psichiatra: “Nessun motivo per dubitare della vittima”

 

“Mi ha colpito il particolare del colluttorio”, ha detto in aula il dottor Angelo Bruschi, lo psichiatra di Belcolle cui la sera del 21 maggio di due anni fa la donna raccontò al suo arrivo in ospedale cosa era successo. A far scattare l’allarme il personale del pronto soccorso, che ha segnalato immediatamente il caso di presunta violenza sessuale alla polizia.

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“Conoscevo già la paziente, in quanto soffre di un disturbo cronico di personalità. Era angosciata, ma consapevole di se stessa. Sono pratico di codici rosa, si sentiva sporca come succede alle vittime di violenza. Il suo racconto era lucido, congruo, verosimile, lineare. Non c’era uno stato di alterazione della coscienza o della realtà, confusione, costruzioni deliranti. Nulla, dal punto di vista clinico, per cui dovessi dubitare del suo racconto”, ha detto ai giudici.

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Il processo riprenderà la prossima primavera.