DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Goffredo Buccini per il “Corriere della Sera”
A Macerata c'è chi, alla vigilia del processo contro il pistolero Traini, ha scomodato il Padreterno («preghiamo per Luca e i suoi genitori», recitava il post notturno di una consigliera comunale). E c'è il ragazzino delle medie che, la mattina della prima udienza, il suo «viva Traini!» lo ha gridato affacciandosi alla finestra della scuola.
ARMA UTILIZZATA DA LUCA TRAINI
C' è chi sbeffeggia sui social una delle vittime del raid razzista, la nigeriana Jennifer Otiotio, «colpevole» di avere chiesto 750 mila euro per le ferite subite («vabbé, allora veniamo tutti a farci sparare!»). E c'è il centro sociale che rievoca la nostra storia nazionale con una sceneggiata infame (la pignatta con la faccia di Mussolini, a testa in giù come a piazzale Loreto, presa a bastonate dai bambini per il 25 Aprile), seguita dalla protesta in Comune della nipote del Duce, Alessandra.
Tutti contro tutti, nel nome del rancore. Il vescovo Nazzareno Marconi sospira paziente e spiega infine che «nella città si stanno scaricando le tensioni dell' Italia intera» e che «se vengono a giocarsele tutte qui, beh, sono... fatiche grandi», per usare un pio eufemismo.
Appena varcata la soglia dei cento giorni dalla rappresaglia di Traini contro sei migranti a caso per «vendicare la morte di Pamela Mastropietro», vittima di spacciatori nigeriani, Macerata si scopre ferita a sua volta da questi mesi di postumi e conseguenze, laboratorio dei nostri disastri, con la questione migratoria detonatore di tutte le rabbie.
INNOCENT OSEGHALE MACERATA LUCA TRAINI
Romano Carancini, il sindaco pd avversato in modo quasi speculare dalla sinistra antagonista e dalla destra intransigente, ammette che «l' imbarbarimento si sente, eccome». Sballottata dalle polemiche di questi cento giorni, la giunta comunale ha deciso di metterci una pezza, invocando la clausola di salvaguardia: in soldoni, alzando di poche unità il numero di richiedenti asilo ospitati negli Sprar (il circuito locale) per bloccare del tutto la prima accoglienza, imposta dalla prefettura, più indigesta sia dal punto di vista numerico che qualitativo. «Stiamo svuotando i Cas, i Centri d' accoglienza straordinaria, d' accordo col prefetto», dice Carancini: insomma, basta arrivi incontrollati. L' arma è politicamente a doppio taglio.
La sinistra-sinistra, che pure sostiene la giunta attraverso una lista civica, è perplessa: «Dal punto di vista mediatico facciamo il gioco della destra», mormora qualche consigliere che chiede l'anonimato: «Certo che l' accoglienza così non funziona, ma il momento è sbagliato!». In effetti l'opposizione di destra esulta e rimprovera a Carancini di essere arrivato troppo tardi a uno stop possibile già da due anni.
Il fatto che Innocent Oseghale, il principale accusato dell'omicidio di Pamela, espulso dal circuito Sprar, fosse rimasto in clandestinità a spacciare, non aiuta a rasserenare gli animi (il rapporto di causa-effetto con la fine della ragazzina è quasi un caso di scuola della mala accoglienza).
In questi cento giorni è stato attaccato a colpi di mattone il Gus, la onlus che ospita i migranti ed è accusata, nella vulgata popolare, di «fare business», come è ormai pensiero corrente sulle onlus. «Per la città sono l'uomo nero», sorrideva amaro il suo presidente, Paolo Bernabucci, all' indomani dell' impresa di Traini.
Una mozione delle opposizioni per la chiusura dello Sprar è stata respinta, ma certo non aiutano a dissipare ingiusti sospetti i sussurri che vogliono una delle consigliere pd dipendente della onlus. Ormai questa è una città di anime in pena. Decretata il 15 novembre del 1952 Civitas Mariae in ossequio al suo culto mariano e a rivendicazione della sua proverbiale mitezza, Macerata teme di risvegliarsi oggi civitas diaboli, enfatizzando in scala il drastico mutamento d'un Paese che il folclore voleva popolato di «brava gente» fino alla decisiva prova dell' immigrazione.
L'avvocato Giancarlo Giulianelli è un uomo di buonsenso cui danno del «fascistone» perché difende a processo Traini. È stato in realtà il primo a lanciare l' allarme («sono molto preoccupato») quando s' accorse che la gente lo fermava per consegnargli messaggi di solidarietà per il suo cliente.
«Il clima è sempre più infernale», dice adesso. Certo non aiutano i vecchi stralci d' interrogatorio di Traini ora filtrati dal processo in rito abbreviato: «Io volevo sparare agli spacciatori, non è colpa mia se gli spacciatori sono tutti neri... E poi, non avrò colpito spacciatori, ma tra loro si coprono, volevo dare un segnale a questa gente immigrata». Un brutto rumore di fondo fa di questo ex leghista approdato al nazifascismo una specie di campione cittadino, «il nostro Luca»: viene da quell' area di consenso che si profilava sin dalle prime ore dopo il raid.
«Poi la gente fa questo parallelo con Pamela che per me non c' entra niente», sostiene Giulianelli: «Si chiedono: se Traini prende X anni, a quei nigeriani quanto dobbiamo dare? Ma la giustizia non è il calcio, non tutti sono in grado di parlarne. I due processi sono diversissimi, su Traini ci sono elementi chiari, Luca ha sbroccato, sta male di testa, io mi batto perché gli facciano una perizia.
Su due dei tre nigeriani gli elementi sono molto deboli: conoscevano Oseghale e sono di colore? In uno Stato di diritto non basta. Ma non voglio pensare a cosa può succedere se li scarcerano...». Già. Difficile immaginarlo quando persino l' ultima rissa di condominio narrata da «Cronache Maceratesi» è finita al grido di: «Jete a casa vostra, 'stracomunitari del c...l' Italia agli italiani!».
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