DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Laura Tedesco per "corrieredelveneto.corriere.it"
mirko altimari e giulia buccaro 3
«Trappole di sesso» alle babysitter: per i tre episodi costati a Mirko Altimari e Giulia Buccaro carcere e processo, ieri marito e moglie sono stati condannati a scontare un totale di 17 anni e 8 mesi di cella. Prima, l’inganno dell’offerta di lavoro per trascinare nelle campagne di Poiano le vittime.
E poi gli abusi, sadici ed efferati: la pena più pesante è stata stabilita dal giudice Raffaele Ferraro per Altimari, tuttora detenuto in cella a Trento; 6 anni e 8 mesi, invece, quanto dovrà scontare Buccaro, in cella a Verona.
Per la donna, dalla difesa è stata chiesta la revoca della misura: istanza su cui il giudice si è riservato.
Il «conto»
Ritenendoli responsabili dei sequestri e delle sevizie, alla scorsa udienza il pm Valeria Ardito aveva presentato alla «coppia diabolica» un conto finale pari a complessivi 30 anni di reclusione.
Richieste di pena che, sulla carta, sarebbero state addirittura superiori se le difese non avessero scelto il rito abbreviato, che ha garantito agli imputati la riduzione di un terzo sull’ammontare delle condanne.
Per conoscere le motivazioni bisognerà attenderne il deposito fra tre mesi: in base al dispositivo letto 24 ore fa in aula dal giudice, sono state escluse alcune delle contestazioni mosse agli imputati anche se per entrambi, ieri presenti in aula, il rischio è di dover restare ancora a lungo dietro le sbarre.
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Per il 31enne e la consorte 28enne (difesi rispettivamente dai legali Fabiana Treglia e Marco Cinetto con Maurizio Milan), il giudice Ferraro ha comunque disposto l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» da due accuse di sequestro e da una di tortura. Confermato nella sostanza,in ogni caso, l’impianto accusatorio. Tutto questo, a distanza di un mese dalle 4 ore di discussione serrata durante cui si erano fronteggiate le opposte ricostruzioni delineate da accusa e difesa.
La provvisionale
Nel mezzo, dalle tre vittime costituite parti civili con gli avvocati Alessandro Avanzi, Federico Lugoboni e Barbara Camerin, erano stati chiesti danni complessivi per 250 mila euro «alla luce dei gravissimi traumi riportati dalle sofferenze subìte per mano degli imputati».
A riguardo, il giudice ha disposto una provvisionale pari a 15mila euro in favore di una delle vittime; 12mila a testa, invece, la cifra accordata alle altre due parti lese, ferma restando per loro la possibilità di adire la giustizia civile. Per gli imputati, infine, sono state disposte l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e la misura di sicurezza di due anni per Altimari e di un anno per Buccaro una volta scontate le pene detentive.
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Già certo invece il ricorso in appello delle difese, secondo cui le tre parti lese sarebbero state consenzienti. Anzi, con due di loro ci sarebbe stata contrattazione (comprovata da uno scambio di messaggi al telefonino) di rapporti sessuali a pagamento. Non solo, perché a detta delle difese il contestato reato di tortura non avrebbe fondamento in alcuno dei tre casi. Per la Procura, al contrario, le prove a carico del duo Altimari- Buccaro si profilavano schiaccianti.
Le contestazioni
Al marito il pm contestava tre episodi di sequestro e stupro (la moglie invece era accusata di due casi in concorso): sospetti che la coppia ha sempre negato in toto. Tutt’altro invece il quadro ricostruito dalla Squadra mobile, secondo cui le babysitter contattate via Internet tramite annunci di lavoro, si ritrovavano seminude in un campo sperduto e, sotto la minaccia di un coltello, costrette a subire atti sessuali e sevizie da parte di Altimari e, a turno, della consorte.
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Il tutto, ripreso con il cellulare sotto la minaccia di diffondere in rete i video qualora avessero deciso di rivolgersi alla polizia. Era stata una giovane studentessa, la mattina del 12 gennaio 2019, a trovare per prima il coraggio di presentarsi in questura e raccontare tutto.
Per quella violenza, Altimari e Buccaro pochi giorni dopo erano finiti in carcere su ordinanza del gip Paola Vacca. Ma nel corso delle indagini gli inquirenti sono riusciti a identificare altre due ragazze che comparivano sui cellulari sequestrati al 31enne: per l’accusa, una delle prove-chiave.
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