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Estratto del'articolo di Massimiliano Peggio per “la Stampa”
«Makka è sempre stata ermetica, non ha mai confidato le sue sofferenze, non l'ho mai sentita parlare male del padre, un tipo burbero, taciturno. Ma bastava guardarla negli occhi per cogliere che c'era qualcosa in lei, che c'era del dolore, e faceva di tutto per nasconderlo anche quando si sforzava di apparire felice, sotto il suo bel velo azzurro da musulmana osservante. Adesso, dopo quanto che è successo, capisco quanto fosse profonda la sua tristezza». L'amico che ritorna dalla chiesa, dopo aver letto le preghiere alla funzione domenicale, ti sorprende con le sue parole. «Ho dato uno sguardo ai social e c'è da rimanere indignati: pazzesca la valanga di sentenze che la gente riversa su quella ragazza. Non si può giudicare così la vita degli altri con tanta ferocia» […]
Oggi, Makka Sulaev, studentessa diciottenne di Nizza Monferrato, in provincia di Asti, dovrà affrontare davvero un giudice, per l'udienza di convalida del fermo per omicidio. È accusata di aver ucciso il padre, Akhyad Sulaev, 50 anni, con alcune coltellate alla schiena e al fianco. Lo ha ferito a morte dopo un litigio, colpendolo con un coltello da cucina. «Sono stata io, volevo difendere mia madre» ha detto sconvolta al pm che l'ha interrogata e ai carabinieri. Ma avrebbe agito anche per difendere se stessa da un'aggressione feroce: afferrata per i capelli, strattonata e picchiata. Aveva segni sul polso e sul viso.
Aggredita perché lei, ragazza adulta ormai, avrebbe osato «mettersi di mezzo», […] Un uomo descritto dalla ragazza come «padre padrone», un «papà tossico». Nessun affetto, solo pretese. […] Su questi elementi si concentra la sua difesa. […] Stando ai primi accertamenti, lei e la mamma, giovedì scorso, quando si è consumata la tragedia, si stavano ribellando a un uomo che si era appena licenziato, lasciando un impiego da lavapiatti, aggravando così le prospettive economiche della famiglia: quattro figli da mantenere.
«Il quadro che si sta delineando - spiega l'avvocato Massimiliano Sfolcini, che assiste la diciottenne - è estremamente complesso e triste. Violenze continue, fisiche e soprattutto psicologiche, da parte di un padre e un marito che esprimeva la sua autorità in ogni aspetto della loro vita.
Era anche geloso. E spesso era assente, si allontanava per giorni senza dare spiegazioni». In più, oltre a non riuscire a mantenere a lungo un impegno lavorativo, pretendeva che la moglie e la figlia gli foraggiassero le sue uscite con altre donne, conosciute in Italia.
«Chiedeva soldi in continuazione» ha detto la ragazza al suo legale. E stando sempre al suo racconto, il padre aveva addirittura un'altra famiglia in Cecenia, con tre figli. Così, a poco a poco, emergono altri dettagli. A svelare un dramma che ha radici lontane. Akhyad e la moglie Natalia, con i loro quattro figli, sono arrivati in Italia una decina di anni fa ottenendo asilo politico. In fuga dalla Cecenia perché in pericolo. Assistita da una associazione, la famiglia aveva trovato rifugio in provincia di Alessandria: per un po', l'uomo aveva frequentato la moschea di Acqui Terme.
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