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Mauro Favale per “la Repubblica”
La sezione “Chi siamo” è tutta un programma: «Radio Islam è contro tutti i tipi e forme di razzismo, contro ogni discriminazione basata sul colore della pelle, la fede religiosa e il gruppo etnico.
Perciò Radio Islam è contro il razzismo ebraico verso i non-ebrei e gli obiettivi del sionismo internazionale ». E in effetti, molto più che di Islam sul sito web si parla (utilizzando gli argomenti della più becera propaganda antisemita) di Israele. Arrivando a pubblicare una lista — non certo la prima del suo genere — di «ebrei influenti in Italia».
Oltre 200 nomi di giornalisti, attori, docenti universitari, imprenditori, finiti on line sotto la voce «il monopolio ebraico nei mass media italiani». Ora di questa blacklist (scoperta dal nucleo speciale “Frodi tecnologiche” della Guardia di finanza) si occuperà la procura di Roma che ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, in cui si ipotizzano i reati di minaccia e diffamazione con l’aggravante dell’odio razziale.
Le indagini, che la procura ha affidato alla polizia postale, cercheranno di risalire ai gestori del sito, registrato in Arizona, tradotto in 23 lingue e pieno zeppo di propaganda antisemita, dai protocolli di Sion ai negazionisti dell’Olocausto e di Auschwitz in particolare.
Argomenti già utilizzati in passato dal network di estrema destra “Stormfront”. E alla destra estrema si ispira anche colui che sul sito viene indicato come il fondatore di Radio Islam, Ahmed Rami, militare e politico marocchino, 69 anni, ex ufficiale, riparato da tempo in Svezia dove ha ottenuto asilo politico nel 1973.
L’home page del sito dice di sostenere la “battaglia” di Rami, noto per aver partecipato a un fallito golpe in Marocco nel 1972 ma anche per le sue posizioni negazioniste sullo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Per farsi un’idea, sulla sua pagina Facebook, collegata a Radio Islam e costantemente aggiornata, ieri sera compariva questo messaggio: una foto del gerarca nazista Joseph Goebbels, sorridente accanto ad Adolph Hitler. E a corredo una frase:
«Di solito i grandi uomini che ammiriamo a distanza perdono la loro magia se conosciuti da vicino. Con Hitler è vero il contrario». Deliri ai quali si aggiungono citazioni del Mein Kampf, proclami a sostegno di Hezbollah in Libano, e immancabili video di cani e gatti.
Ma è l’ennesima lista della vergogna a colpire e ad aver convinto la procura ad aprire un’inchiesta. Un elenco in cui compaiono i nomi, tra gli altri, dei giornalisti Paolo Mieli, Roberto Saviano, Enrico Mentana, Gad Lerner, Clemente Mimum, Maurizio Molinari, Corrado Augias, Furio Colombo e Fiamma Nirenstein, recentemente indicata come ambasciatore designato di Israele in Italia.
Citati anche gli imprenditori Carlo De Benedetti, John Elkann e Franco Bernabè, tutti con la dicitura “ebreo” scritto in rosso vicino al nome e un rimando alla pagina di Wikipedia che li riguarda. Presenti nella lista anche attori come lo scomparso Arnoldo Foà, Alessandro Haber, Claudio Amendola, i registi Roberto Faenza e Alessandro D’Alatri. Spazio anche per moltissimi nomi di professori universitari definiti «devoti sayanim», ovvero «persone liete di servire Israele, pur vivendo in uno Stato diverso da quello ebraico».
Su Radio Islam si legge, inoltre, che i «sayanim nelle nostre università collaborano con l’intelligence israeliana», e per questo sono «da considerare persone potenzialmente pericolose ».
Un profluvio di vaneggiamenti che per la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, è una «pericolosa istigazione alla violenza». Per Gad Lerner, già citato in simili elenchi, «a Radio Islam sono pure imbecilli, oltre che biechi: la “lista degli ebrei” è zeppa di errori».
Anche la federazione della stampa ha preso posizione con il suo presidente Giuseppe Giulietti e il suo segretario Raffaele Lorusso: «La decisione di Radio Islam di pubblicare un elenco di ebrei sionisti influenti nell’informazione e nello spettacolo in Italia è un’iniziativa squallida, razzista e intollerabile».
Simile la reazione del sindacato della Rai, l’Usigrai: «Le liste di proscrizione ci riportano agli anni più bui del nostro Paese. Si tratta di un gesto vergognoso non degno di nessun Paese democratico».
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