CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL GIORNO: “QUANTE…
Alessandro Milan per la Verità
William Pezzulo oggi entrerà in una scuola e parlerà a 2.000 studenti dell' Istituto superiore Lunardi di Brescia, riuniti per un incontro di sensibilizzazione sul tema della violenza. Lo farà mostrando il suo volto, quello che il 19 settembre 2012 fu sfregiato con una secchiata di acido dalla sua ex fidanzata, Elena Perotti, aiutata da un complice, Dario Bertelli. Pezzulo da allora ha affrontato un calvario fisico, fatto di una trentina di operazioni, e psicologico, ma le cicatrici sul corpo sembrano anche meno dolorose delle ferite provocate da una giustizia che sembra funzionare al contrario.
Pezzulo ha ottenuto un risarcimento da 1 milione di euro dai suoi assalitori ma non vedrà neanche un centesimo, visto che i due risultano nullatenenti. Nel frattempo la sua famiglia deve pagare all' avvocato la provvisionale stabilita dal giudice su quel milione: 30.000 euro. Aggiungiamo il fatto che Elena Perotti, essendo madre di due figli, non ha mai fatto un giorno di carcere nonostante la condanna definitiva a dieci anni.
«In più, essendo nullatenente, ha diritto al patrocinio legale gratuito», chiosa William. Ce n' è per urlare di rabbia.
Oggi parli in una scuola: che sensazioni provi?
«Ammetto che l' idea di trovarmi davanti a 2.000 studenti, salire su un palco, parlare, mi provoca un po' di agitazione.
Ma mi sembra giusto farlo».
Giusto perché?
«Voglio far capire a tutti loro che la violenza non è questione di genere. Che ci sono anche uomini che la subiscono. A me è capitato».
Mi stai dicendo che si parla poco della tua vicenda perché sei uomo e in genere le aggressioni sono nei confronti delle donne?
«Probabilmente è così. Si parla tanto di parità di diritti ma evidentemente l' uomo è molto meno considerato, quando è vittima di un attacco con l' acido. Se capita a una donna, l' attenzione mediatica è diversa».
Questa disparità di trattamento cosa ti provoca?
«Fastidio. La violenza è contro le persone, uomini o donne non conta. Non dovrebbe contare».
Quante operazioni hai subito?
«Circa trenta. E ne dovrò subire altrettante. Se ho capito bene sono a metà percorso dal punto di vista riabilitativo, poi non sarò più quello che sono adesso».
Chi sei adesso?
«Dal punto di vista estetico ho deciso di mostrarlo. Ma nell' intimo sono la stessa persona di prima. Sono William Pezzulo. Anzi, sono William con una maggiore forza interiore rispetto a prima. Non mi abbatto, cerco di lottare tutti i giorni».
Che danni fisici hai avuto?
«Le cicatrici, ovviamente. Poi vedo pochissimo: meno di un decimo dall' occhio destro.
L' altro occhio me lo hanno enucleato, non c' è più».
Cosa dirai oggi ai ragazzi che ti ascolteranno?
«State attenti agli amori malati, prendete le distanze ai primi segnali pericolosi».
Il punto è questo: quali sono questi segnali?
«Il principale è quando il partner ti priva della libertà.
La possessività dovrebbe far drizzare le antenne».
Però ci sono milioni di persone gelose che si fermano lì e non aggredirebbero mai il prossimo.
«Quando i segnali sono evidenti e costanti nel tempo lo capisci. Quando l' altra persona comincia a volere il controllo su di te, devi tagliare corto».
Torniamo al 19 settembre 2012, la sera dell' aggressione. Qual è la prima sensazione che ricordi?
«Dolore fisico».
Per l' acido?
«Sì, una secchiata. È un dolore sovraumano, un bruciore che non si può descrivere, per capirlo si può solo provare e spero che non tocchi a nessun altro al mondo».
Hai capito subito cosa ti avevano gettato addosso?
«Purtroppo no, vedevo questo liquido nero che bruciava talmente tanto, ma senza capire.
Era acido solforico, mischiato ad altre sostanze per renderlo ancora più corrosivo».
Dopo il dolore?
«La paura. Non mi era mai capitato di trovarmi di fronte due persone incappucciate con il passamontagna».
Cosa ha spinto la tua ex fidanzata a fare questo gesto?
«Me lo sono chiesto mille volte e credo di avere la risposta».
Cioè?
«Aveva trovato un ragazzo che per lei faceva di tutto. Che viveva per lei, era innamorato ciecamente. Quando ha capito di aver perso questa persona, ha pensato di punirla. Ecco: mi ha punito. Avrà pensato: "Non sei mio? Non sarai di nessun' altra"».
Era gelosa?
«Eccome. Non potevo frequentare persone di sesso femminile durante la relazione. Era possessiva».
Come descriveresti quello che ti ha fatto?
«Per me è peggio che uccidere.
È peggio perché entri in una situazione delicatissima. Sei vivo ma devi affrontare la vita così come sei. Non è facile, credimi, sia fisicamente che psicologicamente. Se non hai un carattere forte non è facile andare avanti».
Lei e il suo complice devono dare a te e ai familiari un milione di euro.
«Ma sono nullatenenti. Non ho visto un euro, ho solo spese».
Perché ti servono 30mila euro per l' avvocato?
«È la percentuale stabilita dal giudice per avere ottenuto un milione di risarcimento, anche se non li vedrò».
E lo Stato non ti aiuta?
IL CASO DI WILLIAM PEZZULO - ELENA PEROTTI
«Esiste un fondo che copre i rimborsi alle vittime quando i colpevoli non provvedono a risarcire ma vi si può accedere solo se si guadagna meno di 11.500 euro l' anno. Io, invalido al 100 percento, prendo una pensione di 980 euro al mese e quindi supero questa cifra».
Come fate a sostenere le spese?
«Abbiamo svenduto il bar di famiglia. Abbiamo usato la liquidazione di mio papà. Abbiamo fatto una petizione per raccogliere fondi dalla gente comune. Abbiamo raccolto a ieri 12.000 euro circa. È una gran somma e ringrazio tutti quelli che hanno contribuito».
Nonostante tutto, ti sento combattivo. Hai anche voluto tatuarti sulle cicatrici dei segni di rinascita.
«Sono tatuaggi che testimoniano il percorso fatto dal giorno dell' aggressione a oggi. Uno è un bambino aggrappato all' orologio: rappresenta me e i due mesi e mezzo passati in terapia intensiva, quando speravo che il tempo passasse in fretta. Questo orologio si sgretola e si trasforma in petali che creano il secondo tatuaggio: un fiore di loto, simbolo di rinascita. Questo fiore nasce nella sporcizia ma è molto bello. Infine mi sono fatto tatuare la chiave di violino, perché mi sono appassionato alla musica. Sto cercando di imparare a suonare la batteria».
Cosa leggi negli occhi delle persone che incontri e ti guardano?
IL CASO DI WILLIAM PEZZULO - ELENA PEROTTI
«Sono allibite. Le mie ferite sono evidenti, viviamo nella società dell' apparenza e del mostrarsi: l' aspetto estetico è la prima cosa che colpisce».
Allora perché hai deciso di esibire le cicatrici?
«Mi è costato molto. Dopo l' aggressione sono andato in tv, poi sono entrato in un tunnel e non volevo farmi più vedere a nessuno. Provavo vergogna.
Poi ho deciso diversamente.
Voglio che la gente sappia cosa si vive quando si subisce questo tipo di aggressioni».
Esci di casa?
«Mmm... non tanto. Ancora non ce la faccio. Se esco è per andare in ospedale. Comunque esco molto coperto».
Hai mai più incontrato Elena?
«No, mai».
Non hai provato il desiderio di farlo?
«Per niente».
Cosa provi per lei?
«Non provo odio. Non ho mai provato rancore nei suoi confronti perché se avessi provato rancore non sarei qui a raccontare la mia storia, oggi».
La rabbia genera rabbia?
«È così. Nei suoi confronti provo totale indifferenza. La rabbia la riservo nei confronti della giustizia, dello Stato».
Perché?
«Intanto per l' esiguità della pena. Dieci anni a una persona che si permette di rovinare la vita a un' altra persona non si può definire giustizia. Poi non è mai stata un solo giorno in carcere».
Neanche uno?
«Ora mi risulta essere a casa dei nonni, ai domiciliari. La legge prevede che fino al compimento del terzo anno di età del figlio puoi stare o in una comunità o ai domiciliari».
Ora però i due figli sono stati dichiarati adottabili, quindi andrà in carcere.
«Siamo al primo grado di giudizio, lei ha fatto appello, bisogna vedere come andrà a finire».
Se perdesse l' appello andrebbe in carcere.
«Forse, a quel punto, avrà già scontato l' intera pena, visto che dieci anni di carcere non sono dieci anni effettivi. Di recente aveva anche un profilo Facebook in cui postava foto con suo marito, sorridente. Lei una vita se l' è rifatta. Io no».
Credi che una donna come Elena possa crescere ed educare dei figli?
«Assolutamente no».
William, come immagini il tuo futuro?
«Molto roseo. Spero di finire in fretta gli ultimi interventi da affrontare. Poi mi dedicherò a cambiare la mia vita. Voglio lasciare l' Italia e andare in un posto al caldo, con il mare».
Dove?
«Le Canarie. Penso di trasferirmi lì con i genitori, loro si sono già detti d' accordo. E spero di trovare una compagna e avere una famiglia. Io non ho perso la fiducia nel genere femminile. Ci sono le donne e ci sono cose, persone che non si possono nemmeno definire tali, come lei».
Lei, Elena, che tu non nomini.
«Quella lì».
IL CASO DI WILLIAM PEZZULO - ELENA PEROTTIWILLIAM PEZZULO IL CASO DI WILLIAM PEZZULO - DARIO BARTELLI WILLIAM PEZZULOWILLIAM PEZZULO
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