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PRIMO GIORNO DI APERTURA MIGLIAIA IN FUGA DA WUHAN VIENE ISOLATA UN'ALTRA CITTÀ `
Michelangelo Cocco per “il Messaggero”
WUHAN DOPO LA FINE DEL LOCKDOWN
Dopo 76 giorni, undici settimane di segregazione domestica, i cinesi di Wuhan ieri hanno potuto finalmente riabbracciare la loro città, uscendo liberamente in strada, incontrando amici e parenti, utilizzando i mezzi pubblici per andare a lavorare. Ad attenderli però gli abitanti del capoluogo della provincia dello Hubei hanno trovato una vita nuova, scandita da ritmi e riti diversi da quelli che si erano lasciati alle spalle il 23 gennaio scorso, quando le autorità avevano imposto alla metropoli attraversata dai fiumi Azzurro e Han un isolamento rigidissimo per fermare l'epidemia di Covid-19.
PRECAUZIONI
A causa delle misure di distanziamento sociale e dei controlli della temperatura, nella stazione ferroviaria di Wuhan si sono formate code infinite, più lunghe di quelle in occasione dell'esodo per il Capodanno cinese. I viaggiatori coperti con mascherine, guanti e occhiali protettivi - hanno dovuto mostrare sugli smartphone il codice QR che ne attestava lo stato di salute, che non avessero avuto contatti con persone positive al nuovo coronavirus.
WUHAN DOPO LA FINE DEL LOCKDOWN
Oltre 55 mila persone si sono messe in viaggio verso la provincia industriale del Guangdong, Shanghai e altre città ricche che accolgono i lavoratori migranti. Molto più difficile raggiungere Pechino, che permette l'accesso a massimo 1.000 residenti di Wuhan al giorno e solo dopo che si sono sottoposti a un apposito test dell'acido nucleico.
Riaperto anche l'aeroporto dal quale sono decollati un centinaio di voli così come le autostrade che collegano la capitale cinese dell'automobile al resto del Paese. Le autorità chiedono comunque ai residenti di rimanere il più possibile nei loro quartieri, di non uscire dalla città né dalla provincia. Moltissimi negozi restano chiusi: alcuni non riapriranno più, altri si risolleveranno grazie ai sussidi . Wuhan ha pagato il prezzo più caro, con 2.571 dei 3.300 morti ufficialmente registrati in Cina.
WUHAN DOPO LA FINE DEL LOCKDOWN
DATI
Ieri la propaganda ha celebrato «la solidarietà, la risposta collettiva del popolo, un esempio di guerra popolare». Martedì, per la prima volta dall'inizio dell'epidemia, in Cina non era stata registrata nessuna morte da coronavirus. Ieri sono stati segnalati 62 nuovi contagi, che hanno portato il totale di quelli importati da fuori nelle ultime settimane a 1.042.
Preoccupa in particolare la situazione lungo i 4.300 chilometri di confine con la Russia, dove la Cina ha chiuso tutti i posti di frontiera: gran numero di casi sospetti a Manzhouli, nella Mongolia interna. Suifenhe, città con più di 60.000 abitanti della provincia del nordest di Heilongjiang, è chiusa come era Wuhan . La città ha segnato un picco giornaliero di 25 casi importati con i viaggiatori tutti cinesi provenienti dalla Russia.
Sempre ieri si è svolta una riunione del Comitato permanente dell'Ufficio politico del Partito comunista per fare il punto sull'epidemia e sull'economia. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha rilevato che il problema dei casi importati ha fatto emergere «nuove difficoltà per la ripresa delle attività lavorative e per lo sviluppo economico e sociale del Paese».
Pechino ha appena ottenuto un prestito di 350 miliardi di dollari dalla Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali per il sistema sanitario. Fondata nel 2014, la Aiib doveva essere il motore finanziario della nuova via della Seta voluta da Xi, ma sotto l'urto del coronavirus, ci sono nuove priorità nazionali. Unico settore in crescita, l'export di materiali protettivi. Dalla fine di marzo, la Cina riesce a esportare tra 300 e 400 milioni di mascherine al giorno.
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