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Maddalena Oliva per “il Fatto Quotidiano”
CHI SAPEVA DELLO SCANDALO ZANCHETTA?
L' ultima volta in aula, a Orán, nella provincia settentrionale di Salta, ai piedi delle Ande argentine, Gustavo Zanchetta si è visto l' 8 agosto. Per dieci minuti. Tanto è durata l' udienza in cui il giudice Claudio Parisi ha accettato di revocare, su richiesta della difesa del prelato, il divieto di espatrio. "L' imputato Zanchetta sta collaborando", ha motivato il giudice. "Mantenere tali limitazioni alla sua libertà rappresenterebbe una coercizione, e gli impedirebbe di proseguire il suo lavoro quotidiano".
A pesare sulla decisione del giudice, un certificato datato 3 giugno 2019 e presentato dalla difesa di Zanchetta. Secondo quanto riporta il quotidiano El Tribuno de Salta, il documento sarebbe firmato dall' arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato vaticana, e da Vincenzo Mauriello (minutante dell' ufficio del protocollo, sospeso a inizio ottobre per l' inchiesta sulle operazioni finanziarie illecite in Vaticano). E riporterebbe che Zanchetta è un "impiegato del Vaticano", dove lavora presso l' Apsa e "ivi abita, nella residenza di Santa Marta". Nel certificato, però, non sarebbe menzionato un piccolo particolare: monsignor Zanchetta risulta sospeso dal suo incarico (dal 4 gennaio 2019). Quindi perché sarebbe dovuto rientrare in Vaticano? Per quale "lavoro quotidiano"?
La procuratrice Maria Soledad Filtrín Cuezzo - che rappresenta l' accusa nel processo per "abusi sessuali continui ed aggravati" dallo status di Zanchetta come ministro del culto - aveva più volte sottolineato una preoccupazione. Il prelato, tornando in Vaticano, avrebbe potuto sottrarsi al giudizio in Argentina: non esiste un accordo sulle estradizioni tra Argentina e Stato Vaticano.
Ecco perché la procura ha chiesto, di fronte all' impossibilità di procedere alla notifica a Roma degli atti processuali (ridimensionata dall' avvocato di Zanchetta), che venisse emesso un mandato di cattura internazionale per l' imputato.
Il caso scoppia grazie all' inchiesta di El Tribuno, a fine 2018. Nominato assessore dell' Apsa nel 2017, monsignor Zanchetta aveva lasciato poco tempo prima la diocesi di Orán, per un "problema di salute". Dietro quelle improvvise dimissioni, secondo il giornale, le accuse di abusi sessuali su due seminaristi - avvenuti tra il 2014 e il 2015 - e di cui la Chiesa sarebbe stata a conoscenza.
A confermarlo, i documenti interni datati 2015 e 2016 in cui cinque sacerdoti (tre vicari generali e due monsignori) del vescovado di Orán denunciano gli "strani atteggiamenti verso i seminaristi". La nota - indirizzata alle autorità ecclesiastiche locali e all' allora nunzio apostolico in Argentina, monsignor Paúl Emile Tscherrig - racconta come, nel settembre 2015, tutto ebbe inizio. Il laico Luis Amancio Díaz, segretario di Zanchetta, ha accesso al cellulare del vescovo, per scaricare delle foto da postare sul profilo Fb della diocesi.
"Tra queste, immagini pornografiche di sesso omosessuale tra giovani che si auto-fotografavano nudi con selfie, in atteggiamenti masturbatori". Tutto materiale salvato su una chiavetta Usb, inviata al cardinale primate d' Argentina, Mario Poli. Zanchetta - ricostruirà poi uno dei cinque sacerdoti, Juan José Manzano - fu chiamato subito da Bergoglio a chiarire la sua posizione.
Siamo nell' ottobre 2015: due anni prima, dunque, della nomina vaticana all' Apsa.
Bergoglio in un' intervista tv ha ricordato mesi fa: "Zanchetta s' è difeso dicendo che lo avevano hackerato. Di fronte all' evidenza e a una buona difesa resta il dubbio, ma in dubio pro reo". Quando Zanchetta arrivò a Orán - sottolinea la procuratrice Cuezzo, riportando le parole dei seminaristi che hanno denunciato gli abusi - "avevano particolare timore reverenziale, perché il monsignore fu presentato come amico del Papa".
Che Zanchetta e Francesco siano vicini è risaputo: hanno lavorato a stretto contatto nella Conferenza episcopale argentina. Ora sono anche vicini di casa, anzi di residenza. Forse il Papa potrà ricordare a Zanchetta di presentarsi alla prossima udienza: 27 novembre, ore 9. In Argentina.
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