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“Chiudere le sale da concerto e i teatri è decisione grave. L’impoverimento della mente e dello spirito è pericoloso e nuoce anche alla salute del corpo”. Lo scrive il direttore d’orchestra Riccardo Muti in una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, pubblicata sul Corriere della Sera.
“Egregio presidente Conte - scrive Muti - pur comprendendo la sua difficile responsabilità in questo lungo e tragico periodo per il nostro Paese, con la necessità improrogabile di salvaguardare la salute, bene supremo, dei nostri concittadini, sento il bisogno di rivolgerLe un appello accorato”.
Muti stigmatizza come espressione di “ignoranza, incultura e mancanza di sensibilità” il fatto che alcuni rappresentanti di governo avrebbero definito “superflua” e osserva che la decisione di chiudere teatri e sale da concerto “non tiene in considerazione i sacrifici, le sofferenze e le responsabilità di fronte alla società civile di migliaia di Artisti e Lavoratori di tutti i vari settori dello spettacolo, che certamente oggi si sentono offesi nella loro dignità professionale e pieni di apprensione per il futuro della loro vita”.
“Le chiedo, sicuro di interpretare il pensiero non solo degli Artisti ma anche di gran parte del pubblico, di ridare vita alle attività teatrali e musicali per quel bisogno di cibo spirituale senza il quale la società si abbrutisce. I teatri sono governati da persone consapevoli delle norme anti Covid e le misure di sicurezza indicate e raccomandate sono state sempre rispettate. Spero che lei possa accogliere questo appello, mentre, fiducioso, la saluto con viva cordialità”, conclude il maestro napoletano.
Marco Castoro per "www.leggo.it"
Le ultime restrizioni sul mondo dello spettacolo, un'altra mazzata su tutto l'ambiente, che cosa pensa Simone Cristicchi?
«Io sono abbastanza deluso da questa ultima decisione. Perché, insomma, il teatro ha dimostrato di essere un luogo sicuro in questi mesi. Molto più pericolosi, mi viene da dire, sono i ristoranti. A teatro non si parla, si ascolta, si sta zitti. Non si canta come a messa. In realtà trovo veramente che sia un accanimento. La cultura come l'ultima ruota del carro».
Tante persone che vanno in sofferenza economica.
«Sono amareggiato come i miei tecnici. Io stasera faccio l'ultima replica a Ravenna. Finiamo così, se ne riparlerà a dicembre. Le altre due date, quella di Forlì e Bellaria, sono saltate pur avendo il teatro pieno. Spettacoli sold out».
Un vero peccato. E ora che si fa?
«Chissà magari si deciderà di fare teatro in salotto con massimo cinque spettatori distanziati e con la mascherina. Oppure tutti in chiesa, visto che le chiese sono immuni rispetto ai teatri. Anzi, noi artisti e il pubblico teatrale chiediamo aiuto al Vaticano. Perché ci facciano fare gli spettacoli dentro chiese, cattedrali, monasteri, conventi. Più gli spazi sono grandi e meglio è. Ovviamente è una provocazione però perché no?».
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