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    LONDRA IN ARTE - CURIOSITA' AI MASSIMI LIVELLI NELLA CAPITALE INGLESE DOVE SONO STATI INAUGURATI "LONDON FRIEZE 2021" E "FRIEZE MASTERS" - RIELLO: "UNA VENTINA DI ROBUSTE ED ATTREZZATE GALLERIE SPERANO DI RIMPOLPARE RAPIDAMENTE IL FATTURATO CON PROPOSTE A PROVA DI BOMBA. PARECCHI SI DANNO DA FARE CON ARTISTI STORICIZZATI E SPESSO ANCHE DEFUNTI. MA TUTTI HANNO ALMENO UN PAIO DI ARTISTI “GIUSTI”, APPARTENENTI CIOE’ A QUALCHE MINORANZA DISCRIMINATA (MA ANCHE ARTISTICAMENTE BEN RICONOSCIUTA) FACILMENTE VENDIBILI IN QUESTO MOMENTO..." 


     
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    Antonio Riello per Dagospia

     

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    Si sono appena inaugurati London Frieze 2021 e Frieze Masters. Quest’anno, attese e curiosita’ sono ai massimi livelli. Bisogna riscattare il tempo e il denaro perduti e ci si aspettano dei segnali guida per il prossimo nebuloso futuro. Le solite ubique tota bag di tela con la scritta FRIEZE sono praticamente sparite, adesso solo gli extra-VIP (che sborsano per diventarlo circa 1000 Sterline l’anno) ne hanno diritto.

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    Prima le cose negative.

     

    La prima impressione e’ di un Frieze piuttosto rassicurante e quasi conservatore: “e’ tornato tutto come prima, non e’ successo niente”, questo e’ il messaggio. In estrema sintesi: una ventina di robuste ed attrezzate gallerie sperano di rimpolpare rapidamente il fatturato con proposte a prova di bomba. Parecchi si danno da fare con artisti storicizzati e spesso anche defunti. Ma tutti hanno almeno un paio di artisti “giusti”, appartenenti cioe’ a qualche minoranza discriminata (ma anche artisticamente ben riconosciuta) facilmente vendibili in questo momento. 

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    Intorno c’e’ un buon numero di gallerie giovanissime e spesso provenienti da paesi extraeuropei che mostrano, con molta buona volonta’, cose che non saranno probabilmente mai vendute.

     

    Servono insomma a dare “credibilita’ culturale” a quello che e’ sostanzialmente una operazione di liquidazione delle scorte fatte prima del Covid. Comunque, ad onor del vero, si vede pochissimo Koons in giro…

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    A proposito di affari (premesso che una fiera e’ naturalmente e giustamente sempre una questione commerciale) eravamo bonariamente abituati ai tanti sponsor del caso: produttori di champagne, banche, assicurazioni.

     

    Quest’anno si e’ fatto un passo avanti (?) e sembra di essere addirittura in un Mall americano. C’e’ per esempio, mischiato alle gallerie, l’ampio e lussuoso stand rosso di una nota casa di elettrodomestici coreana, e poco distante ci si imbatte in una marchio di moda britannica che propone abiti e offre barrette di cioccolato a chi, con lo smartphone, visita il sito dell’azienda (per la cronaca: il cioccolato che sbolognano non e’ un granche’).

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    Infine incombe sovrano su questa fiera il mantra della sostenibilita’. Si e’ costituita pomposamente per lo scopo una charity, la GCC (Gallery Climate Coalition) che dovrebbe suggerire modelli ecologicamente corretti di gestione e vendita dell’Arte Contemporanea. Al di la’ delle buone intenzioni, che vanno sempre rispettate, sembra una paradossale ingenuita’ sventolare un tema del genere in un contesto di questo tipo. Le Gallerie con le loro ingombranti opere vengono da ogni parte del mondo, molte opere (video, installazioni luminose) consumano corrente elettrica a go-go e i tanto amati collezionisti/visitatori provengono anche loro da tutti i continenti.

     

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    Se si vuole essere seriamente sostenibili bisogna fare le fiere di quartiere con la gente di quartiere e con quadretti fatti in loco con materiali riciclati (e ovviamente con un business dimensionato a questa scala). Se invece, come qui, si hanno ambizioni sostenute e globali, e’ meglio parlare di altro oppure tacere. Altrimenti si intravede solo una imbarazzante ipocrisia.

    Adesso le cose buone.

     

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    A Frieze ci sono, di fatto, molte belle opere da guardare e da comperare. La galleria Sadie Coles ha dei significativi pezzi di Sarah Lucas (eroina, assieme a Tracy Emin, dei Young British Artists degli anni ’90), per ciascuno chiede 325.000 Sterline. Il bravissimo Yinka Shonibare che con le sue stoffe etniche sa avvolgere tutto (e di tutto) e’ presente in diverse gallerie. Notevoli i lavori dell’artista Simone Leigh da Hauser & Wirth: grandi sculture antropomorfe fatte di rafia (la gonna) e ceramica (la testa e il torso) con un prezzo sostanzioso: siamo sui 750.000 Dollari americani.

     

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    Da Victoria Miro sono esposti dei bei lavori di Chris Ofili (ha rappresentato l’Inghilterra alla Biennale di Venezia del 2003, oggi e’ un po’ meno popolare). Uno degli stand piu’ belli e’ probabilmente quello di Lorcan O’Neill con una serie di opere di Rachel Witheread e Domenico Bianchi. Magnifiche (e costose) le installazioni luminose di Alex da Corte alla Matthew Marks Gallery. Importante anche lo stand della galleria londinese Pilar Corrias con le grandi tele di Sabine Moritz. Perrotin, poderosa galleria francese, ha in mostra delle sculture in vetro di Jean-Michel Othoniel, appena insignito della qualifica di “Immortal” da parte dell’Academie des Beaux-Arts di Parigi. 

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    Una galleria di Riyad (Arabia Saudita), ATHR, propone la ricerca interessantissima di Ahmed Mater, tutta incentrata sui droni militari. Marianne Boesky Gallery di NY sfodera Gina Beavers con i suoi “Chou Chou Lips”: una fastosa celebrazione super-pop dei labbroni rigenerati con la chirurgia plastica (che comunque costano sui 60.000 Dollari americani). Una giovane galleria che gia’ si fa notare, Emalin, ha in mostra le installazioni metalliche a parete di Sung Tieu, che ha vinto il premio come “migliore artista” di Frieze 2021.

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    Anche a Frieze Master non mancano cose che meritano di essere considerate con una certa e doverosa attenzione. Giosetta Fioroni ha un intero stand dedicato alla galleria Luxenburg. I quadri di Martin Kippenberger  sono alla Skarsted Galerie. La galleria milanese Tommaso Calabro ha una strepitosa serie di lavori di Remo Bianco. Poco lontano Allan McCollum con i suoi impareggiabili vasi (fatti negli anni 80) gode di una esclusiva ospitalita’ alla Galleria Mitterand.  E poi, qui e la’ come di consueto, gli immancabili Fontana da investimento.

     

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    Quasi tutte le gallerie presenti hanno in genere meno personale del solito. Oltre a quanto si puo’ ammirare fisicamente offrono una ampia scelta di lavori che si possono selezionare (ed acquistare) on line. Il mercato dell’Arte si sta gia’ velocemente digitalizzando anche in questo ambito.

     

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    Il problema e’ che in qualsiasi fiera (e quindi anche in questa) la ragione vera che giustifica una visita non sono le opere (quasi dei pretesti, a ben guardare) ma la fondamentale opportunita’ di poter incontrare, concentrata in pochi giorni e in un solo luogo, una moltitudine di appassionati e operatori del settore. Parlare, scherzare, spettegolare degli amici-nemici comuni, bere e cenare assieme, non sono gesti facilmente smaterializzabili, ma sono spesso essenziali per fare dei buoni affari. Sembra essere questo l’unico segnale  chiaro che si porta a casa andandosene da qui.

     

     

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