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    C’E’ UN BOSS FANTASMA CHE SI AGGIRA PER IL MONDO: MESSINA DENARO - DA BARCELLONA A CARACAS: I VIAGGI DEL PADRINO SUPERLATITANTE TRA DONNE, DROGA E CURE - NEL 2010 L’ULTIMA SEGNALAZIONE SUL BOSS MAFIOSO: FA LA SPOLA CON LA TUNISIA


     
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    Rino Giacalone per “la Stampa”

     

    Un gran viaggiatore: per piacere, per incontrare le varie fidanzate sparse per mezza Europa e, naturalmente, per concludere affari di droga.  Matteo Messina Denaro, capo della mafia trapanese, pronto a dispensare consigli, «se richiesti» si trovò scritto in un pizzino alle famiglie di Palermo, prima e durante la latitanza che dura dal 1993 non si è fatto mancare nulla a proposito di viaggi.

     

    Il primo lo fece a 25 anni. Nel 1987 con i suoi documenti (non era ancora latitante) per curarsi lo strabismo all’occhio sinistro, che forse oggi lo ha reso cieco da quest’occhio va a Barcellona alla clinica Barraquer. Nel giugno 1993, già ricercato, in compagnia del fidato Peppe «Rocky» Fontana (riarrestato pochi mesi addietro) Messina Denaro si reca a Basilea a vedere una delle sue «donne», Franziska John. 

     

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    In fuga

    Boss Matteo Messina Denaro - L unica foto di lui dal vivo Boss Matteo Messina Denaro - L unica foto di lui dal vivo

    Da latitante trascorre l’estate a Forte dei Marmi, con i fratelli Graviano, per poi volare in Austria, ancora per una donna (Andrea Hasleher). Un anno dopo, giugno ’94, con carta d’identità intestata a Matteo Cracolici, riesce a prendere un traghetto a Brindisi per andare in Grecia, con la bagherese Maria Mesi. Nell’estate del 1995 se ne sta tranquillo in un residence di San Vito Lo Capo, a Trapani, villetta trovata da Vito Mazzara, killer del sociologo Mauro Rostagno. 
     

    Intanto Matteo Messina Denaro si fa fare un nuovo documento d’identità, valido per l’espatrio, intestato a Giuseppe Adragna, attraverso il boss alcamese Nino Melodia. Glielo procura un impiegato dell’anagrafe di Alcamo, Giuseppe Indovina. Nei primi anni del 2000 va in Venezuela.

     

    MIAMI MIAMI

    All’epoca la mafia mazarese, quella del defunto Mariano Agate, passata poi nelle mani dell’anziano Vito «Coffa» Gondola (arrestato nel blitz Ermes di 48 ore prima), in alleanza con le «ndrine» di Platì importare cocaina. Mariano Agate, all’allora detenuto al 41 bis, non solo annunciava alleanze strette in carcere con i camorristi di Sandokan, Francesco Schiavone, ma parlando con il figlio Epifanio mostrava di conoscere i movimenti «esteri» di «Olio» uno degli alias di Matteo Messina Denaro. 

     

    Come confermò una fonte confidenziale ai poliziotti trapanesi, il defunto boss agrigentino Francesco Termini, Messina Denaro era stato in Venezuela per accordarsi con i colombiani come voleva don Mariano. Nel gennaio 2006 Matteo Messina Denaro, con passaporto falso arrivato dalla criminalità romana, vola in Florida a Miami. Le ultime segnalazioni lo danno in Tunisia nel gennaio 2010.

     

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    All’epoca con un biglietto anonimo fatto circolare apposta, qualcuno gli fece sapere che il suo viaggio e il suo muoversi per Mazara erano diventate cose note: «Caro Matteo, tu che vivi nel caldo tepore dei focolari domestici mazaresi sappi che ti vedo. Ti vedo fare la spola tra Torretta e la Tunisia. Ti vedo in quella farmacia di Mazara levare via i tuoi malanni. Li vedo quei pizzini tuoi, volare, liberi come gabbiani al Porto Nuovo. Sappi che ti vedo».

     

    Ma il boss «fantasma di Castelvetrano» sta tranquillo, perché è lui a decidere ancora oggi di non vedere e di non incontrare nessuno. L’unico che avrebbe avuto l’onore di vederlo di recente sarebbe stato il professore agrigentino Leo Sutera, arrestato forse mentre sarebbe stato utile lasciarlo libero.

     

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