M.A. per "il Messaggero"
FRANCESCHINI ENRICO LETTA 4
Gli amici di Letta assicurano: «Enrico non è un tipo vendicativo». Per fortuna. Sennò, dovrebbe prendersela non solo con gli ex renziani ma con quasi tutti quelli che adesso gli chiedono di fare il Cincinnato e il salvatore della patria dem e che sette anni fa però lo tradirono.
Contribuendo a defenestrarlo da Palazzo Chigi. Letta non potrà mai dimenticare, e infatti anche in queste ore ci pensa e ci ripensa, la giornata del 13 febbraio 2014, quando la direzione del Pd vota la fine del governo da lui presieduto e designa Renzi al suo posto.
Anche per #EnricoStaiSereno arrivò il giorno della rottamazione. Che portò la firma un po' di tutti, degli ex democristiani, degli ex comunisti, di tanti di coloro che adesso si aggrappano a lui come a un salvagente (pronti a sgonfiarlo di nuovo, dopo tanto unanimismo, quando e se converrà?). «I farisei mi hanno sfiduciato, ho capito che i mediatori tra me e Renzi mi avevano teso un tranello», così la prese l'#EnricoStaiSereno.
LETTA FRANCESCHINI
Erano le 8 del 13 febbraio 2014 e al piano nobile di Palazzo Chigi il premier, ormai indebolito, fece entrare nel suo studio dalle pareti dorate una delegazione del partito. E la presenza di Speranza, capogruppo dem alla Camera, della sinistra bersaniana, fece capire al premier che il colpo di grazia lo avevano inferto proprio loro, gli ex comunisti, a parole ostili a Renzi ma nei fatti decisivi nel favorire la sua escalation. Alle varie correnti che gli chiedevano di lasciare il campo senza traumi, Letta rispose così: «Questa è un' operazione che farà male al Paese».
franceschini letta
Quell' incontro fu gelido, durò quattro minuti e dieci ore più tardi la Direzione del Pd ritirò la fiducia al beniamino di queste ore e aprì la strada al governo guidato dal segretario Renzi. Il quale già dal tempo delle primarie aveva intrecciato un rapporto personale con uno dei capofila degli ex comunisti, Orfini, con Franceschini e con tanti altri e non faceva che ripetere a tutti: «I sondaggi sono brutti, se continuiamo con il passo di Letta alle Europee prendiamo un legnata». E ancora: «Così non va, serve un governo di legislatura» (che è un bel richiamo per gli onorevoli che vogliono rinnovare il proprio mandato e allora sembrava esserci posto per tutti).
ROBERTO SPERANZA
Romano Prodi, mentre il partito tra big e peones di ogni tendenza accusa il governo di immobilismo e di «scarso coraggio», mette sul chi vive il suo amico Enrico: «Tenta una sortita, non aver paura di metterti in una controversia». Ma stava precipitando tutto e in prospettiva anche i lettiani, come la De Micheli o Boccia, avrebbero preso altre strade.
CANNIBALISMI Si sentiva solo, Letta. Chi più chi meno, gli attuali maggiorenti che in queste ore invocano «Enrico, Enricoooo», lo spinsero fuori dalla leadership e dalla premiership. Bersani, convalescente, lasciò fare. Franceschini mediava per convincere l' amico Enrico a fare un passo indietro senza scontri cruenti.
Il capogruppo Speranza: «E' un buon politico e un uomo di partito e dunque - così disse l' attuale ministro della Salute che intanto è andato a Leu - Enrico saprà valutare». Ossia andarsene senza troppi capricci. E Letta: «Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità alla luce del sole, anche il Pd. Il mio mandato dura fino alla fine del 2014. Questo era l' accordo. Non accetto manovre di palazzo e non partecipo a trattative sul mio futuro».
ZINGARETTI LETTA
Ma ormai Letta era stato fatto fuori dal partito da cui adesso s' è dimesso Zingaretti e anche Nicola e i suoi in quel 2014 c' erano eccome. C' è' chi agì con entusiasmo (magari miope), chi con cinismo, chi per conservare la posizione. «Impazzano istinti cannibaleschi», s' indignò Filippo Andreatta, figlio di Beniamino (il grande mentore del giovane Letta) e ottimo amico dell' allora premier. Il problema è che quel tipo di istinti, nel Pd, sono tuttora forti come allora o addirittura si sono incrudeliti. E il primo a saperlo è proprio #EnricoStaiSereno.