OSCAR
Anna Lombardi per la Repubblica
«Allunghiamo le nostre tavole anziché alzare nuovi muri»: è il messaggio delle star a Donald Trump. Urlato sui cartelli della protesta che alla vigilia dell' Oscar che si terranno oggi pomeriggio qui al Dolby Theatre di Hollywood, ha portato attori, musicisti e i loro agenti a manifestare nel cuore di Beverly Hills, stretti fra la sede della United Talent Agency e quella di Playboy.
«Dobbiamo resistere: blocchiamo le strade, alziamo la voce. Trasformiamo la protesta nella nostra La La Land», ha detto dal palco l' attrice e regista Jodie Foster evocando la scena iniziale del film favorito agli Oscar, dove un ingorgo di traffico si trasforma in una danza collettiva. «Viviamo nel paese più fortunato del mondo », le ha fatto eco l' attore Michael J. Fox, la star di "Ritorno al futuro" che, malato di Parkinson, è in prima linea per i diritti civili: «Non possiamo chiudere le porte, non condividere la nostra fortuna».
Hollywood aggiunge un posto a tavola a modo suo: annullando l' attesissimo party pre Oscar della potente United Talent (che raccoglie gli agenti delle star più famose) per devolvere quei soldi a due associazioni che si occupano di rifugiati, l' International Rescue Committee dell' ex ministro degli Esteri britannico David Miliband, anche lui sul palco di Beverly Hills, e all' American Civil Liberties Union.
JODIE FOSTER
In un video messaggio il regista iraniano Asghar Farhadi, autore del film "Il Cliente" nominato fra i migliori film stranieri, grande assente dagli Oscar per protesta contro il bando di Trump, ringrazia: «Mi conforta sapere che la gente del cinema fa sentire la sua voce contro la politica che promuove l' odio fra le culture».
Fra la folla di questa manifestazione in stile californiano, col sole a picco e tanta musica insieme a Mark Ruffalo che l' anno scorso fu nominato per il suo ruolo in "Spotlight", e a star della tv come Piper Perabo della serie "Notorious", c' è anche il dottor Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa protagonista di quel "Fuocoammare" di Francesco Rosi che stasera rappresenterà l' Italia agli Oscar. «È una manifestazione bellissima», dice Bartolo a Repubblica: «Sono felice di vedere che quella malattia dell' accoglienza che abbiamo noi lampedusani, ha infettato anche Hollywood, che il cinema, la cultura, sono dalla parte giusta. Speriamo di infettare il mondo».
E pazienza se la manifestazione non è affatto piaciuta a President Trump, che su Twitter ha ruggito: «Anche chi ha votato per rendere l' America nuovamente grande organizzerà una manifestazione: sarà più grande della vostra». Il presidente ha già fatto sapere che gli Oscar, lui, «non perderà tempo a guardarli»: impegnato con Melania al Governors Ball, il ballo dei governatori.
MICHAEL J.FOX
Una scelta ben diversa da quella degli Obama, fan del programma al punto che, nel 2013, Michelle consegnò a statuetta per il miglior film. E inusuale perfino per Trump che in passato ha sempre commentato gli Oscar in diretta su Twitter.
Certo, quest' anno il tappeto rosso rischia di trasformarsi nella manifestazione anti Trump più elegante del mondo: con registi e attori pronti a mandare un messaggio al presidente dal palco globale degli Academy Awards. Messaggio già anticipato venerdì sera da Mira Sorvino consegnando a Francesco Rosi la maschera d' argento del Los Angeles Italia Film Fest: «Grazie per aver puntato i riflettori sul dramma dei rifugiati proprio mentre l' America imbarazza se stessa chiudendo le porte».
Compito che però secondo gli attivisti di #Oscarsowhite, la campagna contro gli Oscar "troppo bianchi" non è portato avanti con onestà dagli Studios. Il movimento nato un anno fa per denunciare l' assenza di attori neri fra le nomination, oggi protesta su Sunset Boulevard anche se quest' anno ci sono sei afroamericani in lizza: «Troppe minoranze sono ancora assenti», dice Najee Ali, animatore del movimento: «Quest' anno non protestiamo contro l' Academy: ma contro l' ipocrisia degli Studios. Nei film neri, latini, musulmani sono sempre i cattivi. C' è anche quell' immaginario da loro costruito dietro il bando di Trump e il nuovo razzismo dell' America».
IVANKA TRUMP