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Dagonota
E se la data del referendum costituzionale finisse nel Calendario dell'Avvento? Il rischio c'è ed è meno fantasioso di quel che sembra. Ed a farlo capire è proprio il premier cazzone.
"Il referendum sulle riforme deve essere fissato a norma di legge entro il 13 ottobre, e a quel punto dal giorno in cui verrà fissato, decorrono tra i 50 e 70 giorni di tempo", ha detto Renzi in Cina.
I cinquanta giorni finiscono il 23 novembre; e la prima data utile potrebbe essere domenica 27 novembre. I 70 giorni, invece, finirebbero il 13 dicembre, Santa Lucia: in pieno calendario dell'Avvento. E la domenica utile potrebbe essere l'11 dicembre.
RENZI BOSCHI
Se la consultazione slittasse fino a dicembre (ipotesi che MariaEtruria Boschi non ha escluso), Sergio Mattarella sarebbe contento. Per Santa Lucia, verosimilmente, la sessione di bilancio è agli sgoccioli; con la Legge di Stabilità sulla strada dell'approvazione definitiva (con voto di fiducia, ovviamente). In tal modo, verrebbero disinnescati i rischi di instabilità finanziaria conseguenti ad una vittoria del "no".
mps
In compenso, il voto referendario arriverebbe proprio nel mezzo dell'aumento di capitale del Monte dei Paschi. Quanti investitori saranno pronti a sottoscrivere l'operazione di fronte all'instabilità politica?
E se non dovesse decollare l'operazione targata Jp Morgan, chi pagherebbe il conto sarebbero i piccoli risparmiatori che - nel tempo - hanno investito i propri denari nelle obbligazioni subordinate della banca senese. Ammontano a 2 miliardi.
Tanto per avere un termine di paragone: i risparmiatori rimasti fregati dal fallimento delle 4 banche hanno rimesso 300 milioni.
Ugo Magri per “la Stampa”
RENZI E BOSCHI
Sensazioni autunnali positive nel mondo renziano. Vengono, pare, dagli umori captati a fine agosto nelle feste dell' Unità. Dai clamorosi autogol grillini di inizio settembre. Ma soprattutto dal piglio operativo con cui Renzi si è tuffato nella ricostruzione post-terremoto.
Nemmeno i fedelissimi si spingono a sognare lo stesso boom di consensi che Berlusconi registrò dopo il sisma del 2009, quando aveva in pugno l' Italia prima di rovinare tutto con le sue «feste eleganti»; però «l' aria sta cambiando in meglio» scommettono speranzosi i vertici del Pd.
RENZI TOCCA LA SCHIENA DELLA BOSCHI
Contribuisce al nuovo clima la retromarcia del premier sul referendum, l' onesta ammissione (chissà quanto gli sarà costata) che fu uno sbaglio personalizzarlo. Rispetto a due mesi fa Renzi precisa che non cascherebbe il mondo se vincesse il «no», e si guarda bene dal ripetere che lui se ne andrebbe un minuto dopo. Nemmeno ci dice esattamente quando andremo a votare.
Il governo ha un altro mese di tempo per fissare la data, pare se la voglia prendere comoda. Pure questa apparente «nonchalance» fa parte della stessa strategia rasserenante: serve a dirottare l' attenzione altrove. Mario Monti certifica all' Huffington Post: «Renzi è più umile e maturo».
Una mina sotto il sistema
napolitano
Ma prima del referendum c' è un' altra data, il 4 ottobre, che potrebbe letteralmente sbriciolare il sistema politico , rendendolo ingovernabile. Quel giorno la Consulta si riunirà per esaminare i ricorsi contro l'«Italicum». Anche qui l' aria sembra cambiata. Mentre prima dell' estate i cosiddetti esperti erano arci-convinti che la Corte avrebbe salvato la legge senza nemmeno entrare nel merito, adesso sono sicuri del contrario. Si è diffusa cioè la convinzione che il 4 ottobre saranno giudicati ammissibili i ricorsi.
E che nella stessa seduta, o in una successiva, i 15 giudici impugneranno il «machete» contro la «madre di tutte le riforme» (celebre definizione renziana della legge).
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La paura dei «poteri forti»
Difficile accertare su cosa si fondi questa nuova certezza.
La giurisprudenza della Corte autorizza qualunque conclusione, in un senso e nell' altro.
Per un verso ribadisce il principio di rappresentatività che, nota Luciano Violante, sembra fare a pugni con il ballottaggio dell'«Italicum», in cui può vincere perfino un candidato premier con il 25 cento dei voti; dall' altro lato però la Consulta (vedi la sentenza 275/2014, relatore Giuliano Amato) esalta i ballottaggi come strumento di democrazia, sia pure a livello locale; insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte.
maria elena boschi nel presepe con renzi by vespa
Pare tuttavia che autorevoli personaggi della politica, in grado di sondare i giudici della Corte, abbiano percepito a fine agosto un giudizio molto critico verso la legge elettorale, più netto tra quei membri della Consulta che vennero nominati ai tempi di Napolitano. Il Presidente emerito teme, insieme a buona fetta dell'«establishment», che l'«Italicum» possa spalancare la strada ai grillini, grazie al premio di maggioranza. Ecco perché si torna a sentire profumo di proporzionale: se la Corte boccia il ballottaggio, ai «poteri forti» passa la paura.
renzi madia delrio boschi picierno
Rischio di figuraccia
Il premier non se lo augura. Falso che una bocciatura dell'«Italicum» gli farebbe comodo. Lui adora le scommesse e ritiene che, nel duello secco con Di Maio, un domani potrebbe vincere. E poi, il ritorno al proporzionale sarebbe una sconfitta politica, una figuraccia colossale, quasi peggio che perdere il referendum. Ma l' ultima parola non ce l' ha lui.