Antonella Barina per “il Venerdì di Repubblica”
Parigi
Erano frenetiche, all'inizio del 2019, le trattative per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea: si rischiava un'improvvisa serrata delle dogane, senza essere giunti a un accordo. Le strade lassù erano intasate di camion, i negozi di alimentari vuoti, il mondo del business nel panico.
Cosi come il mercato dell'arte, che correva rischi inattesi. La prestigiosa Galleria Tornabuoni, quartier generale a Firenze e avamposti in diverse città, aveva da poco inaugurato a Londra una mostra di Burri e Fontana. Quaranta tele assicurate per 71 milioni di euro, entrate liberamente nel Regno Unito mentre era ancora parte dell'Europa.
Galleria Tornabuoni Firenze
Se la famigerata Brexit fosse scattata, sarebbe costato più di 7 milioni di euro riportarle in Italia, perché da noi l'Iva d'importazione delle opere d'arte è al 10 per cento. L'azzardo era eccessivo: la mostra fu chiusa fulmineamente.
Oggi la Brexit è diventata realtà: dal 31 dicembre la Gran Bretagna è fuori dall'Unione europea. Far attraversare la Manica a quadri e sculture significa dazi, licenze, burocrazia. Quali ripercussioni avrà tutto ciò sul mercato dell'arte, che in Europa è da decenni a trazione anglosassone? Londra, regina degli scambi tra case d'asta, gallerie e collezionisti, perderà la propria corona? E a favore di chi? Di Parigi, indiscussa capitale mondiale dell'arte fino alle devastazioni dell'ultima guerra?
Galleria Continua Parigi
Certo, gli addetti ai lavori sono in fermento. Per tornare alla Galleria Tornabuoni, gli intralci creati dalla nuova dogana l'hanno addirittura spinta a chiudere l'insicuro spazio londinese, per eleggere Parigi come palcoscenico internazionale, rilanciando la propria sede storica di Avenue Matignon, del tutto rinnovata.
E altre gallerie di prim'ordine hanno varato navi ammiraglie (o vedette) nella capitale francese. A muoversi sono state l'inglese White Cube, la newyorkese David Zwirner, le italiane Massimo De Carlo e Galleria Continua…
Massimo de Carlo Parigi
Insomma, Parigi sta diventando una città strategica per la compravendita d'arte. Con fiere di crescente successo, dalla Fiac (per il contemporaneo) al Salon du dessin (per il disegno da collezione). E case d'asta che battono lotti sempre più prestigiosi. Nel 2019, prima della pandemia, le vendite parigine all'incanto hanno fatto impennare il mercato nazionale dell'arte del 49 per cento, il che ha quasi raddoppiato la quota di mercato mondiale della Francia (al quarto posto dopo Usa, Gran Bretagna e Cina).
Non a caso l'inglesissima Sotheby's, passata due anni fa in mani francesi con l'imprenditore Patrick Drahi, ha acquistato a Parigi un nuovo edificio, dove traslocherà nel 2023. Insediandosi a due passi dalla sua rivale storica Christie's, altro caposaldo British acquistato (vent'anni fa) da un magnate d'oltralpe, Frangois Pinault. E non lontano da Artcurial, terza casa d'aste di Francia. Così le tre sorelle saranno tutte intorno ad Avenue Matignon, il nuovo miglio d'oro del mercato dell'arte a cinque stelle. Parigi pronta a scalzare Londra?
David Zwirner a Parigi
Non tutti ne sono convinti. «La capitale francese è in ascesa da alcuni anni e l'escalation continuerà» commenta Sebastian Fahey, direttore generale di Sotheby's Europa.
«Ma di qui a dire che ruberà la ribalta a Londra ne corre. Con la crescita del collezionismo d'arte c'è spazio per entrambe. E non credo che i successi parigini siano dovuti alla Brexit: per Sotheby's, ad esempio, gli effetti dell'uscita dall'Unione saranno minimi. Perché più di tre quarti dei nostri clienti risiedono in Paesi extraeuropei, quindi per loro nulla cambierà. E tra i cittadini Ue sarà penalizzato solo chi compra, non chi vende: in particolare i privati che, fatti acquisti a Londra, vorranno portarli nel proprio Paese, dove l'Iva non sarà mai bassa come quella inglese, al 5 per cento. Ma conosco bene i collezionisti: davanti a un capolavoro non resistono, qualsiasi siano le tasse da pagare».
La Fiac di Parigi
«Anch'io sono convinto che Londra non scomparirà dal mercato dell'arte, ma al momento è nel caos», ribatte Michele Casamonti, figlio del fondatore della Galleria Tornabuoni. «Passaggi doganali e pastoie burocratiche fanno impennare i tempi di spedizione delle opere. E i costi: quasi triplicati. Il che incide poco su un'opera da un milione di euro, parecchio su una tela da poche decine di migliaia. E allora perché non privilegiare Parigi, città europea che ha già infrastrutture, know-how e un'offerta culturale senza pari, con continui investimenti in mostre, musei e un turismo colto d'élite?».
Sotheby's
Che la Brexit crei intralci è indubbio. Ma gli inglesi, popolo di navigatori e mercanti, non danno forfait. Il governo di Boris Johnson ha appena annunciato la nascita di otto free ports: zone economiche dove le merci possono transitare senza troppi controlli e tasse. Plymouth e Liverpool diventeranno limbi fiscali come Zurigo e Ginevra?
Il Regno Unito come la Svizzera? Difficile fare pronostici: l'intero mercato dell'arte, che la pandemia ha contratto e trasferito giocoforza online, presenta molte incognite. «Nel 2023 scopriremo che non sono passati solo quattro anni dal 2019, ma molti di più», conclude Casamonti. «Avremo voltato radicalmente pagina. Meno glamour, meno feste, meno champagne, meno superficialità. E - novità irreversibile - continueranno le vendite online, anche se non saranno certo le sole».
Salon du dessin
Fahey insiste: «Il web ha avvicinato alle aste un nuovo pubblico giovane, che non aveva mai visto una sala d'aste. Una folta schiera di debuttanti che allarga il mercato. Secondo me gli affari fioriranno sia a Parigi sia a Londra». Forse è obsoleto parlare di confini in un mercato globale. Immaginiamo di essere a Londra e vendere online un quadro che è in Italia a un acquirente statunitense: la vendita è londinese, italiana o americana?
Christie's