dago arbore
Estratti dal libro di Luca Beatrice “Le vite. Un racconto provinciale dell’arte italiana”
Roberto D’Agostino
(Roma, 1948. Vive a Roma)
La presenza di Roberto D’Agostino in un libro sull’arte italiana degli ultimi cinquant’anni si può «giustificare» in diversi modi, a partire dalla sua partecipazione a Quelli della notte, il programma di Renzo Arbore andato in onda su Rai 2 nel 1985.
LUCA BEATRICE LE VITE COVER luca beatrice
Lì il giovane tuttologo, vestito con completi coloratissimi, gialli, verdi, rossi, parlava di «edonismo reaganiano», un modo per lasciarsi dietro il terrorismo e gli anni di piombo, che all’inizio sembra un tormentone finché, come dice lui stesso, «travalica il piccolo schermo e gli addetti alle opinioni di massa dichiarano che non e solo un goliardico scherzo catodico, ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli anni ottanta», magnificando il romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere di un autore dell’Est, Milan Kundera, scomparso nel luglio 2023, ancora sconosciuto in Italia e pubblicato dall’emergente Adelphi di Roberto Calasso.
dago e achille bonito oliva
D’Agostino – da qui in poi Dago – è stato, insieme a Paolo Portoghesi (direttore della prima Biennale d’architettura a Venezia) e ad Achille Bonito Oliva che scrive L’ideologia del traditore, a Gianni Vattimo (teorico del pensiero debole), il protagonista della rivoluzione postmoderna. In particolare, Dago ne parla nel mezzo più popolare, la televisione, e dunque raggiunge un pubblico molto ampio.
roberto d'agostino dago federico zeri sbucciando piselli
Non solo Arbore. Dago si inventa anche Sbucciando piselli, il volume del 1990 scritto a quattro mani con Federico Zeri, grande storico dell’arte che detestava l’accademismo, esibizionista a suo modo, e ospite fisso di Gianni Ippoliti in Q come cultura negli stessi primi anni novanta in cui stava emergendo la potenza comunicativa di Vittorio Sgarbi.
La passione per l’arte si giustifica per la collezione kitsch che occupa ogni centimetro libero della meravigliosa casa sul Lungotevere, una delle più belle di Roma, tra capolavori del genere e ovvie discese nel baratro del pessimo gusto, delle forme più strane e «avanti», che nulla concedono alle inclinazioni noiose della borghesia pseudo-illuminata per muoversi in direzione dell’eccesso: ultra-barocco, pop-surrealismo, digital paint, illustrazione psichedelica, ex voto del terzo millennio.
roberto d'agostino dago federico zeri
Ogni tanto lo si vede alle mostre e alle Biennali in compagnia della moglie, Anna Federici, perché l’arte gli piace, ne capisce, anche se il più delle volte preferisce liquidarla con perfide battute che smitizzano soprattutto i più grandi, perché non è divertente prendersela con i minori.
Senza contare che è lui stesso un’opera d’arte, avendo affidato la propria epidermide a un tappeto di tatuaggi come una scultura vivente su cui Piero Manzoni avrebbe messo certamente la firma; e poi i capelli, legati in una lunga coda, gli anelli, i bracciali, i monili, eccentrico, imprevedibile, darkettone e «tamarro style».
dago e bonito oliva
In verità, il contributo di D’Agostino all’estetica contemporanea è legato all’invenzione di Dagospia, che da oltre vent’anni ha cambiato le regole della comunicazione in Italia. Il celebre logo a forma di bomba compare in rete il 22 maggio 2000 dopo che a Dago hanno tolto una rubrica di gossip troppo piccanti sull’«Espresso».
coca cola omaggia dagospia
Leggende romane vogliono sia stata Barbara Palombelli a suggerirgli di inventare uno spazio libero, senza censure, da cui diffondere le notizie rubate nei salotti, nei palazzi della politica, qualche volta sotto le lenzuola. Da allora Dagospia è diventato l’organo ufficiale di indiscrezioni, rivelazioni e pettegolezzi. Molti si arrabbiano se vengono trattati male, ma più che altro rosica chi non ci finisce mai dentro. «In realtà si incazzano tutti» dice «perché il tasso di permalosità sorpassa il muro del suono. Almeno non vengo più invitato alle cene e alle feste, cose che scassano davvero i coglioni.»
DAGOSPIA E POLITICO - DA IL MESSAGGERO
Il mondo di Internet è diverso da quello della televisione, dei libri, dei giornali ed è solo il pubblico a decidere il successo: non ci sono reti di protezione né raccomandazioni di sorta. Dagospia cambia completamente il modo di parlare di politica perché alla gente non interessano più le diatribe ideologiche. «L’importante» sostiene Dago «non sono le cose che scrivi ma come le scrivi,
la capacità di andare incontro a ciò che vuole la gente e al poco tempo disponibile. Il messaggio è condensato nei titoli sparati, succosi e mai banali o arrotondati come nella carta stampata.»
roberto d'agostino dago e la moglie anna federici
Il nuovo pubblico è ghiotto di informazioni riservate su abitudini e vizietti sessuali, inciuci tra palazzo e banche; la cultura da tempo non è più appannaggio di un’élite, ma occasione per farsi vedere in società, mangiare a scrocco, essere paparazzati accanto al vip di turno. E, soprattutto, non ci sono regole: tutti giocano contro tutti, viene smascherata l’ipocrisia del politicamente corretto, in una corsa frenetica a chi arriva prima alla notizia, grazie a collaboratori sguinzagliati sempre nei posti giusti.
Manipolatore del linguaggio, Dago ha inventato neologismi entrati nel vocabolario degli anni duemila, da «attovagliamento» a «cafonal», sinonimo di esibizionismo pacchiano. Autentico valore aggiunto al sito e arrivato dalle immagini di Umberto Pizzi, lo scatenato fotoreporter ultraottuagenario che per anni ha attualizzato lo stile paparazzo di Tazio Secchiaroli e dei fotografi della Dolce Vita coniugandolo con la cifra iperkitsch e impietosa dell’inglese Martin Parr, noto per aver immortalato le pessime abitudini alimentari dei turisti dell’era globale.
DAGO CON IL LIBRO ULTRA CAFONAL - FOTO LAPRESSE
Il duo Dago-Pizzi riesce sempre a cogliere l’effetto indesiderato, la risata a bocca piena, il décolleté decadente, l’effetto cellulite e l’occhio ebbro. Visioni terribili dell’apocalisse da salotto, così presenti nel mondo dell’arte.
Luca Beatrice
Le vite. Un racconto provinciale dell’arte italiana (Marsilio, pp. 320, euro 19,00)
In libreria dal 12 settembre 2023
dago, carosone, arbore, premio orso alla cabala dago foto porcarelli
LUCA BEATRICE