"YOUTUBE STORY" DI GLAUCO BENIGNI
YOU TUBE"BUONGIORNO, SIAMO I MEMBRI DELLA COMUNITÀ"
L'abbraccio con MTV è stata una buona consolazione per la squadra YouTube. Una ciliegina sulla grande torta che addolcisce l'amaro sapore provocato dal colpo che arriva da un gigante dei vecchi media. La CBS, altro storico Tv network nordamericano, ha chiesto di cancellare un clip di sua proprietà che, dopo essere andato in onda nelle mitiche CBS Evening News, è comparso su di YouTube. Stavolta il protagonista è un giovane autistico, Jason McElwain che, durante una partita di basket, in 4 minuti ha fatto 20 canestri. YouTube ha prontamente ottemperato alla richiesta di cancellazione, ma il clip, come d'incanto, è riapparso puntualmente poco dopo essere stato rimosso.Evidentemente in qualche remota provincia del regno qualche youtuber, certo più di uno, ha deciso di manifestare il dissenso.
La vicenda non sembra concludersi. Dalle nebbie ricompare anche il clip Lazy Sunday. Viene cancellato. Viene ricaricato. Viene ricancellato... e così via. Un altro clip di un gruppo rap, che è stato cancellato, viene riproposto e colleziona circa 500.000 visionamenti in 24 ore. La Comunità appare vigile, vivace e scalpitante, e rivendica il proprio ruolo.
Anche i critici vogliono dire la loro. «Se qualche utente ispirato trova su Internet qualcosa che lo interessa veramente e vuole condividerlo con altri, i Tv network dovrebbero rendersi conto che queste persone sono, in fondo, proprio quelle che dovrebbero essere raggiunte» scrive Melissa Grego, managing editor dell'influente settimanale Tv week. «Questo è proprio il tipo di sostegno che non si riuscirebbe mai a comprare».
Giustamente altri notano che bisogna distinguere tra contenuti short e long. «I pezzi di video corti sono un antipasto e possono essere usati per stimolare l'appetito e non tanto per soddisfarlo» dice il presidente di Diffusion Group. «I boss delle Tv sono abituati a pensare i contenuti nella loro integrità, invece dovranno abituarsi a considerare di più i pezzi corti circolanti sul web quali strumenti promozionali».
La sfida è aperta: anche la critica prende posizione a favore della libera circolazione, ma il vero fronte è l'ostinazione degli utenti. E questo è un pessimo segnale. Qualche membro della Comunità evidentemente non accetta le decisioni del governo di San Bruno. Si pone sul tavolo una spinosissima questione: il controllo del sistema. Una parola che fa rima con censura. Due parole che nel vocabolario degli uploader sembravano non esistere.
Come «controllare» nel web una moltitudine che nel frattempo fa circolare interpretazioni anche altamente liriche del web stesso? «Stanno succedendo così tante cose che anche le parole chiave quali Web 2.0 diventano inadeguate istantaneamente» scrivono i blogger. «Definire e ridefinire, grazie a parole prive di significato pensate da squadroni di aspiranti imprenditori, esperti di mercato, cacciatori di fortune... A che serve?
STEVE CHENSiamo in un momento particolare in cui si dovrebbe spazzare via il fumo della retorica e vedere come stanno le cose in realtà. Non lasciatevi distrarre dalle misurazioni che aiutano solo a migliorare e giustificare il profitto. C'è qualcosa di profondamente importante e reale - e potente - dietro quei numeri. Grazie alla larghezza di banda, alle
attrezzature video da pochi soldi e al software open source, e grazie a noi utenti, il web sta cambiando pelle radicalmente, sta diventando una bestia diversa dalla precedente.
Siamo nella mutazione iniziale di ciò che dovrebbe essere «pensato» come NextNet, un ambiente in cui ogni apparato digitale verrà armonizzato: dal PC, alla televisione, al telefono cellulare, all'iPod. La caratteristica è che in questo nuovo ambiente incidono più di 1 miliardo di utenti web nel mondo. Noi! Senza contare poi quelli che si scambiano messaggi audio e video istantaneamente.
La NextNet è profondamente collaborativa. Gente di tutto il pianeta può lavorare insieme alla soluzione dello stesso problema, e i loro prodotti e i loro strumenti possono essere rapidamente migliorati grazie alla saggezza collettiva dell'intero mondo online. Ognuno, con un browser, può accedere a vasti contenitori di informazioni, rimpastarle e servirle in una nuova forma, a poche persone o a qualche milione di individui. Diamoci da fare».
Questo è il tono dei commenti qua e là nei blog. YouTube avrebbe dovuto tenerne conto. Quindi: come conciliare la visione dei critici, la richiesta di collaborazione e l'evocazione alla saggezza collettiva della base di utenti con la tradizione del copyright e il bisogno pressante di fare affari?
BUSINESS IS BUSINESS. O NO?
Si narra che i Fondatori si addormentarono con questo dilemma in testa per giorni e giorni... Si narra anche però che Roelof, il quarto uomo, nel suo ufficio alla Sequoia Capital, dopo aver selezionato accuratamente le telefonate alle quali si doveva o non si doveva rispondere, tracciava grafici e faceva proiezioni sul valore pubblicitario di ogni singolo contatto con ogni singolo utente e giungeva a conclusioni sorprendenti sul potenziale valore di una comunità online vasta come quella di YouTube, e sull'importanza dei target group che in essa si potevano individuare, ritagliare e offrire ai mercanti.
«Fate gioco signori, fate gioco» nel frattempo si continua a sentire quella voce che incita comunque a inviare video. «Prego puntare». Il resto si vedrà.
In ogni caso bisogna dare un segnale, e qualcuno dei Fondatori ci deve mettere la sua faccia. Tocca a Chad che, durante un PC Forum sull'argomento «Me Media», verso la metà di febbraio 2006, rilascia una lunga dichiarazione:
«Ogni giorno offriamo 30 milioni di video e ne carichiamo 30.000 di nuovi per il diletto di 5 milioni di spettatori. (La Nielsen per contro gliene attribuiva ben 9 milioni al giorno, NdA). Siamo un grande esempio di come una semplice idea, la condivisione dei video, stia conducendo alla costruzione di una vera Company, che avrà un suo proprio modello d'affari e che offrirà agli investitori opportunità di profitti senza sottoporli peraltro al rischio di spese legali da pagare per violazione di copyright».
Ecco qui, il dado è tratto. L'esperto di interfaccia utente si rivela anche un esperto di risorse economiche e in questo nuovo ruolo dunque disinvoltamente continua: «Nel corso di questa transizione stiamo risolvendo diversi problemi, sia interni che con la nostra Comunità. Nel frattempo stiamo lavorando sulle questioni del copyright con gli Studios cinematografici, con i Tv network e con le case discografiche. Una delle soluzioni individuate è porre un limite di 10 minuti ai clip. In ogni caso, noi vogliamo dare soprattutto anticipazioni e rinviare la gente alla Tv e al cinema».
Et voilà! Traballano un paio dei pilastri della filosofia originale, in particolare quello dell'interconnessione geoculturale - a meno che non si dia per scontato che solo Hollywood e i grandi network Tv siano autorizzati a occuparsi di questo tema. E purtroppo molti in Occidente ne sono convinti.
«Noi» conclude Chad a proposito delle risorse pubblicitarie «siamo molto sensibili a questo discorso e al modo in cui viene percepito nella nostra Comunità. Accetteremo dunque sponsorizzazioni e promozioni nel corso della transizione dagli interessi individuali agli interessi professionali. Grazie. Presto ci saranno altri annunci».
CHAD HURLEY STEVE CHEN JAWED KARIMCon queste sibilline parole Chad rende noto che i tempi stanno per cambiare e che la neonata clip culture, come viene definita dai mediologi, alla tenera età di pochi mesi, per non andare in debito d'ossigeno, deve essere sottoposta a trasfusioni di sangue.
Al festino intanto si erano presentate anche le grandi società di telecomunicazioni: alcune, come Verizon e Telus, interessate a partecipare al banchetto YouTube in qualche modo, altre, avendo investito cifre faraoniche per progettare e rendere disponibili apparati di ricezione video on demand e quindi rigorosamente a pagamento, disturbate dall'idea di circolazione gratuita dei contenuti.
Dalla scena iniziale invece era praticamente scomparso Jawed Karim, il quale sin dall'inizio aveva mantenuto un basso profilo, senza mai assumere un ruolo operativo, e che in seguito figurerà solo quale consulente. Non sappiamo bene per quali motivi. Forse, a causa delle sue origini bengalesi, Jawed teneva maggiormente all'interconnessione geoculturale che non al denaro; forse, come verrà rivelato in seguito, voleva occuparsi più di relazioni accademiche che non di affari.
Sta di fatto che i Fondatori a quel punto restano in due, mentre il quarto uomo incessantemente incrocia dati, disegna grafici sul suo PC, telefona, manda email e fa molte riunioni. I giornali titolano: «Il mondo del media business sta spingendo in un angolo YouTube. Ma è solo per abbracciarlo meglio».
Il trailer di un film simbolo del genere parodia, Scary Movie 4, viene caricato sul sito e viene visto in 24 ore da 200.000 spettatori. Addirittura la guerrafondaia Fox Tv, il quarto network Usa, decide di utilizzare il sito per promuovere un episodio dei Simpson. Che tempi! Le streghe e gli stregoni si stanno intrufolando nella Comunità. E dove è finita la sbandierata anarchica sensibilità della comunicazione virale?
Continua/7...
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http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/dagospia-presenta-youtube-story-di-glauco-benigni-prima-puntata-ha-cambiato-la-vita-a-36398.htm
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