1- GOLDMAN SOTTO ATTACCO NEGLI USA SULL'ETICA
Stefania Arcudi e Mario Platero per "Il Sole 24 Ore"
Una banca che non conosce l'etica, «un clima lavorativo tossico e distruttivo», clienti trattati come «muppets», pupazzi. Sono parole che bruciano quelle usate ieri da Greg Smith, dirigente di Goldman Sachs, nel giorno delle sue dimissioni. Da dodici anni in forza al colosso bancario americano nella sede di Londra, il manager ha scelto come cassa di risonanza per il suo sfogo le pagine del New York Times, dove ha pubblicato un caustico commento. «L'interesse dei clienti è sempre più marginale nelle azioni della società, che pensa solo a fare soldi», scrive, prendendo Wall Street in contropiede.
Goldman non è stata a guardare e ha subito preso le distanze. Prima con le parole di un portavoce («il punto di vista espresso non rispecchia il modo in cui agiamo. Il successo dei clienti è il cuore del nostro business», si leggeva in una nota). Quindi con una risposta formale, arrivata con una lettera ai dipendenti, firmata dall'amministratore delegato Lloyd Blankfein e dal direttore operativo Gary Cohn.
GOLDMAN SACHS«Non siamo perfetti, ma rispondiamo in modo serio e concreto se emerge un problema, lo abbiamo dimostrato con i fatti» anche durante la crisi finanziaria. I due ammettono che in un'azienda con oltre 30.000 dipendenti ci possono essere malumori e malcontento e che «tutti hanno diritto ad avere un'opinione, ma è una cosa spiacevole quando uno parla a voce più alta del normale e dalle pagine di un giornale».
Proprio ai due dirigenti erano indirizzate le parole più dure dell'editoriale di Smith, che non perdona ai vertici dell'azienda di avere accantonato lo spirito con cui Goldman è stata fondata 143 anni fa, uno spirito centrato «sul lavoro di squadra, l'integrità, l'umiltà e il bene dei clienti». I libri di storia, scrive Smith, parleranno di come Lloyd Blankfein e Gary Cohn hanno perso di vista la vera cultura della società, trascinandola verso «una perdita del tessuto morale» che potrebbe portare la banca alla rovina.
Qualcuno dice che l'ex dirigente avrebbe dato sfogo al suo malcontento per non avere avuto abbastanza spazio nell'azienda: la sua carica non è di particolare prestigio e la divisione di cui era a capo, quella che si occupa di derivati per Europa, Asia e Medio Oriente, avrebbe solo lui tra i dipendenti fissi. Altri agitano lo spettro della vendetta, ricordando che non è chiara la dinamica delle dimissioni e che a inizio anno ci sarebbero stati attriti tra Smith e la società sul pagamento dei bonus per il 2011. Ma al di là di questo, tutti sono concordi nel dire che la lettera aperta è stata per Goldman un fulmine a ciel sereno, ma non troppo.
lloyd Blankfein DI GOLDMAN SACHSLa banca non è nuova agli attacchi, qualche volta al limite dell'insulto (iconica in questo senso la descrizione che ne fece il mensile Rolling Stone, parlando dell'istituto come di «una grande piovra-vampiro»). E Goldman non è nuova neppure agli scandali, come quello dell'aprile 2010 quando la Securities and Exchange Commission, la Consob americana, accusò la banca di frode su complessi strumenti di debito: la banca fu costretta a pagare 550 milioni di dollari e l'allora dirigente Fabrice Tourre finì sulla gogna politica e mediatica per aver scritto di essere «l'unico in grado di comprendere le mostruosità» che aveva creato.
Su Twitter, Facebook e sui blog è partita una girandola di reazioni e le accuse incendiarie di Smith sono destinate a riaprire il dibattito sulle pratiche di Wall Street e, in particolare, su Goldman. La banca, ancora da più parti considerata un esempio degli eccessi di Wall Street, ha fatto di tutto per allontanare da sé le ombre, apparentemente senza successo. «È cambiata la mentalità della banca nel modo di investire e questo riflette un cambiamento del mercato negli ultimi quindici o vent'anni», ha commentato l'ex presidente della Banca Centrale americana Paul Volcker. E in alcuni casi Goldman ci ha messo del suo: nel 2009 Blankfein aveva detto in un'intervista al Times di Londra che la società era «chiamata a fare il volere di Dio». Arroganza si disse allora, proprio come ha scritto ieri Smith.
lloyd blankein E gary cohn
3- GOLDMAN SACHS PERDE 2,15 MILIARDI DI DOLLARI DOPO EDITORIALE SU NYT
America24 - Goldman Sachs ha perso 2,15 miliardi di dollari dopo che ieri un dirigente ha attaccato l'istituto finanziario dalle colonne del New York Times. Nell'editoriale, Greg Smith aveva criticato la morale della banca d'affari e accusato l'amministratore delegato Lloyd Blankfein e il presidente di Goldman Gary Cohn del declino nei valori etici dell'istituto.
Sebbene Goldman abbia immediatamente smentito le dichiarazioni di Smith ("non saremo perfetti, ma le critiche sono infondate"), ieri a Wall Street il titolo della banca d'affari ha chiuso in calo del 3,4 per cento o 4,17 dollari, a quota 120,37 dollari. Al momento, invece guadagna l'1,07% a quota 121,66 dollari.
4- L'EDITORIALE INTEGRALE: "CINICI E SENZA MORALE, CLIENTI TRATTATI DA PUPAZZI ADDIO GOLDMAN SACHS"
Editoriale di Greg Smith pubblicato dal "New York Times" (Traduzione per "la Repubblica" di Marzia Porta)
Oggi è il mio ultimo giorno da Goldman Sachs. Dopo quasi dodici anni trascorsi qui - ho iniziato un´estate come stagista, quando ancora studiavo a Stanford, sono stato per dieci anni a New York e adesso mi trovo a Londra - credo di conoscere questa azienda abbastanza bene da capire la traiettoria della sua cultura, della sua gente e della sua identità. E posso affermare, in tutta onestà, che oggi questo ambiente è più tossico e distruttivo che mai.
LA SEDE DI GOLDMAN SACHS A NEW YORK jpegPer dirla con parole semplici, il modo in cui l´azienda opera e la sua interpretazione del "fare soldi" pone gli interessi dei clienti in secondo piano. Goldman Sachs è una delle banche di investimento più grandi e importanti del mondo, ed è un elemento troppo cruciale della finanza globale perché possa continuare ad agire in questo modo. È talmente diversa dal luogo che conobbi quando ero studente, che non posso più dire, in coscienza, di identificarmi con ciò che rappresenta.
Gli scettici saranno, forse, sorpresi di sapere che la cultura aziendale ha sempre rappresentato per Goldman Sachs un aspetto vitale del successo, incentrato sul lavoro di squadra, l´integrità, un senso di umiltà e l´interesse dei clienti. La cultura era l´ingrediente segreto che rendeva grande questo posto, e che per 143 anni ci ha permesso di guadagnare la fiducia dei nostri clienti.
Non si trattava semplicemente di fare soldi; questo da solo non basterebbe a sostenere così a lungo un´azienda. Si trattava di orgoglio e di fiducia nell´organizzazione. Mi rattrista dover ammettere che oggi, guardandomi attorno, quasi non scorgo più alcuna traccia della cultura che per molti anni mi ha fatto amare questo lavoro. Oggi non ho più quell´orgoglio, né quella fiducia.
Tuttavia, le cose non sono sempre andate così. Per più di un decennio ho reclutato e assistito i candidati che si sottoponevano ai nostri estenuanti colloqui di assunzione. Sono stato scelto insieme ad altre nove persone (su un´azienda che ne conta più di trentamila) per apparire sul nostro video promozionale, che è stato trasmesso nei campus universitari da noi visitati in tutto il mondo.
Ho capito che era arrivato il momento di andarmene quando mi sono reso conto che non potevo più guardare in faccia gli studenti e dire loro che questo è un posto fantastico dove lavorare. Quando i libri di storia scriveranno di Goldman Sachs, racconteranno forse che durante il loro mandato l´attuale amministratore delegato, Lloyd C. Blankfein, e il presidente, Gary D. Cohn, hanno assistito all´indebolimento della cultura aziendale. Sono convinto che questo declino nella fibra morale dell´azienda rappresenti la più seria minaccia alla sua stessa sopravvivenza.
IL QUARTIER GENERALE DI GOLDMAN SACHS A NEW YORKCome si è arrivati a questo? L´azienda ha cambiato la sua interpretazione di leadership. Oggi, se porti abbastanza denaro vieni promosso a posizioni di rilievo (a meno di non essere un assassino). Quali sono tre modi per affermarsi rapidamente come leader? a) Persuadere i propri clienti a investire in titoli o in altri prodotti di cui l´azienda sta cercando di disfarsi perché considerati potenzialmente incapaci di generare grandi profitti. b) "Dare la caccia agli elefanti" C)
Trovarsi a vendere qualsiasi titolo illiquido od opaco con un acronimo di tre lettere. Ovvero: trarre il massimo guadagno dai clienti. Il cinismo con cui le persone parlano di raggirare i clienti mi dà il voltastomaco. Negli ultimi dodici mesi mi è capitato di vedere cinque diversi amministratori delegati che nelle mail interne definivano i propri clienti dei "pupazzi". Non hanno alcuna umiltà. Ma andiamo! Mi stupisco nel constatare come gli alti dirigenti non sembrino comprendere una verità fondamentale: se i clienti non si fidano di te finiranno per andare altrove. A prescindere da quanto sei bravo.
Di questi tempi, la domanda che gli analisti junior che lavorano con i derivati mi pongono con maggiore frequenza è: «Quanto abbiamo fatto su quel cliente?». E ogni volta mi infastidisco, perché è una domanda che riflette chiaramente il comportamento che osservano nei loro superiori.
Non ci vuole un genio per capire che di qui a dieci anni quello stesso analista che oggi siede in silenzio in un angolo della stanza e sente parlare di "pupazzi" di "cavare gli occhi" e di "farsi pagare" non si trasformerà in quello che definiremmo un cittadino modello.
Spero che questo possa essere un campanello d´allarme per il consiglio d´amministrazione. Fate in modo che i clienti tornino a essere al centro del vostro lavoro. Senza clienti non farete soldi. Anzi, smetterete di esistere. Eliminate le persone moralmente corrotte, a prescindere da quanto denaro fruttano all´azienda. Coloro che pensano solo a fare soldi non potranno sostenere questa azienda - o la fiducia dei suoi clienti - per molto tempo ancora.
BLANKFEIN E COHN
"CINICI E SENZA MORALE, CLIENTI TRATTATI DA PUPAZZI ADDIO GOLDMAN SACHS"
SFOGO DEL BANCHIERE GREG SMITH SUL NEW YORK TIMES
IL CAPO DEL DESK DERIVATI DI LONDRA LASCIA LA PIÙ GRANDE BANCA D´AFFARI DEL MONDO
DOPO QUASI DODICI ANNI TRASCORSI QUI POSSO AFFERMARE, IN TUTTA ONESTÀ, CHE OGGI QUESTO AMBIENTE È PIÙ TOSSICO E DISTRUTTIVO CHE MAI
Lettera di Greg Smith pubblicata da "la Repubblica" - (Traduzione di Marzia Porta)
Greg Smith ha dato oggi le dimissioni da Goldman Sachs, dove ricopriva la carica di amministratore e di responsabile del settore equity derivatives Usa in Europa, nel Medio Oriente e in Africa.
Oggi è il mio ultimo giorno da Goldman Sachs. Dopo quasi dodici anni trascorsi qui - ho iniziato un´estate come stagista, quando ancora studiavo a Stanford, sono stato per dieci anni a New York e adesso mi trovo a Londra - credo di conoscere questa azienda abbastanza bene da capire la traiettoria della sua cultura, della sua gente e della sua identità. E posso affermare, in tutta onestà, che oggi questo ambiente è più tossico e distruttivo che mai.
Per dirla con parole semplici, il modo in cui l´azienda opera e la sua interpretazione del "fare soldi" pone gli interessi dei clienti in secondo piano. Goldman Sachs è una delle banche di investimento più grandi e importanti del mondo, ed è un elemento troppo cruciale della finanza globale perché possa continuare ad agire in questo modo. È talmente diversa dal luogo che conobbi quando ero studente, che non posso più dire, in coscienza, di identificarmi con ciò che rappresenta.
Gli scettici saranno, forse, sorpresi di sapere che la cultura aziendale ha sempre rappresentato per Goldman Sachs un aspetto vitale del successo, incentrato sul lavoro di squadra, l´integrità, un senso di umiltà e l´interesse dei clienti. La cultura era l´ingrediente segreto che rendeva grande questo posto, e che per 143 anni ci ha permesso di guadagnare la fiducia dei nostri clienti.
Non si trattava semplicemente di fare soldi; questo da solo non basterebbe a sostenere così a lungo un´azienda. Si trattava di orgoglio e di fiducia nell´organizzazione. Mi rattrista dover ammettere che oggi, guardandomi attorno, quasi non scorgo più alcuna traccia della cultura che per molti anni mi ha fatto amare questo lavoro. Oggi non ho più quell´orgoglio, né quella fiducia.
ROMANO PRODITuttavia, le cose non sono sempre andate così. Per più di un decennio ho reclutato e assistito i candidati che si sottoponevano ai nostri estenuanti colloqui di assunzione. Sono stato scelto insieme ad altre nove persone (su un´azienda che ne conta più di trentamila) per apparire sul nostro video promozionale, che è stato trasmesso nei campus universitari da noi visitati in tutto il mondo.
Ho capito che era arrivato il momento di andarmene quando mi sono reso conto che non potevo più guardare in faccia gli studenti e dire loro che questo è un posto fantastico dove lavorare. Quando i libri di storia scriveranno di Goldman Sachs, racconteranno forse che durante il loro mandato l´attuale amministratore delegato, Lloyd C. Blankfein, e il presidente, Gary D. Cohn, hanno assistito all´indebolimento della cultura aziendale. Sono convinto che questo declino nella fibra morale dell´azienda rappresenti la più seria minaccia alla sua stessa sopravvivenza.
Come si è arrivati a questo? L´azienda ha cambiato la sua interpretazione di leadership. Oggi, se porti abbastanza denaro vieni promosso a posizioni di rilievo (a meno di non essere un assassino). Quali sono tre modi per affermarsi rapidamente come leader? a) Persuadere i propri clienti a investire in titoli o in altri prodotti di cui l´azienda sta cercando di disfarsi perché considerati potenzialmente incapaci di generare grandi profitti. b) "Dare la caccia agli elefanti" C)
Trovarsi a vendere qualsiasi titolo illiquido od opaco con un acronimo di tre lettere. Ovvero: trarre il massimo guadagno dai clienti. Il cinismo con cui le persone parlano di raggirare i clienti mi dà il voltastomaco. Negli ultimi dodici mesi mi è capitato di vedere cinque diversi amministratori delegati che nelle mail interne definivano i propri clienti dei "pupazzi". Non hanno alcuna umiltà. Ma andiamo! Mi stupisco nel constatare come gli alti dirigenti non sembrino comprendere una verità fondamentale: se i clienti non si fidano di te finiranno per andare altrove. A prescindere da quanto sei bravo.
GIANNI LETTADi questi tempi, la domanda che gli analisti junior che lavorano con i derivati mi pongono con maggiore frequenza è: «Quanto abbiamo fatto su quel cliente?». E ogni volta mi infastidisco, perché è una domanda che riflette chiaramente il comportamento che osservano nei loro superiori.
Non ci vuole un genio per capire che di qui a dieci anni quello stesso analista che oggi siede in silenzio in un angolo della stanza e sente parlare di "pupazzi" di "cavare gli occhi" e di "farsi pagare" non si trasformerà in quello che definiremmo un cittadino modello.
Spero che questo possa essere un campanello d´allarme per il consiglio d´amministrazione. Fate in modo che i clienti tornino a essere al centro del vostro lavoro. Senza clienti non farete soldi. Anzi, smetterete di esistere. Eliminate le persone moralmente corrotte, a prescindere da quanto denaro fruttano all´azienda. Coloro che pensano solo a fare soldi non potranno sostenere questa azienda - o la fiducia dei suoi clienti - per molto tempo ancora.