DAGORETROSCENA
Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
CARLO FUORTES
Ha fama di decisionista e stavolta ha dovuto decidere in fretta, in un lampo, anche a costo di passare per quello che un po' ci ha rimesso. È un intervento mattutino di Palazzo Chigi - ai cui telefoni si erano rivolti, dal giorno prima, eminenti esponenti del Pd, a partire dal segretario Enrico Letta - a chiedere all'amministratore delegato della Rai di chiudere subito la pratica Orfeo, trovando una soluzione che fosse autorevole e «nell'interesse dell'azienda».
Soprattutto rapida, senza lasciare scontenti. E fu così che Carlo Fuortes si piegò alla via del compromesso, permettendo a Mario Orfeo - defenestrato dagli Approfondimenti della Tv di Stato nemmeno 24 ore prima perché, parola dell'ad, «si è rotto il rapporto di fiducia» - di tornare a occupare una postazione anche più gradita, la plancia di comando del Tg3 lasciata controvoglia 6 mesi prima.
mario orfeo
È la Rai, non è il Teatro dell'Opera di Roma, che pure prima della cura Fuortes - cura da cavallo, durata 8 anni di sovrintendenza - era sinonimo di sprechi e lassismi da carrozzone pubblico, che proprio l'attuale ad Rai riuscì a curare. Con mosse anche spregiudicate, come quando alla fine del 2014, al termine di un braccio di ferro con i sindacati di baritoni e contralti che rivendicavano, tra le altre cose, l'indennità di frac, arrivò a minacciare il licenziamento in tronco degli orchestrali. Licenziamento poi ritirato, ma servì a far capire che l'andazzo era cambiato. È una carriera fatta di strappi, dunque, da uomo poco incline agli accomodamenti di sorta, alle trattative infinite, al ristagno. Tanto che poco dopo l'approdo a Viale Mazzini chi già lo malsopportava coniò per lui un soprannome: Napoleone.
MARCELLO CIANNAMEA, FELICE VENTURA, STEFANO COLETTA E MARIO ORFEO
Però la Rai, appunto, non è il Teatro dell'Opera. E dopo quasi un anno passato a Viale Mazzini, Fuortes, racconta chi ci ha parlato e lo conosce, non avrebbe gradito certe letture su una Tv pubblica rimasta di fatto impaludata come prima. È la lettura che ne ha dato, per esempio, un articolo tagliente apparso lunedì sul Foglio, giornale certamente non nemico.
Le stesse fonti raccontano che il manager si sia convinto che dietro certe fughe di notizie ci fosse proprio Orfeo. Da qui nascerebbe l'idea del blitz, casus belli un ritardo sulla presentazione dei palinsesti. Un ritorno al decisionismo. Solo che, a differenza dell'Opera, si sono fatti sentire i partiti.
carlo fuortes foto di bacco
E naturalmente della questione non si è potuto disinteressare Palazzo Chigi. Ne viene fuori quindi un compromesso. Con Antonio Di Bella (nomina d'ispirazione draghiana al pari della direttrice del Tg1 Monica Maggioni) che prende il comando degli Approfondimenti. E il Pd che può brindare al ritorno di Orfeo al Tg3. Dalle parti dell'ad assicurano che gli incastri del puzzle sarebbero stati comunque questi. Certo la versione difetta un po' di linearità, perchè se è vero che il rapporto di fiducia con Orfeo era compromesso, è difficile capire perché, nemmeno 24 ore dopo, lo stesso Orfeo sia stato messo al timone del tg del terzo canale. Indizi che aiutano a capire perché la navigazione di Fuortes sarà complicata i n questo ultimo scampolo di legislatura. E forse anche dopo.
antonio di bella
Da questa tornata di nomine resta all'asciutto, come a novembre, Giuseppe Conte: Simona Sala, che andrà alla guida del Day Time, è sì stimata nel M5S, ma dal versante Di Maio. E resta soprattutto sotto-rappresentata FdI, che nel trambusto delle ultime ore ha sperato di portare al posto di Di Bella Angelo Mellone, fedelissimo di Giorgia Meloni. Ma magari sarà per la prossima volta.
simona sala simona sala
mario draghi in conferenza stampa a bruxelles 1 angelo mellone 2
mario orfeo foto di bacco mario orfeo