Federico Ercole per Dagospia
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Morire e tornare in vita in un eterno ritorno di penitenza nelle terre tormentate e dalla putrida, cadente, gloriosa bellezza di Blasphemous II, seguito del l’omonimo pellegrinaggio cruento del 2019, un’opera spagnola alimentata da un misticismo cristiano espresso attraverso le forme esasperate e più horror della sua iconografia. E quando, assai spesso, ci coglie il mortale Game Over, straziati da mostruose chimere supplizianti, da trappole di aguzzini o cadendo nell’abisso, subiamo una “massima ed esemplare scomunica”, costretti con piacere e dolore di cenobiti a continuare il nostro violento peregrinare fino all’eventuale, catartico successo.
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Sviluppato da The Game Kitchen e uscito per Nintendo Switch, Microsoft Windows, Playstation e Xbox, Blasphemous II è un videogame severo e grave, punitivo come un sadico della Santa Inquisizione tuttavia meno severo del suo truce quanto affascinante predecessore per una difficoltà questa volta più equilibrata e calcolata, un passo avanti significativo per il piccolo studio con base a Siviglia nel panorama del genere nominato “metroidvania”, ovvero quei videogiochi che seguono gli esempi ludici e strutturali di Metroid e dei Castlevania in stile Symphony of the Night.
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Blasphemous II, sia chiaro, è ancora un gioco in 2d a scorrimento orizzontale e verticale che richiede impegno, d’altronde non si ispira solo ai videogame prima citati e la sua forma bidimensionale è innestata con elementi estrapolati da Dark Souls et similia, ma chi tornerà ad indossare l’armatura bizzarra del Penitente (o chi la vestirà la prima volta) non sperimenterà quella mai troppo rara frustrazione seguente alcuni combattimenti o momenti di esplorazione del primo e comunque ancora notevole episodio.
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In ogni caso non è necessario conoscere la storia di Blasphemous per esperire questo seguito, una trama contorta in una maniera così surreale, con il suo religioso “splatter”, da essere delirante in una maniera che non esclude tuttavia una certa magnificenza. Quindi potreste cominciare a “pentirvi” proprio con il secondo, per approcciare successivamente il primo con dita allenate alla penitenza.
NELLA CITTÀ DAL NOME BENEDETTO
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Torniamo quindi nel corpo del Penitente per combattere la malevola forza divina del Miracolo, dopo che un abnorme cuore nei cieli ha annunciato la nascita di un portentoso quanto pericoloso bambino che incarnerà quei minacciosi poteri. Dai luoghi sombri del Riposo del Silente ci muoviamo quindi per questa nuova avventura che comincia con un’interessante e nuova premessa ludica; possiamo infatti scegliere con quale delle tre armi disponibili iniziare il viaggio: la possente Veredicto, la spada Ruego al Alba e le doppie lame Sermiento e Centella.
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Converrebbe scegliere subito Veredicto, perché sebbene sia più lenta delle altre fa assai più danni, ma ognuna delle tre armi condizionerà l’esplorazione durante le prime fasi dell’impresa a causa dei suoi poteri; in ogni caso nel corso del gioco troveremo anche le altre due che con le quattro Reliquie della Contrizione ci permetteranno infine di viaggiare per tutta la vasta mappa di Blasphemous II.
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Andiamo e torniamo per ambientazioni dal disegno ispirato ma meno estremo, forse più convenzionale, di quelli così surreali e orripilanti del primo episodio, affrontando nemici che tornano a ricordare le invenzioni più macabre del primo Clive Barker ed è un peccato che non ci sia un bestiario che le illustri e le cataloghi così come è invece per gli oggetti importanti del gioco, decritti con accurati e suggestivi racconti.
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Saremo inoltre in grado di utilizzare magie dal diverso potere, Versetti e Canti, la cui scelta si può rivelare fondamentale per sconfiggere gli innumerevoli “boss”, i Rimpianti del Miracolo dalle forme tremende. Valide e gratificanti sono le missioni secondarie di ricerca, come quella dei trentatré cherubini che se trovati tutti ci eleveranno verso inesplorate altezze, quella dei ricordi e degli strumenti per uno scultore e quella delle monache celate che identificheremo nei loro nascondigli grazie al mormorio incessante delle loro preghiere.
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LA SOLITUDINE DEL PENITENTE
“Nel cuore tutto mette radici solitarie. Restano orme senza compagne, come nell’acqua o nelle profondità dell’oceano”, Blasphemous II comincia con questa citazione del visionario poeta Miguel Hernandez, morto nel 1942 a soli trentadue anni. Come in ogni “metroidvania” più riuscito anche qui chi gioca percepirà quella solitudine angosciosa caratteristica, sebbene ci siano numerosi personaggi con cui scambiare strane ed allucinate parole che non cambieranno affatto il sentimento di doloroso isolamento durante l’esplorazione.
Assai interessanti e adeguate all’umore del gioco sono le musiche composte da Carlos Viola, toni iberici alla Manuel de Falla che precipitano nei timbri del Bela Bartok più oscuro, contaminati con dei ricordi della colonna sonora di Hellraiser.
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Blasphemous II è un’opera amabile e riuscita, anche se dall’estetica meno radicale e meno “blasfema” del primo episodio al quale è comunque superiore come game design. Permangono tuttavia visioni orribili e sconvolgenti, anche se più rare: una donna dal braccio scuoiato che pende dalla rossa carne scoperta attorno alla quale volano gaudenti putti; una madre nero vestita che tiene al petto un figlio che la cinge con innumerevoli e impossibili braccia; il Santo Fratello del Volto dorato con la sua metallica e fanciullesca maschera piangente; un’esile e altissima monaca dalla cui tonaca si mostra un unico grande occhio... Tra il raccapricciante e il sublime.