Federico Ercole per Dagospia
METROIDVANIA!
bloodstained
Dalle tenebre dell’ignoranza alla luce della conoscenza, così infine componiamo e razionalizziamo con un progressivo, non lineare e lento processo di esplorazione e mappatura lo spazio di un videogame inscrivibile nella categoria dei “metroidvania”, non una brutta parola o una parodia di Cechov ma la fusione tra Metroid e Castlevania, classici bidimensionali dell’avventura elettronica.
Si tratta di un neologismo che indica quei giochi composti da numerosi livelli interconnessi affinché restituiscano l’idea di un luogo coerente e strutturato, segmentato tuttavia da barriere di diversa natura superabili solo grazie all’utilizzo di oggetti particolari acquisiti nel corso del viaggio. Sebbene esistano videogiochi in tre dimensioni relativamente inseribili nell’insieme dei “metroidvania”, ad esempio Prey e persino Dark Souls, questo tipo di opere tende a mantenere le due dimensioni a scorrimento orizzontale delle origini e una visuale attraverso la quale lo spazio è mostrato di lato.
bloodstained
Se confrontata alla libertà d’esplorazione consentita da un gioco “open world” alla Skyrim, l’esperienza di viaggio di un “metroidvania” può sembrare più limitante e frustrante, tuttavia in quest’ultimo la ragione vince sulla volontà e la riflessione sull’istinto. L’illusoria tirannia di un “metroidvania” avvince il giocatore obbligandolo ad un costante pensiero strategico , la libertà ingannevole di un “open-world” invece può annoiare, proprio per la possibilità di una deriva che diventa inconsistente e immotivata.
IL RITORNO DI KOJI IGARASHI
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I “metroidvania” non saranno mai obsoleti e la potenza rivoluzionaria primeva nell’indurci a rivelare e vivere uno spazio numerico non si è ancora smorzata con il trascorrere degli anni, lo dimostra Bloodstained Ritual of the Night, uscito per Playstation 4, XBox One, PC e Switch. Bloodstained è l’ultima “frankensteiniana” creatura di Koji Igarashi, colui che contribuì a inventare il genere “metroidvania” con Castlevania Symphony of the Night del 1997 e lo perfezionò con numerosi altri episodi.
Ormai lontano da Konami, come Hideo Kojima di Metal Gear Solid e quasi tutti gli altri artisti che resero grande quest’industria decaduta del videogioco, Koji Igarashi non ha potuto per ovvi motivi di licenza creare novelli Castlevania, ma Bloodstained è il loro degno erede, conservatore, poco radicale e senza spirito di innovazione, ma esemplare, divertente e oscuramente bello come i suoi migliori predecessori.
DELIRIO ALCHEMICO
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Se la saga di Castlevania contava su un rigoroso canovaccio diegetico che connetteva i vari episodi sotto l’egida di una stessa mitologia ispirata a Dracula, Bloodstained comincia da capo con una nuova narrazione che può inizialmente confondere e risultare innaturale per l’appassionato, tanto invece appare simile la sostanza e la forma con la saga estinta. In una fantasiosa e spettrale Inghilterra del diciottesimo secolo gli alchimisti creano esseri umani dai poteri magici innestandoli con cristalli demoniaci, ma poi si pentono e tentano di distruggerli.
Dopo un sonno di dieci anni Miriam, uno di questi esseri soprannaturali, si risveglia per scoprire che il capo del suo gruppo, Gebel, vuole distruggere tutta l’Inghilterra per vendetta e decide di fermarlo penetrando in un immenso castello evocato dal novello nemico. Non si tratta certo di un intreccio raffinato, tuttavia con il procedere dell’avventura la narrazione trascorre dai dialoghi ai segni disseminati tra i livelli, mimetizzandosi nello spazio,e sebbene permanga delirante risulta infine affascinante.
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Bloodstained è un videogame derivativo, esattamente quello che il pubblico attendeva da Koji Igarashi, tuttavia se alcune sue ambientazioni sono in effetti riciclate dai classici di Castlevania, come le torri campanarie con i loro giganteschi ingranaggi, i villaggi in rovina o gli acquosi labirinti, altre sono invece sorprendenti: la grande nave dell’inizio sotto le nubi di un cielo tempestoso, un treno impazzito dominato da un demone-motore, un polveroso deserto sotterraneo.
Nell’insieme di questa mappa immensa l’originale e il già visto si fondono in maniera organica, dando vita ad un ambiente di gioco palpitante di misteri e orrori, plausibile e architettato con arte persino quando l’estetica tende a frammentarsi in più estetiche addirittura contraddittorie, fondendo steam-punk, gotico, barocco e “manga” in un mostro terribile, brutto e poetico nel contempo.
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Nel corso dell’avventura combattiamo con diverse categorie di armi, dalle spade alla lance, dai moschetti alla asce, e ci impadroniamo di numerose magie assorbendole dai nemici uccisi. Ci sono decine di oggetti, incanti e mostri; queste creature demoniache compongono un bestiario immenso e vario, talvolta kitsch come le teste di barboncini giganti assassine o i chitarristi elettrici psicopatici che suonano black-metal tra le retoriche e ispirate melodie sinfoniche della colonna sonora, ma prezioso proprio per questo ostentato cattivo gusto e perché qui comincia una nuova enciclopedia fantastica del mostruoso.
ATTENZIONE! QUESTA NON E’ LA FINE
Come in ogni Castlevania dopo Symphony of the Night anche in questo grandioso epigono arriverete ad un certo punto in cui il gioco potrebbe finire con il combattimento contro l’antagonista. Ma non è così neanche questa volta e vi conviene dunque continuare l’esplorazione invece di affrontare il folle Gebel nella “Hall of Termination”.
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A questo punto sarete solo al 50% circa della mappa di gioco, vi attendono altri innumerevoli luoghi da esplorare, armi e magie, nemici mai visti e il vero finale di Bloodstained; non rischiate quindi di terminare la nuova opera di Igarashi senza completarla come merita e state attenti a due magie fondamentali per continuare l’esplorazione: la possibilità di prosciugare l’ambiente dal sangue lasciata da una vampira sconfitta e l’incanto che serve a sparare torrenti di liquido che vi consentirà di spostarvi sotto la superficie acquatica.
LA BELLEZZA DEL CONSUETO
E’ un peccato che la versione di Bloodstained per Switch Nintendo sia tecnicamente inferiore, talvolta in maniera drammatica, a quella per le altre piattaforme, e sia addirittura penalizzata da gravi bug che tuttavia sono in via di risoluzione o appena risolti attraverso “patch” correttive. Quindi se volete godervi Bloodstained in portabilità (l’esperienza più naturale) conviene attendere che il gioco eventualmente sia sistemato, si spera in pochi giorni.
Bloodstained è un sogno che si realizza per chi ama i “metroidvania” e soprattutto l’opera di Igarashi, tuttavia come ogni sogno già sognato, ogni immagine già vista, ogni canzone già ascoltata, qualcosa del suo incanto si smarrisce inevitabilmente nell’abitudine. Ma in questo cupo tomo numerico di orrori e meraviglie non sono persi la bellezza, l’efficacia ludica e l’epica, ancora brillanti lassù nel rassicurante, quieto, amorevole cielo del consueto.