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    DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - IL REMAKE DI “DESTROY ALL HUMANS” PER PLAYSTATION 4, XBOX ONE E PC È UNA SPASSOSA PARODIA DELLA FANTASCIENZA DEGLI ALIENI DALLA COMICITÀ SCORRETTA E DISSACRANTE - L’OBIETTIVO? DISTRUGGERE L’UMANITÀ. MA È UN’IMPRESA LUDICA DAVVERO GIOIOSA, PERCHÉ LE DONNE E GLI UOMINI DELL’AMERICA ANNI ‘50 SONO CREATURE DISGUSTOSE IN MANIERA COMICAMENTE IPERBOLICA - VIDEO


     
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    Federico Ercole per Dagospia

     

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    Il remake di Destroy all Humans per PlayStation 4, XBox One e PC è un viaggio nel tempo  fino al 2005, quando uscì l’originale di Pandemic Studios. Malgrado le evidenti migliorie grafiche l’opera “rifatta” permane identica a quella del passato, stesse dinamiche ludiche e stessa scrittura, risultando tuttavia antica e non vecchia, un documento di un modo di fare umorismo ereditato dall’ultimo decennio del secolo scorso, una comicità grezza e scorretta, oggi superata, ma al contempo sfrenata e dissacrante.

     

    Distruggere l’umanità al suono fantasmatico del Theremin, precipitati nell’extraterrestre corpo grigio di Crypto, è un’impresa ludica che potrebbe essere traumatica ma è davvero gioiosa, perché le donne e gli uomini dell’America anni ‘50 parodiata in Destroy all Humans sono creature disgustose in maniera comicamente iperbolica.

     

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    Leggiamo i pensieri di questa sciocca umanità con i poteri psichici di Crypto, rivelando ogni egoismo e bassezza, così l’attività di carnefici della nostra specie è cosa facile e necessaria. Senza il suo efficace e grottesco umorismo  Destroy all Humans sarebbe più interessante, ponendoci come nemici di noi stessi, ma nel contempo più mostruoso, forse addirittura inaccettabile. Invece tramite il videogioco di Black Forest Game tradiamo giulivi e spensierati una orrenda ma non del tutto implausibile umanità, trasformandoci in esecutori della vendetta di migliaia di alieni massacrati da Space Invaders in poi.

     

    CRYPTOSPORIDIUM

    Ominide dal grande cranio sproporzionato, neri occhi obliqui e pelle grigia, Cryptosporidium, detto Crypto, ha la forma dell’alieno “classico” illustrato dall’immaginario pop e complottistico, tranne che per il colore che non è verde. Non banale è invece la natura di Crypto: membro di una specie, i Furon, che da millenni si riproduce solo per clonazione, ma il cui DNA si sta indebolendo a tal punto da non garantire la futura sopravvivenza. Tuttavia quando i Furon possedevano ancora organi per la riproduzione, visitarono il nostro pianeta accoppiandosi per puro ludibrio con gli umani primitivi e innestando così nella specie i segmenti del proprio genoma, che se oggi recuperati potrebbero salvare gli alieni dall’estinzione.

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    Ecco dunque che Crypto, sulle tracce di un precedente clone catturato dall’esercito terrestre e segregato in una sorta di Area 51, sbarca sul nostro pianeta per dominarlo e riprendersi il vitale DNA, massacrando la specie dominante.

     

    Ci sono tutti i luoghi comuni negativi di un’America con l’ossessione del comunismo e il terrore del nucleare, decifrati e amplificati dallo sguardo “comicizzante” dell’alieno. L’effetto parodistico è duplice, sulla società e sulla fantascienza, con un tono, anche se qui più spinto, che rimanda alla rilettura di Tobe Hooper di Invaders From Mars, il film del 1953 di William Menzies, e a Mars Attack di Tim Burton. Fantascienza che si autocritica, ridendo sulla fantascienza e le sue fasi letterarie e cinematografiche.

     

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    Le nostre vittime sono contadini armati che si accoppiano con il bestiame, pettorute e ingenue reginette del liceo, politici mendaci e corrotti, scienziati pazzi e inquinanti, agenti governativi che manipolano i media, giovanotti idioti e sempre infoiati, borghesi egoisti e razzisti, polizia violenta e ottusa.

     

    Così, per recuperare il DNA e scoprire dove è celato il fratello di Crypto, disintegriamo, estraiamo cervelli, possediamo corpi, scagliamo verdi bovini radioattivi, scandagliamo pensieri indicibili, pilotiamo l’ufo con esiti catastrofici per interi quartieri, spiamo e ci nascondiamo per conoscere e distruggere meglio il bieco nemico terrestre.

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    UNA RISATA CI SEPPELLIRÀ

    Persino quando più becera, la comicità di Destroy all Humans non scade mai nel trito, garantendo sempre almeno un sorriso anche quando il gioco, dopo alcune ore, denuncia la sua ripetitività. Le poco più di venti missioni, sebbene presentino luoghi suggestivi, relativamente aperti e dai cromatismi accesi e affascinanti del technicolor, sono strutturate secondo pochi modelli: indagine, infiltrazione o distruzione.

     

    Possiamo rendere Crypto più potente, così come la sua navicella, attraverso un rudimentale e semplicistico sistema di potenziamenti che risulta posticcio, incoerente con la progressione delle missioni, solo raramente gratificante.

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    Tuttavia, attraverso le circa quindici ore necessarie per terminare l’esperienza, la scrittura, la messa in scena e la colonna sonora continuano a sostenere il gioco che non rischia così di vacillare fino al collasso, non sopravviene quindi il tedio e la curiosità è sempre alimentata.

     

    CANZONACCIA PUNK IN STILE MISFITS, DANZA OSCEN

    a sulla tomba dell’umanità, Destroy all Humans è un videogame di serie B (anche C o D) come il cinema di cui si prende gioco, e per questo è oltre ogni bellezza e bruttezza, rivelandosi notevole e amabile proprio per la sua anima triviale tra scelta estetica e necessità produttiva.

     

     

     

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