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Federico Ercole per Dagospia
Mentre i colossi del videogioco Sony e Microsoft lottano in maniera non così comprensibile, se non in termini di profitto, sull’esclusiva del venturo e bellico Call of Duty (chi voglia, oggi, di giocare un videogame con soldati che si ammazzano in scenari quasi plausibili?), Nintendo fa uscire il suo terzo Splatoon su Nintendo Switch che risulta l’unico videogioco “sparatutto” possibile e desiderabile e assai spassoso da considerare in tempi di guerra.
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Non solo perché di tema favoloso (anche un nuovo Doom sarebbe amabile, tanto si spara a demoni mostruosi in un ambiente fantastico, non a soldati nemici in panorami realistici) ma perché si schizzano colori in un tripudio policromatico che sa di arcobaleno, vince chi tinge con più bravura e virtuosismo spruzzando da armi che somigliano agli improbabili fuciloni ad acqua che spopolano oggi tra i bambini al mare.
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Giunta al terzo episodio, quest’eclettica serie di Nintendo, da considerarsi nuova se comparata alle sue leggendarie invenzioni storiche come Mario o Zelda, Splatoon è un gioco pensato soprattutto per essere motore di competizioni online, risultando tuttavia, con la sua fanta-ecologia e mitologia ittica, assai suggestivo come tappeto e scenario per “splattarsi” (quindi non “spararsi, cosa importante), molto di più di tanti altri videogiochi in rete che ci fanno annichilire a vicenda, favorendo dinamiche ludiche ultra-aggressiva tra giocatori che possono essere dilettevole quanto fuorvianti.
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Insomma giocare a Splatoon 3 ripristina quella fanciullesca e spiaggiaiola epica d’infradiciarsi con l’acqua tramite pistole o gavettoni, salvo che la vernice colorata alimenta un ulteriore e più creativo, festoso piacere.
FUTURI ITTICI
L’umanità si è annientata con un conflitto definitivo, i pesci sono usciti dall’acqua e abitano il mondo, squisitamente mutati in forme cartoonesche, edificando cartoonesche civiltà. I mammiferi sono estinti, ma chissà, potrebbero tornare...
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E’ questo inquietante ritorno il presupposto della concisa quanto appassionante, nintendiana in maniera assoluta per l’equilibrio tra bellezza e gioco, modalità “single-player” di Splatoon 3 che non è da intendersi come mera appendice del comparto online, ed è anzi un piccolo gioiello del divertimento talvolta persino profondo nelle narrazioni da esperire in maniera indipendente, anche da chi non ha intenzione di competere in rete (attività che, va ribadito, è il cuore dell’opera). Ci sono combattimenti, racconti, esplorazione e boss dalla forma spettacolare da sconfiggere in un crescendo contrappuntato da una comicità che non esclude la velata amarezza del dramma post apocalittico.
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Come in tanti altri videogiochi di Nintendo (da Super Mario Bros con il suo tintinnare di monete e il timbro elastico dei salti) e in Splatoon forse ancora di più, è fondamentale il rapporto tra suoni e musiche, uniti nel formare una partitura dalla quale l’azione del videogiocatore non è esclusa, suggerendo l’idea di suonare e giocare insieme, che in inglese (to play) sarebbe la stessa cosa. Alla musica e al suo rapporto con i suoni ha lavorato Toru Minegishi, già autore con Koji Kondo delle musiche di Legend of Zelda Windwaker, Majora’s Mask e Twilight Princess, e degli effetti sonori di Super Mario Sunshine, un gioco “liquido” così affine ai tre sparavernice pseudo ittici.
FESTE POLICROMATICHE
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Sono innumerevoli le modalità online, sebbene derivate soprattutto dal secondo episodio. Se si vuole cooperare c’è la frenetica Salmon Run, dove si formano squadre per affrontare orde montanti di nemici “salmonoidi” per collezionare uova dorate; c’è qualcosa di genuinamente godzilliano nella forma delle sue creature. C’è la novità di un gioco di carte collezionabili che può risultare divertente per rilassare occhi e dita.
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Ma la classica competizione permane il modello di gioco più appagante, perché è vero che “splattare” il nemico è un’attività fondamentale, ma vince chi riesce a tingere del proprio colore più spazio possibile; ha successo chi colora di più quindi, cosa persino poetica.
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Splatoon 3 è un tripudio multicolore, una festa cromatica fatta di forme buffe e competizioni non fondate sull’aggressività estrema di un atteggiamento marziale. Un altro successo per l’inarrestabile Switch che continua a pubblicare titoli dopo titoli, malgrado la presunta obsolescenza del suo hardware, quando le più evolute concorrenti faticano con le novità. Un altro anno di cose preziose: Triangle Strategy, Pokémon Arceus, Kirby e la Terra Perduta, Live A Live, Xenoblade Chronicles 3, ai quali presto si aggiungeranno l’attesissimo Bayonetta 3 e il nuovo Pokémon.
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Un gioco balsamico, così pasticciato di tinte da risultare una consolazione nel grigiore sanguinario del presente, da consigliare senza riserve ai bambini anche perché, sebbene molti la considerino una mancanza, l’impossibilità del network Nintendo di consentire qualsiasi dialogo con gli avversari rende di fatto impossibile il proliferare di insulti e bullismo presente in tanti videogame online.
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