Federico Ercole per Dagospia
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Klonoa, lo strano coniglio di Namco(Bandai) che tuttavia potrebbe anche essere una specie di gatto, compie venticinque anni e ahimè solo rari nostalgici si sarebbero ricordati di questa buffa bestiolina antropomorfa se non fosse uscita una raccolta che la celebra, essendo le sue brevi fama e vita “racchiuse nel tempo e nello spazio di un sogno” ormai remoto, di un “retro-culto” in estinzione.
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Eppure chi conobbe questa stella non assolutamente minore della galassia dei “platform” dall’onirica cornice narrativa così raffinata e poetica, si rammenta il coniglio/felino con nostalgia, persino sospirando al ricordo di alcuni momenti della sua storia così bella e triste.
Più che gradita dunque è la collezione “Klonoa Phantasy Reverie Series” per PC, Nintendo Switch, PlayStation 4/5 e serie XBox, che restituisce soprattutto alle nuove generazioni di giocatori due episodi non dimenticabili della storia del videogame, ovvero Door to Phantomile e Lunatea’s Veil.
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Si tratta di videogiochi ideali per bambini che non hanno più voglia di sparacchiare online al giochino troppo famoso, oppure non lo hanno mai voluto fare o non hanno mai videogiocato in vita loro; inoltre entrambe le opere possono essere esperite in cooperativa locale per condividere le emozioni e gli oneri ludici. C’è anche una modalità “facile” per trasformare i giochi in una favolosa “promenade”. Ma se siete adulti che giocano e non avete mai vissuto queste ancora fresche e sorprendenti “fantasticherie” di Klonoa, recuperatele perché potrebbero davvero meravigliarvi.
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LA STRADA PER PHANTOMILE
Klonoa Road to Phantomile uscì in Giappone per la prima PlayStation nel 1997, ma la versione “rimasterizzata” presente nella collezione è quella del successivo rifacimento per Wii Nintendo. Vi si narra del viaggio di Klonoa assieme allo sferico spiritello Huepow per contrastare le mire da incubo del perfido Ghadius dal terribile elmo di Pinocchio mostruoso (persino un po’ Gryfis di Berserk) e del suo servo giullare Joka.
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Si tratta di un “platform” a scorrimento in due dimensioni ibrido, un 2.5 D si suol dire, la cui peculiarità è quella di farci sfruttare i nemici come oggetto per saltare e attaccare una volta afferratili.
Il disegno dei livelli che attraversiamo è tuttora delizioso, vario, a tratti inquietante e soprattutto architettato con sapienza per offrire derive e segreti. Ci sono le colline interrotte da esili cascate sulle quali poggia la Campana del Vento, un villaggio tra i rami che rimanda a quello lucasiano degli Ewok, reami fonte di ogni acqua piagati da una maledizione, aerei templi del Sole e misteriosi dominii lunari. In ciascuno di questi regni dovremo liberare dai loro incubi gli sventurati abitanti, un’attività opzionale ma perentoria per un’etica da giocatore.
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Quindi si salta, si esplora, si combattono “boss” e si assiste a scene di narrazione non interattiva divertenti ma per lo più emozionanti, materia rara in altri giochi dell’epoca appartenenti a questo genere.
IL VELO DI LUNATEA
Klonoa The Lunatea’s Veil fu distribuito per la PlayStation 2 nel 2001. Qui il nostro animaletto si ritrova in una terra incantata la cui armonia si regge sull’equilibrio sonoro tra quattro campane; il sorgere di una quinta crea tuttavia una crisi che solo Klonoa potrà risolvere viaggiando per il Regno della Tranquillità, della Gioia, della Discordia e dell’Indecisione, ispirato dalla giovane sacerdotessa Lolo e dal suo amico Popka. In caso di cooperazione il secondo giocatore userà quest’ultimo.
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Se si esclude l’utilizzo sporadico di una sorta di aerea tavola da surf e la presenza di fondamentali cannoni/trampolino per navigare i livelli, le meccaniche di gioco di questo seguito sono immutate. Ma il mondo rappresentato è più vasto, ancora più vario ed originale, così come la narrazione e i personaggi risultano più complessi ed elaborati, sebbene il finale non possegga il “pathos” del primo episodio ma sia comunque assai coinvolgente.
La dimensione onirica e fiabesca di Klonoa è stata utile a lanciare un nuovo modo di pensare il “platform”, a innestarlo con una diversa sensibilità che andava oltre il virtuosismo digitale, una lezione colta e poi spinta oltre in tante opere del genere contemporanee indipendenti o quasi.
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Chissà se questo quasi inaspettato ritorno di due giochi cosi significativi e ispirati non sia il segno che in futuro Klonoa torni ad essere protagonista, sarebbe una cosa giusta se quest’improbabile e gentile eroe non perdesse la sua identità artistica con un’operazione svogliata e solo furba, un po’ come è successo in tanti seguiti dedicati al porcospino blu Sonic, che invece sarebbe stato meglio in letargo.
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Con queste due imprese oniriche tra sogno e incubo, Klonoa ricorda e ribadisce la sua presenza tra le icone del “platform”, senza tema di sedere tra i livelli stellari di un Walhalla di piattaforme con il roseo mutante Kirby, con il primo Sonic, con il filiforme Rayman e persino con il baffuto, unico e insuperato Super Mario.
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