DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
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Nei giorni in cui si celebra il centenario della nascita di Enrico Berlinguer - teorico di quel “compromesso storico” tra Partito comunista e Democrazia cristiana stroncato sul nascere dalle Brigate Rosse con la strage di via Fani - nell’establishment italiano si ragiona su nuovi, futuri e ipotetici “compromessi”.
Lo sguardo è rivolto al febbraio 2023 quando, dopo le elezioni politiche, bisognerà acchittare un governo in uno scenario internazionale reso traballante dalla guerra in Ucraina (o dalle sue devastanti conseguenze energetico-alimentari-inflazionistiche) e chissà da quale nuova ondata pandemica.
Senza contare che il contesto politico-partitico, rispetto al voto del 2018, giace ormai in un'urna funeraria: il M5S, dal 32% è sprofondato al 10/12.
Chi unirà le forze per dare all’Italia uno straccio governo, che appaia affidabile agli occhi dell'Europa del Pnrr e del nostro alleato e dante-causa americano? Perché una cosa è certa: dopo l’invasione russa all’Ucraina e gli avvertimenti inviati alla Cina su Taiwan da Biden, non ci potranno essere sbandamenti: gli Stati Uniti non vogliono a palazzo Chigi né uno svalvolone del Papeete con la maglietta di Putin né un avvocaticchio folgorato sulla via della seta. E allora, a chi affidiamo la patata bollente?
Far di conto è facile, basta soppesare i sondaggi riservati che fotografano il gradimento dei partiti. Del M5s precipitato al 10%, abbiamo detto; la Lega è in calo ma non a causa dell'alleanza di governo bensì a causa delle giravolte acchiappa-voti di Salvini (la cui leadership, alle prossime amministrative, è nel mirino del trio Zaia-Fedriga-Fontana), Forza Italia dilaniata dallo scontro da filo-salviniani (Ronzulli-Tajani) e centristi draghiani (Gelmini, Carfagna, Brunetta), chi resta in piedi?
Facile: il Pd di Enrico Letta e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
VLADIMIR PUTIN E SILVIO BERLUSCONI IN SARDEGNA NELL APRILE 2008
I due partiti godono di ottima salute: i dem s’attestano al 21,8% e Fdi è al 22,6%.
Sulla carta, le prime due forze del Paese.
Da tempo, inoltre, viene registrata la corrispondenza d’amorosi sensi tra Enrico Letta e Giorgia Meloni. I due si stimano, si confrontano e scontrano, presentano libri (l'ultinmo quello di Fabrizio Roncone) e dialogano spesso. Nonostante la distanza siderale che li separa, sia politicamente che di background (uno soldatino dell'establishment, l'altra capopopolo de' borgata), i due si piacciono.
giorgia meloni enrico letta atreju
Nel suo editoriale di ieri sul “Corriere della Sera”, Angelo Panebianco, ha iniziato a dare forma ai pensieri nascosti della “classe digerente”: “Ci fu un momento nella Firenze del tardo Duecento in cui il legato pontificio riuscì a costringere guelfi e ghibellini a governare insieme la città.
Un po' per celia e un po' sul serio ci si può chiedere se dalle parti della curia romana ci sarà qualcuno così autorevole da convincere i due partiti che saranno probabilmente più votati alle prossime elezioni, Pd e Fratelli d'Italia, a governare insieme”.
L’appello accorato si conclude con un invito alle nozze: “Dismettete entrambi, Pd e Fratelli d'Italia, le bandierine, fate un bel disarmo simmetrico e bilanciato, e cominciate sul serio a discutere su come rafforzare le istituzioni di governo”.
Paolo Mieli, notando la nascita del Grande Centro putiniano (M5s, Lega, Forza Italia), si è chiesto cosa possa mai impedire che i fan del Cremlino possano condizionare il governo nella prossima legislatura. La risposta? Eccola: “A meno che, nel Parlamento rinnovato, non si costituisca un asse tra Fratelli d'Italia, il partito di Enrico Letta e quelli di Centro. Un asse - però - assai improbabile”.
Che l’idea circoli sottovoce nella stanze che contano, è confermato dal preoccupato editoriale pubblicato oggi su “Libero” a firma di Alessandro Sallusti che, dando fiato al Berlusconi-pensiero declinato in salsa salviniana, prova a "scoraggiare" l’operazione:
“La questione puzza di trappola lontano un miglio. E vero che in questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori – dal governo giallo-verde a quello rosso-verde e infine l’attuale arcobaleno - ma a immaginare per il domani a un esecutivo rosso-nero giuro non ci ero arrivato. Saro prevenuto, ma quando la sinistra manda avanti i suoi pensatori a lusingare qualcuno di destra dalle autorevoli colonne del Corriere c’e da preoccuparsi”.
Nel Pd l’idea è in discussione da un po’. Le putinate di Salvini e i volteggi di Conte-zelig hanno spinto i dem a guardarsi intorno. Della serie: e noi, domani, con chi condividiamo il potere? Di giorno in giorno, ha preso corpo un ragionamento: e se il futuro accordo di governo lo facessimo con Fratelli d’Italia?. D’altronde, si ragiona al Nazareno, Giorgia Meloni è una leader saldamente al comando del suo partito, ha mostrato dall’opposizione una certa affidabilità (nel voto sull’invio di armi all’Ucraina, ad esempio) e non deve barcamenarsi tra correnti e malpancisti.
giorgia meloni enrico letta foto di bacco (3)
Insomma, un partito strutturato al pari del Pd. Le vecchie diffidenze verso la “Ducetta” di una certa sinistra post-comunista sono gradualmente evaporate con le scissioni che hanno esfiltrato i comunisti dal Pd, i vari D’Alema, Bersani, Speranza. Chi ora pascola nel Pd, dopo aver ingurgitato l’alleanza di governo con i Cinquestelle per sostenere il Conte-bis, è pronto praticamente a tutto.
D'altronde, qualcosa è cambiato anche in Giorgia Meloni: si è “rinnovata”. Ha deposto il vecchio sovranismo anti-Ue (ora si parla di “patriottismo”), ha capito di essersi cotonata il cervello candidando al comune di Roma il tribuno radiofonico Michetti, ha mostrato di saper fare opposizione responsabile al governo Draghi, sta costruendo un suo profilo “di governo”, ha smussato gli angoli della propaganda più retriva e ha aperto dialoghi a più livelli (usando anche la manifestazione “Atreju” con via vai di ospiti, da Calenda a Cassese).
I teorici del “compromesso” Pd-Fdi guardano ai centristi di oggi e di domani (Calenda, Brunetta e cespugli futuribili) come pontieri per favorire un’intesa.
Ovviamente è uno scenario, ora, ai limiti del "wishful thinking". Un puzzle di questo tipo non si mette in piedi dalla sera alla mattina, sommando forze politiche così eterogenee. Né si puo’ costruire a tavolino prima del voto. Ma solo dopo, quando l'urgenza di insediare un governo e la frammentazione del quadro politico spingeranno a esplorare opzioni ora neanche immaginabili.
Grimaldello indispensabile, per uno scenario siffatto, è il cambio di legge elettorale. Servirebbe una legge proporzionale, a cui però Giorgia Meloni, in nome dell'alleanza di centrodestra, si è sempre strenuamente opposta. Come si è opposta a qualunque ipotesi di governo con il Pd e la sinistra. Ma la coerenza in politica è una virtù solo finché non diventa un clamoroso boomerang. Per se stessi e per il Paese.
La “Ducetta” ora è consapevole che il centrodestra non esiste più da un pezzo: Salvini la detesta e non le cederà mai il ruolo di leader della coalizione e pur di sopravanzarla, anche di un solo voto, sta spingendo per creare l'innaturale federazione con Forza Italia, sfruttando le ripetute confusioni mentali e l’opacità di analisi di Berlusconi, eterodiretto dall'"infermiera" Licia Ronzulli.
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 4
Il convinto “no” al proporzionale potrebbe essere un autogol per Giorgia Meloni: si condannerebbe a un'alleanza con Salvini e Berlusconi che non solo la vedono come una sosia burina di Rita Pavone ma hanno provato a metterle i bastoni tra le ruote in più occasioni (l’ultima è l’ostilità alla ricandidatura di Nello Musumeci a governatore della Sicilia, unico esponente apicale di FdI).
A Bruxelles come reagirebbero a un “inciucione” Pd-Fratelli d’Italia? Per gli “addetti ai livori”, meglio di quanto si possa immaginare. Il vero spauracchio per l’Ue si chiamava Marine Le Pen insediata all'Eliseo, cocca a libro paga di Putin e in conflitto permanente con l’establishment europeo.
giorgia meloni enrico letta foto di bacco (2)
Giorgia Meloni è invece vista per quello che è: una leader popolare in ascesa, nel pieno di un riposizionamento “di governo”, che già ricopre un ruolo in Europa come leader dei Conservatori (dopo che la sua aspirazione ad entrare nel Partito Popolare Europeo finì nel cestino).
La guerra in Ucraina, poi, ha accelerato il processo di sdoganamento della Meloni in Europa: il suo convinto atlantismo, di sponda con i suoi euro-alleati polacchi, è un ottimo pass agli occhi dei mammasantissima di Bruxelles (e pure di Washington).
Agli osservatori interessati non è sfuggito neanche il buon rapporto che Giorgia Meloni ha intessuto con il Quirinale. Il dialogo tra la leader di Fratelli d’Italia e l’inner circle di Mattarella è più che cordiale…
Ps: Last but not least: se alle elezioni amministrative la Lega dovesse scendere sotto il 15%, per Salvini si spalancano le porte del Vietnam…
giorgia meloni enrico letta foto di baccogiorgia meloni enrico letta foto di bacco (4)
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