Francesco Canino per www.panorama.it
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Quando gli altri vanno a dormire, Salvo Sottile va alla scoperta dell’Italia notturna, quella che lavora, si diverte, trasgredisce e sfiora con mano il lato amaro della vita. Tra storie e incontri speciali, prende forma Prima dell’alba, il format di Rai 3 che torna da lunedì 18 marzo in seconda serata e esplora l’universo della notte, di cui il giornalista è diventato uno dei narratori. Dai vetrai di Murano i poliziotti che combattono lo spaccio di droga tra i vicoli di Palermo agli sfruttati della «gig economy», ecco chi sono i protagonisti della nuova edizione del programma. «Poi in estate faremo alcuni speciali in prima serata», anticipa Sottile a Panorama.it.
Salvo, c’ha preso gusto a fare il narratore del mondo della notte?
Sì, perché è un universo affascinante. È come guardare il temporale estivo da dietro la finestra: ti viene voglia di uscire fuori e bagnarti. È un viaggio bellissimo tra umanità e storie, che si rivelano spesso meno oscure e minacciose di come appaiono.
C’è anche molta trasgressione. La imbarazza raccontare storie legate al sesso?
Nel caleidoscopio che offriamo ai telespettatori ci sono anche trasgressione e stravaganze. Non m’imbarazzo e soprattutto non giudico.
In una delle nuove puntate svelerà le notti sadomaso dei cultori della mummificazione come pratica erotica. Di che si tratta?
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Abbiamo incontrato una donna che fa la mistress, ovvero la dominatrice, e un transessuale slave, proveniente da una famiglia della “Milano bene”, che si è consegnata a lei come schiava. Si fa avvolgere nel cellophane fino a non respirare: è una trasgressione al limite e, lo ammetto, una scelta per me incomprensibile.
È più difficile scovarle le storie o raccontarle?
Trovarle, per quanto il mondo della notte si presta a tante declinazioni di racconto. Passiamo in rassegna decine di storie, ma poche entrano nel programma.
Ci saranno anche gli sfruttati della “gig economy”, i bikers che di notte sfrecciano in bici per consegnare il cibo a domicilio.
Prima dell’alba è un programma contemporaneo e siamo andati a vederli in azione. Non ci sono solo ragazzi ma cinquantenni che hanno perso il lavoro e sono costretti a reinventarsi una vita. Ammetto che mi ha colpito molto girare quel servizio.
Ha continuato a utilizzare le app per la consegna a domicilio dopo averlo girato?
No, non le ho più utilizzate. Pur mangiando spesso a orari scombinati, adesso ne faccio a meno.
Prima dell’alba tornerà anche la prossima stagione?
Non lo so. Intanto lavoriamo ad un upgrade, la prima serata in estate. Il direttore di Rai 3, Stefano Coletta, ci ha chiesto di sperimentare un altro tipo di racconto, lungo due ore. Avrà ovviamente una formula diversa, più ampia e corale.
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Le manca la prima serata?
Ragiono sui progetti più che sulle collocazioni. In questo caso la prendo come una promozione sul campo, anche se so che è un bel rischio.
Intanto si gode il successo di Mi manda Rai 3: rispetto al 2018, regista un +2% di share. Come c’è riuscito?
È un marchio glorioso ma abbiamo tentato la virata, con argomenti più contemporanei. Ad esempio, il web è entrato di prepotenza in scaletta: spieghiamo alla gente insidie e complicazioni, abbiamo un patto di onestà col pubblico, di cui ci facciamo portavoce anche sfidando le grandi aziende. Siamo liberi e il pubblico ci premia. E poi ho una squadra forte, una redazione di gente giovane che mi sopporta.
A proposito, la fama di avere un «caratteraccio» la precede. È vero?
Ce l’avevo, ma si cambia. Mi accendo, sono passionale nel bene e nel male. Nella vita sono un casino, nel lavoro chiedo molto a me stesso e agli altri.
Sia sincero: le manca la visibilità di Rai 1?
No, non mi manca anche perché su Rai 3 lavoro bene. Oggi è meglio puntare su idee e i progetti più che sulla visibilità a tutti i costi.
Mediaset l’aveva corteggiata e lei ha detto no. Perché?
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Ci sono stati contatti lo scorso anno ma c’era un problema contrattuale e ho deciso di restare in Rai, dove sto benissimo.
L’avrei dovuto gestire meglio quel passaggio, che ebbe un risalto mediato che non mi è piaciuto. Da Mediaset me ne sarei andato comunque ma ho incrinato il rapporto di fiducia con alcuni dirigenti, che poi sono riuscito a recuperare. Ho un carattere molto istintivo, non c’è dubbio.
È stato istintivo anche l’addio alla Arcobaleno Tre di Lucio Presta per passare nella scuderia di Beppe Caschetto?
No, è stata una scelta ragionata. Con Lucio sono in ottimi rapporti, ho parlato a lungo con lui e non è stato un divorzio traumatico. Nell’agenzia non c’erano profili simili al mio, essendo tutti legati all’intrattenimento, e così ho pensato che era meglio prendersi una pausa. Stimo Lucio e gli voglio bene.
C’è un no professionale di cui si pente?
Mi pento di non aver gestito meglio l’addio a Mediaset.
Rifarebbe tutto, anche Ballando con le stelle?
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In quella fase facevo Domenica in, che era un programma leggero. Diciamo che ho testato la leggerezza fino all’estrema conseguenza con Ballando: è stata una bella esperienza e mi sono divertito, oggi farei fatica a rifarla.
Perché accettò?
Avevo appiccicato addosso il marchio di Quarto Grado e mi portavo dietro un’immagine seriosa, cupa, e pensavo di scrollarmela di dosso.
Pensa di esserci riuscito?
Non lo so se mi abbia aiutato, perché Rai 1 è una rete difficile. Però mi sono tolto le mie soddisfazioni. Così come accadde durante l’estate a Vita in diretta: con Eleonora Daniele facevamo ascolti incredibili.
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Aveva 19 anni quando Enrico Mentana la assunse al Tg5. Se si guarda indietro cosa vede?
Un ragazzino che attraversava la Sicilia in lungo e in largo, pronto a tutto per raccontare una stagione che sarebbe entrata nei libri di scuola. Parlo del ’91-’92, delle stragi di mafia: ogni giorno succedeva un fatto clamoroso. Ma è cambiato tutto, all’epoca non c’erano nemmeno i cellulari. Io mi sento fortunato, ho pedalato tanto e sono arrivato al traguardo. Ho potuto mordere questo mestiere.
Che idea si è fatto di Open, il giornale on line aperto da Mentana, che non ha fatto il botto immaginato da molti addetti ai lavori?
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Enrico è un pioniere, fissato con l’idea di lanciare i giovani: già dare un’occasione a qualcuno è lodevole di per sé e come tutti i prodotti editoriali ha bisogno di rodarsi. Ho notato critiche frettolose ma lui intanto ha fatto ciò che tanti editori non fanno più.
«Il giornalismo non è un mestiere per fighetti. Bisogna lavorare duro», ha detto di recente sua moglie, Sarah Varetto, editorialista di Sky Tg24. Se i vostri figli volessero fare i giornalisti, cosa gli direste?
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La risposta di Sarah è precisa. La visione romantica, senza sforzo e fatica, è un film che non esiste: se lo fai sulla strada, ti devi mettere alla prova tutti i giorni. Uno dei limiti più grandi per le nuove generazioni è la mancanza di maestri: Mentana mi ha punito e cazziato mille volte, ma è stato formativo. Oggi manca questo aspetto.
Ultima domanda: il venerdì sera lo guarda Quarto grado?
No. Giro Prima dell’alba il giovedì, venerdì e sabato notte per cui non sono a casa. Ma so che è totalmente cambiato da quando lo conducevo io: se lo guardassi, proverei un po’ di malinconia.
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